Ormai qualunque fiera è prettamente multimediale, in cui ovviamente non troviamo solamente temi inerenti ad anime e manga o fumetto in genere ma soprattutto videogiochi.
 
Davide Mancini, Marco Ponte, Dario Massa, Giuseppe Mancini e Massimiliano Calamai

Si tratta di un media fondamentale non solo perché parliamo del mercato di intrattenimento principale, in cui si fattura più di cinema, libri e serie TV messe assieme ma perché finalmente sembra aver raggiunto una maturità tale in grado di rappresentare qualunque cosa. Inoltre, sembra finalmente muoversi qualcosa anche nel nostro paese, con team di sviluppo che nonostante le classiche difficoltà che lo stivale presenta, riesce anche ad accaparrarsi licenze importanti.

Questo è uno dei tanti temi toccati durante l'evento dedicato al mondo indie e al doppia AA italiano, in cui Davide Mancini di IIDEA, Marco Ponte di Nacon Studio Milano e i game designer Dario Massa e Giuseppe Mancini hanno discusso sullo stato dell'arte nel nostro paese senza dimenticare alcuni aneddoti e informazioni sui loro giochi in sviluppo.

Si è partiti dal trailer di Terminator Survivors, un titolo ricco di potenziale e che narra i primi momenti successivi al cosiddetto Giorno del Giudizio. Si tratta di un open world con caratteristiche survival come da titolo e che trae aperta ispirazione da State of Decay 2, Stalker e stranamente anche da Alien Isolation dove il Teminator prenderà le veci dello Xenomorfo del titolo Creative assembly. In questo insieme di base management, sopravvivenza e un T-800 praticamente indistruttibile ci si metterà nei panni di gente comune che vedrà da un momento all'altro la propria vita cambiata per sempre grazie a Skynet.
In questo evento sono stati raccontati diversi aneddoti su Terminator Survivor, soprattutto per quanto riguarda il suo percorso creativo. Nato infatti come Mad Max, anche per via dell'utilizzo dei veicoli su cui il team di sviluppo ha una grande esperienza, il progetto ha dovuto improvvisamente virare su altro visto che la licenza appartiene ancora ad Avalanche (probabilmente al lavoro sul secondo capitolo n.d.r). È così che con l'intercessione di Nacon, si è deciso di contattare Canal +, casa di produzione francese che detiene i diritti dei primi due capitoli della saga e mostrare loro il progetto. Fortunatamente è andato tutto per il meglio, anche se vige un costante controllo soprattutto per quanto riguarda la narrativa, che non deve andare in contrasto con quanto raccontato finora. Niente Arnold Schwarzenegger però: servirebbe acquisire una licenza a parte e sarebbe stato davvero troppo complicato e troppo esoso.
 
Il Racing Game più lento del mondo

Altro titolo interessante è stato In Your Tail, in uscita su Nintendo Switch e PC quest'anno e sviluppato dalla software house italiana Memorable Games. In un contesto che vede unite caratteristiche da life sim, puzzle game ed elementi investigativi, il titolo concede grande libertà d'approccio al giocatore, in quel di Borgo Marina, che fa un grande occhiolino ai bellissimi borghi costieri nostrani.
Qui è fuoriuscita la grande esperienza nei Board Game di Dario Massa, coinvolto direttamente nel processo creativo del gioco: come avviene in diversi ambiti, ma soprattutto nei videogiochi, si cerca sempre di capire quale siano le componenti base in grado di provocare nel giocatore divertimento, cercando di potenziarli al massimo. Tuttavia, in un'opera complessa come il videogioco e soprattutto ne In Your Tail in cui diverse “voci” devono coordinarsi, è importante che le diverse componenti di gameplay parlino bene tra loro. Effettivamente è stato un imprevisto accaduto ad esempio durante lo sviluppo di Fallout 2, in cui diversi team si occupavano di aspetti specifici del gioco per accelerare il processo di sviluppo ma una volta rimesso tutto assieme, fu un disastro.

