Ogni volta che un devoto lascia il corpo, ascoltiamo tanti apprezzamenti nei suoi confronti. Tutti sono felici di assorbirsi nel glorificare il devoto o la devota dipartita e nell’elencare tutte le sue buone qualità. Ma non sembra che facciamo abbastanza per lodare i devoti presenti. Naturalmente un devoto non dovrebbe desiderare di essere lodato. Sentendo chi lo lodava San Francesco d’Assisi diceva: “Aspetta che io sia morto, potrei cadere in qualsiasi momento.” Ovviamente questo lo rendeva ancora più degno di lode.

I devoti dovrebbero essere “…Sempre pronti ad offrire ogni rispetto agli altri, ma non aspettarsi nulla in cambio” (Siksastakam 3)

Sri Caitanya Mahaprabhu provava grande piacere nel lodare i devoti e ci ha fornito sia un esempio personale che delle linee guida da seguire.

Un verso dello Srimad-Bhagavatam ci fornisce due ingiunzioni. La prima si chiama purva-vidhi, ovvero che non si dovrebbe lodare, e la seconda, para-vidhi, che non si dovrebbe criticare; ma l’ingiunzione contraria alla lode è meno importante dell’ingiunzione contro la blasfemia. Si dovrebbe osservare attentamente il para-vidhi, sebbene si possa trascurare il purva-vidhi. Quindi la vera ingiunzione è che si può lodare ma non criticare. Come dice la Caitanya Caritamrita (Antya 8.7): “Tra la prima regola e la seconda regola, la seconda è più importante.” Anche dove ci sono centinaia di buone qualità, una persona critica non le considera. Tenta invece in tutti i modi di evidenziare un difetto tra tutte quelle qualità.

A volte potremo addirittura esitare a fare degli apprezzamenti nei confronti di un devoto per paura che gli altri non siano d’accordo. Nel Kali Yuga, essere esperto nel trovare dei difetti è considerato un segno di grande intelligenza. Tra i sintomi dell’influenza dell’ignoranza, Sri Krishna cita anche: “L’essere esperti nell’insultare gli altri” (Bg 18.20)

Naturalmente abbiamo l’esempio di Srila Prabhupada, che era molto orgoglioso di lodare i suoi devoti. Ricordiamo che la prima offesa al santo nome è insultare i devoti. La miglior protezione invece è quella di essere assorti nell’apprezzare i devoti.

La conversazione che segue tra Haridasa Thakura e Sanatana Goswami è molto importante a questo riguardo.

“Mio caro Sanatana,” disse Haridasa Thakura, abbracciandolo, “non ci sono limiti alla tua buona fortuna.” (Antya lila  4.92)

Sanatana, negando il proprio valore, rispose: “O Haridasa Thakura, chi è uguale a te? Sei uno degli compagni di Sri Caitanya Mahaprabhu. Quindi sei il più fortunato. La missione di Sri Caitanya Mahaprabhu, per la quale Egli è disceso, è quella di diffondere l’importanza del canto del santo nome del Signore e invece di farlo personalmente, lo sta diffondendo grazie a te. Mio caro signore, stai cantando il santo nome 300.000 volte al giorno e stai informando tutti dell’importanza di tale canto.

“Alcuni si comportano molto bene ma non predicano la coscienza di Krishna, mentre altri predicano bene ma non si comportano correttamente. Tu svolgi contemporaneamente entrambi i doveri in relazione al santo nome con il tuo comportamento personale e con la tua predica. Perciò tu sei il maestro spirituale del mondo intero, perché tu sei il devoto più elevato in questo mondo.”

Spiegazione di Srila Prabhupada:

“Qui, Sanatana Gosvami definisce chiaramente il maestro spirituale. Egli deve comportarsi secondo gli insegnamenti delle scritture e parlare agli altri della coscienza di Krishna. Chi fa così è un vero maestro spirituale. Haridasa Thakura era il maestro spirituale ideale perché recitava regolarmente un numero prescritto di giri di japa mala, recitava il santo nome del Signore 300.000 volte al giorno. Allo stesso modo, i membri del Movimento per la Coscienza di Krihsna recitano almeno sedici giri di japa mala al giorno, cosa che può essere fatta senza difficoltà, e allo stesso tempo devono predicare il culto di Caitanya Mahaprabhu secondo gli insegnamenti della Bhagavad-gita. Chi fa così è perfettamente qualificato a diventare un maestro spirituale per il mondo intero. Nessuno dei due era ansioso di ricevere delle lodi, ma sentirsi lodati li ispirava a lodare gli altri.”

Io credo profondamente che se potessimo lavorare sullo sviluppo di una cultura di apprezzamento e di lode per il servizio devozionale degli altri, potremo evitare molti dei cosiddetti problemi che incontriamo.

(tratto da una lezione di Kavichandra Swami, riportata in inglese sul sito Dandavats)