Contrordine, italiani: Macron è il Male

Nella consueta omelia domenicale, oggi Eugenio Scalfari decide di scagliare i fulmini dal suo personalissimo Olimpo contro il presidente francese, Emmanuel Macron, reo di “autoritarismo”. Che altro non è, in realtà, se non riaffermazione dell’interesse nazionale. Perché gli italiani sono fatti così, anche i loro cosiddetti “intellettuali”: il mondo deve fare quello che è meglio per la penisola che va alla deriva nel Mediterraneo, altrimenti si grida all’autoritarismo.

Che ha fatto, quindi, il “dittatore” Macron? Alcune cose piuttosto banali. Sta cercando di riportare la Francia a convergere economicamente sulla Germania, in modo da poter avere pari dignità e recuperare una presunta primazia al momento dell’elaborazione delle politiche europee. Poi, Macron è reo di  aver respinto la bizzarra richiesta italiana di ridistribuire le navi di migranti (che frettolosamente la neolingua italica ha definito “profughi”) nei porti europei. Se vi sdegnate per questo, significa che non avete capito il concetto di interesse nazionale, né quello di leverage negoziale. Se poi l’Italia minaccia a giorni alterni le cosiddette “opzioni nucleari”, che altro non sono se non farsi esplodere in una stanza di cemento armato, non è problema né francese né spagnolo né di chicchessia.

Nei giorni scorsi abbiamo letto anche altri sdegnati commenti italiani per l’attivismo di Macron verso la Libia. Come se quel paese fosse “cosa nostra” in rimembranza coloniale. Forse Macron fallirà in quella regione ma chi saremmo noi per criticarlo, temendo che dietro ci sia una fregatura ai nostri danni? Forse meglio vedere il povero Marco Minniti che chiede udienza alle tribù libiche per “organizzare” non è chiaro cosa? Diciamo solo incidentalmente, a beneficio dei nostri editorialisti confusi, che ove mai Macron riuscisse nella convergenza verso la Germania, soprattutto riguardo ai conti pubblici, per l’Italia e le sue fantasiose richieste di tossicodipendenza da deficit sarebbero guai serissimi. Vedremo nei prossimi mesi che farà l’inquilino dell’Eliseo che Scalfari definisce “napoleonico”, con la grande brillantezza ed originalità che da sempre lo caratterizzano.

Scalfari chiama alle armi gli italiani e soprattutto la nostra imprescindibile sinistra, per tentare di sventare la minaccia “imperiale” macronista, prendendo spunto dalla presunta cupidigia del giovane ex banchiere d’affari per la nostra colonia libica. E riesce a scrivere una cosa del genere:

«Macron aspira a diventare il numero uno, non è da escludere che il suo obiettivo finale sia che il tandem non ci sia più e un continente diventato ormai federale abbia un solo Capo e un Parlamento che esprima il volere popolare opportunamente ispirato dall’Imperatore anche se formalmente rispettato»

Occhio, quindi: il neo ducetto di Francia punta a diventare l’Imperatore d’Europa, ammonisce Scalfari. Tutto perché Macron attribuisce all’Italia esattamente il peso che l’Italia ha nei consessi internazionali, lo scostumato. Questo è il gemello dello Scalfari che, meno di due mesi addietro, salutava il neo presidente francese come il centro della Luce, rispetto a quello delle Tenebre trumpiane:

«L’altro centro, questo positivo, ci conduce ad Emmanuel Macron, presidente della Francia da pochi giorni ma già operativo con stupefacente velocità e con conseguenze largamente positive per la Francia ma anche in generale per l’Europa»

Magnificando il tentativo di rimettere in moto il motore franco-tedesco, le cui conseguenze

«Non possono che essere positive per Paesi come l’Italia perché, a parte l’europeismo sperabilmente sincero ed intenso di Macron, la Francia chiede ed anzi finirà con l’imporre la politica di crescita economica»

Sono parecchi decenni che Scalfari capisce tutto prima del resto del mondo, anche questa volta il personaggio è rimasto fedele alla propria leggenda. Il Fondatore repubblichino ribadisce poi con forza quello che vorrebbe dall’Europa:

«Nel nostro continente noi vogliamo una serie di concrete riforme. Vogliamo che sia finalmente accettata l’esistenza d’un ministro unico delle Finanze destinato al governo economico dell’Eurozona, accettato ma non dipendente dalla Commissione di Bruxelles: una figura che governa l’economia dell’Eurozona e sono i 19 Paesi che ne fanno parte a controllare e ispirare le azioni del suddetto ministro, il quale ovviamente deve agire in costante contatto con la Banca centrale europea diretta da Draghi, che l’istituzione di quel ministro la sostiene da tempo ( la Francia con questa innovazione non si è finora spesa, anzi…)»

Piccola futile domanda: ma se Macron nel breve volgere di poche settimane è passato dal motore della rinascita d’Europa al Male napoleonico-imperiale, perché chiedere questo leggendario ministro delle Finanze europee, che di certo non sarà un erede di Paolo Cirino Pomicino? Quanto al fatto che la Francia “non si è finora spesa, anzi” sul tema, rimandiamo Scalfari e non solo lui al programma di Macron, al punto del rapporto con l’Europa, dove si legge:

«Nous proposerons de créer un poste de ministre de l’Economie et des Finances de la zone euro, qui aura la responsabilité du budget de la zone euro, sous le contrôle d’un Parlement de la zone euro, rassemblant les parlementaires européens des Etats membres»

Strano, sembra quello che chiedono Scalfari ed altri statisti italiani, che magari pensano che in questo modo si potrebbe continuare a fare deficit e mance, ed avere copertura europea. Mah. Scalfari chiude il suo flusso di coscienza ribadendo la sua famosa proposta di una patrimoniale per ridurre il cuneo fiscale, proposta nata già morta circa un anno addietro ma che per il precettore di Papa Francesco rappresenta invece il proiettile d’argento.

In caso vi interessi, oggi sul Messaggero trovate anche un editoriale di Romano Prodi in cui si dicono cose sostanzialmente simili, pur se in modo meno sconnesso. Il punto resta sempre quello: cattivi quelli che in Europa non seguono il magistero italiano e quello dei suoi editorialisti e leader. Interessi nazionali e leve negoziali non hanno diritto di cittadinanza, nella elaborazione e gestione della politica estera di questo disgraziato paese, che passa con rapidità patologica da adolescenziali e psicolabili innamoramenti provinciali per leader stranieri al loro sdegnato rigetto, con la stampa che pesta la grancassa per amplificare la tendenza delle nostre élite fallite.

Chiunque, dall’estero, legga questi commenti e più in generale segua i media italiani, avrà il riscontro del fallimento dell’Italia, un paese ormai decomposto e che produce soprattutto farneticazioni solenni e clown sovrani. L’autoinganno come strumento di sgoverno e di autoaffondamento. Da nonno Benito a zio Bettino, sino agli ultimi ragazzotti analfabeti di sola andata, la tendenza resta quella, solo si limita a peggiorare in parallelo al disfacimento del paese.

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