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Hotel, per i 350mila dipendenti slitta il rinnovo del contratto

Le parti sociali si erano incontrate il 27 febbraio, poi il tavolo è saltato a causa del covid. Ora i sindacati tornano a chiedere il rinnovo del contratto scaduto a dicembre, ma le imprese sono in difficoltà. Per il direttore generale di Federalberghi Alessandro Nucara, la priorità è ora quella di gestire l'emergenza.

di Sergio Cotti
16 settembre 2020 | 08:30
Hotel, per i 350mila dipendenti 
slitta il rinnovo del contratto
Hotel, per i 350mila dipendenti 
slitta il rinnovo del contratto

Hotel, per i 350mila dipendenti slitta il rinnovo del contratto

Le parti sociali si erano incontrate il 27 febbraio, poi il tavolo è saltato a causa del covid. Ora i sindacati tornano a chiedere il rinnovo del contratto scaduto a dicembre, ma le imprese sono in difficoltà. Per il direttore generale di Federalberghi Alessandro Nucara, la priorità è ora quella di gestire l'emergenza.

di Sergio Cotti
16 settembre 2020 | 08:30
 

Dal turismo al tessile, dalla sanità alla grande distribuzione, fino agli studi professionali: quattordici milioni di lavoratori dipendenti, vale a dire quasi un italiano su 4, stanno aspettando da mesi il rinnovo del contratto nazionale collettivo di lavoro. Di questi, un milione opera nel turismo e 350mila solo nel comparto dell’accoglienza. Un altro pensiero per Governo e aziende, alle prese con l’emergenza sanitaria ed economica più imponente degli ultimi decenni e a causa della quale sono già stati polverizzate decine di miliardi di euro.

Trattative ferme per il rinnovo del contratto nazionale - Alberghi, il Covid congela i contratti Trattativa al palo per 350mila

Trattative ferme per il rinnovo del contratto nazionale

Per i 350mila del comparto alberghiero, le trattative per il rinnovo del contratto si sono aperte, e subito richiuse, a fine febbraio, giusto il tempo per le parti sociali di incontrarsi una sola volta prima del lockdown. La questione, nelle settimane e nei mesi successivi, non è più stata affrontata: il precipitare della situazione economica ha fatto passare il nodo dei contratti in secondo piano e ad oggi le trattative non sono ancora ripartite.



Chiusa la parentesi estiva e “digeriti” i provvedimenti del decreto Agosto, le rappresentanze sindacali di tutte le categorie interessate stanno ora cominciando di nuovo a sollevare il problema. E mentre oggi scioperano gli addetti della sanità privata,  l’impressione è che, tra aiuti straordinari e fatturati delle imprese ancora lontani anni luce dalla normalità, i lavoratori dell'accoglienza dovranno fare a meno del rinnovo contrattuale ancora per parecchio tempo.

Sul calendario, finora, c'è una sola data, quella del 27 febbraio scorso, giorno in cui le parti sociali hanno iniziato a parlare del rinnovo del contratto, prima di occuparsi degli scenari purtroppo sempre più catastrofici che l’emergenza Covid stava cominciando a delineare. «In pochi giorni è cambiato il mondo - spiega Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi - anche se le avvisaglie già c’erano: quella stessa giornata, infatti, al termine dell’incontro sul rinnovo del contratto, ci fu un secondo incontro per individuare eventuali soluzioni da adottare per dare una mano alle imprese a fronte di un’emergenza Covid, della quale in quel momento s’intuiva soltanto la gravità».

