Azzurro. Miseria. Sacchetti di plastica impigliati sui campi arsi dall’autostrada al mare. Ancora qui, allora. Come vent’anni fa. Fra Sfax e Zarzis, nel golfo di Gabes, a 120 chilometri da Lampedusa. Le barche dei pescatori tunisini hanno ricominciato a caricare migranti su queste spiagge. Gli ultimi 136 sono stati intercettati mercoledì sera dalla Guardia costiera italiana mentre aspettavano, a motori spenti, davanti alle coste siciliane.

Erano già in vista di Porto Empedocle, ma attendevano il buio per poter sbarcare e provare a dileguarsi. Quando sono stati portati nell’hotspot di Pozzallo per l’identificazione, si è capito il motivo: erano tutti tunisini residenti nella zona di Sfax, partiti dall’isola di Karkennah. Erano tutti consapevoli, anche, dell’accordo fra il governo italiano e quello tunisino, che prevede il rimpatrio immediato. Ma non sempre, poi, viene materialmente eseguito. E infatti, trenta di loro sono già altrove con in tasca un decreto di espulsione e l’ordine di lasciare il territorio nazionale entro sei giorni. Chi gli ha parlato a lungo, ha però qualche dubbio al riguardo: «Cercheranno in ogni modo di andare a Nord, proseguire il viaggio verso la Francia. Non hanno alcuna intenzione di tornare indietro».

Dall’altra parte del mare, adesso, sul continente africano, i traghetti della compagnia marittima Sonotrak aspettano pigramente con i portelloni abbassati a raschiare il molo del porto di Sfax. Fanno la spola avanti e indietro con Kerkennah, forse l’unica isola del Mediterraneo mai toccata dal turismo di massa. È l’isola che ha dato i natali a Farhat Hached, il fondatore dell’Ugtt, il più importate sindacato tunisino. Negli ultimi anni ci sono state proteste molto accese contro la disoccupazione. Anche i pescatori che usano l’antica tecnica della Charfia, una rete costruita con foglie di palma da dattero intrecciate, non riescono più a sbarcare il lunario. Dalle spiagge di Kerkennah l’Italia è così vicina che ti sembra di poterla toccare. Ma bisogna arrivarci. Bisogna avere il contatto giusto e sapere come fare.

La fuga via mare

Ogni tanto vedi gruppi di ragazzini con piccoli zaini in attesa davanti al ristorante Tropez. Qualcuno cammina nervosamente lungo la ferrovia che trasporta i fosfati della compagnia Sncft. Arriverà un uomo a prenderli. «Tu ci staresti qui senza niente da fare dal mattino alla sera?» dice Neji, 23 anni, guardandosi continuamente le spalle. «Il dinaro ormai è carta straccia. Non vale più niente. La Tunisia è senza futuro. Per questo ce ne vogliamo andare».

Da Sfax a Kerkennah in traghetto, poi da Kerkennah all’Italia su piccole imbarcazioni invisibili ai radar, pagando il viaggio ai trafficanti. Numeri ancora contenuti: sono 1500 i tunisini intercettati nel 2017 dalle forze di sicurezza italiane. Ma il tentativo è proprio quello di non farsi intercettare, per questo è difficile conoscere con esattezza l’entità del fenomeno. «Stiamo registrando un lieve aumento delle partenze rispetto all’anno scorso», conferma l’ambasciatore italiano a Tunisi Raimondo De Cardona. Un aumento continuo e molto preoccupante secondo Mounib Baccari, attivista tunisino dell’associazione Watch the Med: «Ogni giorno sentiamo notizie di piccole barche bloccate dalla Guardia costiera. Stanno partendo ragazzi molto giovani. Poveri, se non disperati. Molti di loro riprovano l’attraversata in continuazione mettendo a rischio la vita, convinti che sia l’unica possibilità per avere un futuro».

Povertà e disperazione

Sfax con 300 mila abitanti è considerata la capitale del sud della Tunisia. Lungo l’autostrada incontri cinque posti di blocco e colonne di camion carichi di cibo diretti verso il confine libico. In questo zona costiera, il 20 settembre sono stati arrestati sette terroristi dell’Isis. Ed è sempre qui che, ormai da giorni, tiene banco la storia della professoressa Faiza Souissi, insegnante di arabo nel quartiere Cité Bahri 3. È stata aggredita da alcuni genitori perché ritenuta miscredente. La sua colpa sarebbe stata quella di aver chiuso le finestre della classe durante la preghiera delle 12,30. Per farla tornare fra i banchi è dovuta intervenire la polizia. Adesso la professoressa Souissi vive sotto scorta, mentre l’associazione «Donne per la democrazia» manifesta in suo sostegno.

L’unica altra notizia di rilievo internazionale dice testualmente così: «Le unità di sicurezza di Sfax hanno fermato ventisei ragazzi all’imbarco per Kerkennah, dieci erano minorenni. Tutti sono stati arrestati per il reato di immigrazione clandestina». È questo il contesto. Da qui sono tornati a partire. «La Primavera Araba non ha cambiato la mia vita», dice un ragazzo in attesa. «Faccio il meccanico, quando riesco. Il mese che ho guadagnato di più ho preso 100 euro».

Ci sarebbe poi da verificare anche la notizia che gira da giorni su Facebook, quella di un indulto che avrebbe liberato 1500 carcerati tunisini. L’ambasciata italiana a Tunisi conferma, ma in questi termini: «Ogni anno, per la festa della fine del Ramadan, il 25 di luglio, il governo libera i detenuti per i reati minori. Stiamo parlando perlopiù di piccoli consumatori di droga. Ed è sempre successo. Quindi non può essere ritenuto un elemento significativo per spiegare l’aumento delle partenze del 2017».

Il dolore dei familiari

Le madri dei migranti dispersi nel Mediterraneo manifestano per le strade. Souad Rawahi ha raccontato la sua storia al giornalista Medhi Arem dell’Associeted Press: «Non voglio più cucinare il piatto che amava mio figlio, non posso più sopportare questa assenza. I funzionari del governo devono darci una risposta, vogliamo almeno indietro i corpi. Quando io e altre madri abbiamo protestato, gli agenti ci hanno aggrediti. Porto ancora i segni addosso. Ero a terra e continuavano a prendermi a calci. È umano?».

Non sono bastate le lacrime della signora Rawahi. Da questo crocevia ancora provano a imbarcarsi i ragazzi che sognano l’Europa. Molti di loro conoscono già l’italiano. Non è il primo tentativo. Il poliziotto che controlla l’ingresso del porto di Sfax ha un sorriso indecifrabile: «Sono pochi rispetto a tutti quelli che stanno cercando di partire dalla Libia per venire in Italia». Non ci sono segnali che uniscano queste due rotte, per il momento.

Il ristorante La Sirène offre spigole e sogliole freschissime a prezzi stracciati. Il proprietario Saddoud Sleheddine una volta serviva alcolici, ma da qualche mese ha deciso di non farlo più. Il futuro e il passato della Tunisia sono qui. Tutto si incrocia davanti a questo mare turchese, dove è ricominciato a fiorire il contrabbando di sigarette e il traffico di migranti ragazzini.

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