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Perché un libro di domande? - Estratto da "Il Potere delle Domande" libro di Lucia Giovannini

Perché un libro di domande? - Estratto da "Il Potere delle Domande" libro di Lucia Giovannini
Lucia Giovannini

Pubblicato 9 anni fa
Lucia Giovannini

Leggi in anteprima le pagine iniziali del libro "Il Potere delle Domande" scritto da Lucia Giovannini

Il potere delle domande è la base per tutto il progresso umano.
Indira Gandhi

Fin dai primi anni di vita gli esseri umani raccolgono informazioni e scoprono il mondo facendo domande.

Come osserva Warren Berger nel suo libro A More Beautiful Question, un bambino prende in mano un kiwi e, anche solo attraverso un gesto o uno sguardo, indica a un adulto il desiderio di saperne di più, mentre le domande che per esempio pongono con gesti e sguardi gli scimpanzé si possono considerare semplici richieste di cibo: quella del piccolo umano invece è una richiesta di conoscenza.

Con questo non voglio certo dire che noi esseri umani siamo superiori agli scimpanzé (anzi, penso che abbiamo tanto da imparare dagli animali!), ma una cosa è chiara: fare domande per conoscere e acquisire consapevolezza è uno degli istinti che ci caratterizzano.

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Se osserviamo i più grandi leader, innovatori e creativi, persone che in qualche modo hanno cambiato la storia, possiamo notare che, al di là delle differenze caratteriali, sociali e culturali, possiedono un tratto in comune: la capacità eccezionale di porre domande. I cambiamenti nella società e le innovazioni tecnologiche che questi uomini e donne hanno prodotto sono stati generati dalle loro domande. Le invenzioni più importanti, e persino le grandi industrie, sono nate da una o più domande (Google stessa si autodefinisce un’azienda gestita dalle domande).

E, vista la crescente complessità del mondo in cui viviamo e la velocità del cambiamento, se questo è vero per il presente, lo sarà sempre di più per il futuro.

Il tempo è maturo perché ognuno di noi inizi a fare e a farsi domande.

Tuttavia la maggior parte delle scuole non insegna l’arte di porre domande, così come anche nel campo lavorativo difficilmente il fare domande viene premiato.

La conseguenza è che la nostra naturale capacità di fare domande (una recente ricerca inglese ha dimostrato che una bimba di 4 anni pone in media 390 domande al giorno!) viene inibita.

Di conseguenza, tutto ciò che è abituale, le nostre relazioni interpersonali e il nostro vissuto raramente diventano oggetto di domande. Questo ci porta spesso a dare tutto per scontato, come se non avessimo bisogno di focalizzare la nostra attenzione su aspetti della vita che invece avrebbero bisogno di una buona e costante manutenzione.

Se non ci prendiamo qualche istante per farci domande, come possiamo trovare nuovi modi per vivere meglio, per migliorare la nostra vita e le nostre relazioni?

Spesso siamo così impegnati a fare qualcosa che non ci chiediamo perché lo stiamo facendo, e come potremmo farlo meglio; come potremmo essere più felici o quali sono le implicazioni per il nostro benessere, per la nostra vita, per gli altri, per il pianeta. È esattamente ciò che è successo a me.

Smetti di fare domande, è maleducato!

Si dice che ognuno insegni ciò che ha bisogno di imparare.
In questo caso niente può essere più vero per me.

Da piccola tempestavo tutti di domande. Normale per una bambina, dirai. Non tanto. Le mie domande non avevano a che fare con la classica fase dei «perché» che tutti i cuccioli di umano attraversano. Perché le orecchie hanno il buco? Perché la nonna ha il naso storto? E via di seguito. Ma le mie domande andavano oltre.

Perché veniamo al mondo?
Che cosa ci rende davvero felici?
Che cosa succede dopo la morte?
Qual è il senso di una vita ben vissuta?
Come facciamo a scoprire i nostri talenti?

Questo era il genere di quesiti con cui affliggevo i malcapitati che si avvicinavano con un semplice «che bella bimba, come ti chiami?»

Puoi immaginare l’imbarazzo dei miei genitori. Dopo aver farfugliato qualche scusa (e avere messo in dubbio la mia «normalità ») mi hanno intimato: «Smetti di fare domande, è maleducato! »

Ed è stato un insegnamento che ho seguito rigorosamente. Per anni non ho fatto domande agli altri e ho cercato di limitare anche quelle che facevo a me stessa. Ero così impegnata a vivere che dedicavo ben poco tempo alla riflessione.

Come se il fare fosse più importante dell’essere e del riflettere.

Fino a quando mi sono ritrovata non ancora trentenne completamente estranea a me stessa.

In apparenza avevo tutto: un buon lavoro come modella e anche come imprenditrice, poiché avevo fondato due società nel settore, un matrimonio con un collega, un buon conto in banca e tanti amici sparsi per il mondo. Eppure non ero felice.

Anzi, ero frustrata, tesa, stressata, insoddisfatta.

È stato in quel periodo che ho iniziato a guardarmi dentro, e ho scoperto il potere delle domande.

Ma come fa una domanda a cambiare la vita?

La frase precedente termina con una domanda (te ne sei accorto?). Hai notato anche cosa è successo nella tua mente? Non eri forse curioso di avere una risposta alla domanda?

Il cervello umano funziona proprio così: ogni domanda chiama una risposta.
Quando ci facciamo una domanda, infatti, la nostra mente attiva una ricerca inconscia.

E tutto ciò non ha niente a che fare con la nostra volontà o capacità di trovare la risposta. Avviene in automatico. Cercare risposte è una delle funzioni fondamentali della mente umana.

Artisti come Picasso hanno più volte elogiato il potere creativo delle domande.

Einstein era solito dire che, se avesse avuto a disposizione un’ora per risolvere un problema di vita o di morte, avrebbe usato 55 minuti per cercare la domanda giusta e solo 5 minuti per la risposta.

Quando formuliamo le domande corrette è l’inconscio a lavorare per noi.

PS: Durante i corsi che tengo nelle aziende mi è capitato spesso di sentire pronunciare dai leader bellissimi discorsi motivazionali ma tutti declinati al maschile (tipo «sono orgoglioso degli uomini di questa azienza» ecc.).
E io che ero lì sul palco attendendo il mio turno per parlare mi sono chiesta cosa stessero provando le donne tra il pubblico.

Per questo nella prima stesura del libro ho elaborato tutte le domande in doppia modalità, sia al maschile che al femminile.

Ma a un attento controllo il risultato diventava pesante e di faticosa lettura.

Quindi, anche se la domanda è formulata al maschile per facilità, vuole parlare a tutti, uomini e donne, e rispettare ogni differenza.

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