Spazio anche per “il gioco di corse più lento del mondo” Caracoles di Yonder Entertainment, con sede a Roma. Già disponibile su App Store e Play Store, si tratta di un progetto interessante anche per quanto riguarda i processi creativi di un team molto piccolo. Nato infatti come lavoro secondario in cui trovare un po' di “relax”, Caracoles ci metterà nei panni di lumache in un contesto da multiplayer. La particolarità, oltre l'estrema lentezza del tutto, è quella di essere una delle esperienze più psichedeliche che potreste immaginare, coloratissimo e completamente folle. Qui Giuseppe Mancini ha avuto modo anche di parlare dei rischi corsi dai piccoli studi come Yonder (solamente sei persone dedite alla sviluppo di Caracoles), in cui bisogna scegliere attentamente su cosa puntare viste le poche risorse a disposizione. Tuttavia, uno dei vantaggi di lavorare in questo modo, è quello di aver la possibilità di lavorare direttamente e quasi fino alla fine sul core dell'esperienza, interagendo direttamente sui concept.
 
Finalmente si discute seriamente di videogiochi in Italia


Ultimo ma non ultimo, abbiamo potuto sapere qualcosa in più di Simon the Sorcered Origin, il grande ritorno di un titolo secondo solo a Monkey Island. Si tratta infatti del prequel dell'avventura grafica sviluppata da Adventure Soft nel 1993, con lo studio italiano Smallthing in prima linea e presente all'evento con il fondatore Massimiliano Calamai. Lanciarsi in questa impresa non è stato per nulla facile, un po' per la difficile trattativa per acquisire i diritti, un po' per la difficile scelta del target, visto che sono passati ben trent'anni dal primo capitolo. Simon the Sorcered Origin vanta una grafica realizzata a mano, con più di 15000 fotogrammi che cercheranno di restituire al meglio la magia dell'opera originale.

Infine, era doveroso fare anche un piccolo resoconto della nostra realtà videoludica, in un contesto in cui il mercato globale presenta grosse difficoltà. Stranamente però, in Italia, le cose sembrano andare per il meglio, nonostante le classiche difficoltà che siamo abituati ad affrontare. Si è discusso molto del nostro mercato ma soprattutto della condizione degli sviluppatori, che hanno sicuramente avuto una boccata d'aria fresca grazie al Tax Credit ma che vanno incontro a difficoltà intrinseche di un paese che vede ancora i videogiochi come qualcosa di anomalo e su cui non vale la pena investire.

Manca infatti un management preparato in grado di fare analisi di mercato accurate. Questo è un grosso problema considerando che non esiste una tradizione videoludica nostrana e non si è dato modo di svilupparla adeguatamente, a partire già dalle scuole. Mancano soprattutto investimenti, non solo governativi ma di privati che come detto precedentemente, non riescono a vedere il “videogioco” come asset vincente.
Siamo in un contesto in cui tutti vorrebbero fare ma nessuno investe ma questo sembra essere paradossalmente un piccolo vantaggio. Rispetto gli altri paesi, noi siamo abituati a rimboccarci le maniche e fare il massimo con le poche risorse a disposzione, cosa che all'estero apprezzano particolarmente. Inoltre, il gusto estetico italiano è ancora una forte componente d'attrazione senza dimenticare un aspetto importante e al contempo sottovalutato: esiste infatti un forte interscambio di idee tra i vari sviluppatori, un movimento di personale che all'estero difficilmente accade. Facendo un esempio sui nostri vicini francesi infatti, i piccoli team vengono disassemblati dai colossi come Ubisoft o Don't Nod, standardizzando un po' i processi produttivi.

C'è ancora molto da fare per il nostro paese ma siamo nella direzione giusta: tutti i progetti, basati anche su licenze importanti, dimostrano come ci sia grande voglia di mettersi in gioco in campo internazionale, dove ottimi esempi come Soulstice o Mario+Rabbit possono far ben sperare per un futuro radioso. Sembra strano dirlo in Italia eppur, qualcosa si muove.