Nonsidice. Trasporti, un nuovo giorno di caos nell’indifferenza politica

-di GIORGIO BENVENUTO e SANDRO ROAZZI-

A meno di sorprese, il 20 luglio sarà un altro giorno di tribolazioni per gli sventurati utenti di bus e metro. Si replica lo sciopero che ha paralizzato sotto un caldo africano soprattutto la Capitale. Come mai il bis? Perché no, il primo e’ andato così bene… Ancora sotto accusa ipotetiche privatizzazioni, ancora in gran spolvero sigle dalla misteriosa rappresentatività ma, al momento, con parole d’ordine in… libertà che però suggeriscono ai lavoratori del trasporto locale di aderire. Non si sa mai. E gli altri…? Né aderire, né sabotare?

Dopo la prima paralisi, le polemiche si sono sprecate. Eppure…tanto tuono’ che …non piovve. Ci si è stracciati le vesti da parte di politici di tutti gli schieramenti con tale virulenza da far pensare che fosse più un aiuto a risollevare le sorti scadenti di consumi e saldi (l’abbigliamento resta un settore in sofferenza) che una vera indignazione cui far seguire atti adeguati. Perché il “dopo” politico lo si sta ancora aspettando. Infatti a pochi giorni dal prossimo sciopero tutto è rimasto come prima. Forse l’unica novità potrebbe essere l’inclusione nelle guide turistiche dell’avvertimento ai turisti di girare alla larga da Roma il 20. Le file prevedibili non includeranno la visione delle bellezze della città.
Semmai, in questa situazione, l’unità del Paese viene garantita: nessuno si muove, nessuno fa nulla, neanche l’atto più semplice: precettare per una e mille ragioni, rimandando a settembre problemi e proteste.
La legge lo prevede senza giudicare la precettazione un attentato alla Costituzione. Inoltre le organizzazioni più rappresentative non hanno proclamato questo sciopero. Infine i disagi fin troppo recenti nella memoria dei cittadini consiglierebbero un rinvio per ragioni di “civiltà”.
Nella conta alla rovescia, poi, nessuno chiarisce sul serio il rebus di comunque… improbabili privatizzazioni. Né si discute di disastri come quelli della politica clientelare e dello sfacelo del parco dei mezzi pubblici di città come, ad esempio, Roma. Né si ragiona concretamente su come determinare una svolta nelle relazioni contrattuali nel settore dove i rinnovi sono degli optional a tempo indeterminato per le controparti del sindacato, la rappresentatività da regolare è un fastidio da evitare come la peste. Ed un confronto vero con i sindacati, nessuno pare abbia davvero il coraggio di affrontarlo e non per… timidezza o per antiche vocazioni ideologiche (si spera…). Almeno quando la Uil pose il problema negli anni ’80 il putiferio che ne segui’,  servi’ a qualcosa.  Oggi la normativa appare datata ma va detto che lo è soprattutto per colpa della inconsistenza del confronto politico e sociale su questo tema.

In un Paese come il nostro il diritto di sciopero non è in discussione. Non è possibile e non va fatto. Ma nel terzo millennio trovare regole sulle vertenze che non scarichino un peso insopportabile sulle spalle dei cittadini, che non sono ostaggi, non dovrebbe essere difficile. Appare grottesco che si sforni in un attimo un testo di legge sul folklore fascista della spiaggia di Chioggia e non si sappia che pesci prendere quando si delinea un disagio sociale che… manganella una intera popolazione.
Per ora vince un fatalismo che e’ parente prossimo della incoscienza.

Del resto far finta di niente è uno degli sport preferiti di quanti in politica hanno il terrore di assumersi responsabilità. Ma i giorni che ci separano dal nuovo sciopero non permettono alibi di sorta. Il caos prossimo futuro non potrà che allontanare ancor di più la sensibilità popolare dalla politica. Meglio essere impopolari che impotenti. Cosa fare? Forse è il caso di prepararsi al peggio, seguendo il consiglio di Ennio Flaiano: “Aveva una tale sfiducia nel futuro che faceva programmi per il passato”. C’è qualche giorno ancora per fare di meglio.

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