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L’amministrazione Trump raddoppia i costi di lobby per Apple: già spesi 2.2 milioni

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Apple ha speso 2.2 milioni di dollari in fondi, destinati ad attività di lobbying per il governo federale di Donald Trump. Si tratta dell’importo più alto mai speso da Apple per questo tipi di attività, reso noto da specifici registri a iscrizione obbligatoria che è necessario presentare all’Office of the Clerk of the U.S. House of Representatives.

In Italia il lobbismo, con cui genericamente si definiscono le attività̀ di gruppi organizzati o dei loro rappresentanti volte a influenzare le decisioni pubbliche, è un fenomeno diffuso ma allo stesso difficile da conoscere: esiste ma continua a essere difficile capire con precisione chi svolge queste attività̀, nei confronti di chi, con quali mezzi e obiettivi. Negli USA (e non solo) è una pratica regolamentata e molto comune (gode della protezione costituzionale garantita alla libertà di parola dal Primo Emendamento) usata dalle aziende per avere un punto di riferimento o un intermediario che, toccando le leve del potere, promuove o evita che siano danneggiate determinate strategie aziendali. La professione del lobbista in molte istituzioni è prevista, disciplinata, normata e generalmente permette di esercitare in trasparenza la propria influenza sul potere politico.

Come abbiamo già spiegato qui, Apple in passato non ha avuto, al contrario di altri concorrenti (es. Microsoft) una grande attenzione in quest’ambito, ma da qualche tempo ha aumentando la sua attività a Washington DC. Specifiche attività sono da quasi due anni indirizzate a curare i propri interessi relativamente ad aspetti quali la gestione dei dati sulla salute, la guida sicura (per CarPlay), gli e-book, la privacy. Attività di lobbying si sono occupate in particolare di problematiche relative alla pubblicazione di e-book, la sicurezza online, riforme in materie di copyright e brevetti, e l’ordinamento dei dispositivi mobile per l’acquisizione di dati con applicazioni per la salute (Apple Watch e HealthKit), imposte sul reddito delle imprese.

L’incremento nella spesa di Apple per attività di lobbying non sorprende visti i disaccordi su vari temi con l’amministrazione Trump, su argomenti che spaziano dal giro di vite contro l’immigrazione, all’uscita degli USA dagli accordi sul clima di Parigi.

“Vi sono evidenti aree nelle quali nelle quali non viaggiamo neanche lontanamente sulla stessa lunghezza d’onda” ha detto recente temente Tim Cook intervistato da Bloomberg Businessweek. L’amministratore delegato di Apple non ha ad ogni modo negato la sua presenza, chiamato più volte da Trump quando quest’ultimo ha voluto ascoltare i CEO del mondo IT su vari argomenti.

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