Alessandro Nucara - Alberghi, il Covid congela i contratti Trattativa al palo per 350mila
Alessandro Nucara

Erano, per intenderci, i giorni delle prime zone rosse e la preoccupazione era più concentrata sul mancato arrivo di qualche decina di migliaia di turisti cinesi. «Da allora le parti sociali hanno continuato ad incontrarsi occupandosi soprattutto di tutela dei lavoratori delle imprese interessate dalla crisi - spiega Nucara - Lo hanno fatto a livello nazionale, assumendo alcuni indirizzi comuni nei confronti del Governo, e a livello territoriale mobilitando in proprio delle risorse attraverso il nostro ente bilaterale nazionale». Iniziative che sono proseguite per mesi e che per il direttore di Federalberghi, non si fermeranno neppure in autunno: «Purtroppo siamo ben lontani dall’uscita dalla pandemia - dice ancora Nucara - Tradizionalmente i contratti rappresentano un costo per le imprese e in questo momento le imprese non sono in condizioni di sopportare altri costi, dunque non ci sono proprio le condizioni per affrontare questo discorso».

Come dire, le trattative non ripartiranno, né in autunno, né probabilmente nel primo semestre del 2021. Alcune stime parlano addirittura di una riapertura del tavolo solo tra un paio d’anni (il contratto per il settore alberghiero è scaduto il 31 dicembre 2019), anche se si tratta di previsioni che al momento non possono essere supportate da indicazioni certe. Nel breve periodo, però, ogni possibilità di ripresa del dialogo su questo fronte è accantonata: «Se, come credo, continueremo a vederci - ha detto ancora Nucara - lo faremo per continuare ad accompagnare i processi di integrazione salariale in aiuto alle imprese e ai loro lavoratori. D’altronde oggi dobbiamo occuparci di ridurre i costi, più che di aumentarli».

La trattativa è così in alto mare, che i sindacati non hanno neppure ancora formulato una richiesta economica, che pure dovrà essere prevista, come in ogni rinnovo del contratto. Intanto la categoria sta facendo i conti con i provvedimenti inseriti dal Governo nel decreto Agosto: «Sono provvedimenti giusti, ma insufficienti - conclude Nucara - La cassa integrazione servirà ancora; a luglio avevamo chiesto insieme al sindacato che ci fosse un percorso di aiuto che favorisse il rientro della cassa; il decreto Agosto ha previsto questa norma, ma in maniera anomala e per il nostro settore assolutamente inadeguata, stabilendo cioè un incentivo per le imprese che fanno rientrare tutto il personale. Per gli alberghi questo non ha senso: chi ha riaperto, lo ha fatto parzialmente, rinunciando a un determinato numero di stanze, oppure al ristorante o al centro congressi. Servirebbero piuttosto incentivi per far sì che le persone rientrino al lavoro in maniera graduale».

Sulla situazione attuale delle imprese alberghiere è intervenuta anche Confindustria Alberghi: «La crisi dovuta al covid ha colpito duramente le imprese e i lavoratori del settore turistico alberghiero - fa sapere l'associazione - Dopo un lungo periodo di chiusura che per alcuni continua ancora, le aziende viaggiano con tassi di occupazione che in molti casi non arrivano neanche al 10%. Si lavora a ritmi ridotti, con il motore al minimo e con l’oggettiva impossibilità di far rientrare tutto il personale in servizio».

In questo quadro è importante, secondo Confindustria Alberghi, la misura introdotta con il Decreto di Agosto che prevede la riduzione temporanea del costo del lavoro per quanti rientrano in servizio dalla cassa integrazione. «Il provvedimento è di grande importanza perché in una situazione di mercato così debole favorisce il ritorno al lavoro e alla retribuzione piena di un maggior numero di lavoratori - dice ancora l'associazione - Uno strumento utile al quale è però possibile ricorrere purché le stesse aziende non richiedano anche le 18 settimane di Cig. Una condizione questa che limita lo spazio di azione delle imprese e che potrebbe invece essere ottimale qualora fosse possibile prevedere la convivenza di entrambe le soluzioni. Ogni misura volta ad aiutare i lavoratori è funzionale alla vita stessa delle aziende che altrimenti oggi si vedrebbero costrette a chiudere definitivamente i battenti poiché gravate da costi del personale sproporzionati rispetto al ridotto volume delle attività».  

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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