Milano, 11 settembre 2017 - 07:20

Maltempo, centomila romani sono in zone a rischio per le esondazioni

Roma manca di un piano per governare gli effetti delle piogge come quelle di domenica. Il documento preliminare, già elaborato, è rimasto nel cassetto

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In Italia la pioggia allaga e fa politica, d’altronde si sa, «piove governo ladro». A Roma pure, Marino nel gennaio 2014 diventò «SottoMarino». Speculare sulla pioggia era sbagliato allora e lo sarebbe anche oggi. La pioggia e la città sono sistemi diversi, la città in natura non c’è, è una invenzione dell’uomo che però pianificando fa in modo che si realizzi il giusto equilibrio.

Roma ieri è arrivato, di nuovo, un’alluvione lampo (bomba d’acqua) e ha allagato tutto perché il deflusso non è efficiente. Che fare? Intanto pulire (per tempo) le caditoie, predisporre gli interventi per aumentare l’efficienza del reticolo di raccolta e di convogliamento delle acque piovane, predisporre i dispositivi per rallentare il tempo di deflusso dell’acqua. Ma anche modificare i regolamenti edilizi per obbligare la raccolta delle acque lì dove cade e per limitare lo scorrimento superficiale diretto su strada. Aumentare l’assorbimento dell’acqua nel sottosuolo riducendo le superfici impermeabili, verde al posto del cemento, sostituire l’asfalto con quello drenante. Se le stazioni della metropolitana si allagano è anche perché non ci sono presidi di prevenzione e controllo oltre che di manutenzione. C’è molto da fare e non ci si può affidare al caso.

Bisogna conoscere i fossi, le marrane come le chiamiamo a Roma. E qui molto si è peccato. Basta leggere i toponimi delle zone urbanizzate (abusivamente) e allagate (Stagni di Ostia, Pantano, …). Ma il rischio è anche al Flaminio, se non si alza l’argine a ponte Milvio. Sono circa 100 mila i romani a rischio esondazione. A Roma oltre il Tevere e l’Aniene di fossi che diventano fiumi ce ne sono altri (il Galeria, il Vallerano, Prima Porta-Monte Oliviero, Caffarella-Tor Sapienza, …). Eppure il piano di bacino esteso anche a loro è del 2015. Prima si è pianificato ignorando e si è ignorato per costruire, ora c’è la conoscenza per intervenire con consapevolezza.

Roma si doti di un Piano per governare la pioggia (i suoi effetti). La resilienza è la capacità che un sistema (urbano) ha di tornare a fornire le stesse prestazioni dopo aver subito uno shock (un alluvione lampo) o uno stress (la siccità). Non è un piano urbanistico è di più, mette insieme soggetti, azioni e strumenti. Fa in modo che le risorse siano spese dando priorità a interventi utili e non a caso. Un Piano per Roma Resiliente era stato avviato nel 2014, dall’Assessorato all’urbanistica e da quello all’ambiente, finanziato per intero dalla Rockfeller foundation nell’ambito del programma internazionale «100 resilient cities». Il documento preliminare (con dati, e indicazioni) è stato consegnato nel 2015 (http://www.urbanistica.comune.roma.it/roma-resiliente/1243-valutazione-preliminare-resilienza.html).

Bisognava completarlo invece lo si è messo in un cassetto. Mentre si spala il fango, si tappano le falle nella metro e si ringrazia (mai abbastanza) la Protezione civile si potrebbe riprendere quel Piano che metterebbe Roma al pari di altre Capitali. Non si aspetti la prossima pioggia, si governi per il bene di Roma.

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