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Migranti, Unhcr: oltre 200 morti negli ultimi tre naufragi nel Mediterraneo. Duemila da inizio 2017

Nella Giornata Mondiale del Rifugiato, l'agenzia Onu chiede il "potenziamento delle operazioni di soccorso" e percorsi "più sicuri per chi necessita di protezione internazionale". Gentiloni: "Italia generosa e rispettosa dei propri valori civili. Non tutti lo sono stati in Europa. Impegnati con l'Unhcr per vincere la sfida della protezione"
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ROMA - Nella Giornata Mondiale del Rifugiato, che si celebra in questo 20 giugno, i tragici numeri dei morti nel Mediterraneo sono assoluti protagonisti. Gli ultimi li dà l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, partendo dai più recenti casi di barconi affondati in mare lungo la rotta che dalla Libia avrebbe dovuto condurli in Europa. Per arrivare a un bilancio che, dall'inizio dell'anno, parla di circa 2mila vite umane perdute sulle 77mila che hanno sfidato "una delle rotte più pericolose del mondo". E di queste ultime, oltre 60mila sono arrivate in Italia.

Tre storie dallo stesso drammatico epilogo. La prima, e più grave, è quella di cui si appreso ieri sera dai pochissimi superstiti trovati aggrappati a quel che rimaneva ancora a galla di un vecchio gommone affondato con tutto il suo carico umano.

Quel gommone, fa sapere l'Unhcr citando anche fonti dei soccorritori, aveva "lasciato la Libia il 15 giugno e ha cominciato a imbarcare acqua poche ore dopo la partenza. Dalla Guardia costiera italiana e dai quattro sopravvissuti, cittadini sudanesi e nigeriani si è appreso che la barca aveva a bordo almeno 133 persone. Risultano pertanto disperse 129 persone".

Come riferito dai sopravvissuti, sempre dalla Libia era partita la stessa sera del 15 giugno assieme ad altri due natanti anche la barca "con almeno 85 persone a bordo che si è spezzata in due prima di affondare". A bordo "c'erano molte famiglie con bambini". I dispersi, il cui numero è imprecisato, "sono per lo più cittadini siriani e persone provenienti da Paesi dell'Africa settentrionale".

Un terzo naufragio avrebbe causato sette tra morti e dispersi. I sopravvissuti sono stati fatti sbarcare ieri a Messina. La loro imbarcazione è partita dalla Libia il giorno prima, il 14 giugno. Una donna camerunense in stato di gravidanza ha perso il marito nel naufragio.
  "Oggi - ricorda l'Unhcr - è la Giornata Mondiale del Rifugiato. Questi incidenti sono un monito dei gravi pericoli che le persone affrontano quando sono costrette a fuggire dai loro Paesi a causa della guerra e della persecuzione. Dall'inizio dell'anno, oltre 77mila persone hanno cercato di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l'Europa. Si tratta di una tra le rotte più pericolose del mondo, un viaggio che nessuno prende alla leggera. Nonostante l'eroica azione delle persone coinvolte nel salvataggio in mare, il numero di morti nel Mediterraneo continua a salire. Circa duemila persone risultano morte o disperse dall'inizio dell'anno".

Con così tante vite in gioco, l'agenzia Onu "invoca nuovamente un potenziamento delle operazioni di soccorso e l'individuazione di alternative più percorribili e sicure per coloro che hanno necessità di protezione internazionale, in modo che le persone non siano costrette a intraprendere viaggi così pericolosi. Sono inoltre necessari ulteriori sforzi per affrontare alla radice le cause delle migrazioni forzate di queste persone verso la Libia, anche attraverso la risoluzione dei conflitti e la riduzione della povertà".

All'Unhcr è pervenuto un messaggio del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. "Più di 180mila persone sono sbarcate sulle nostre coste lo scorso anno e il 50% di chi è arrivato quest'anno ha fatto domanda di asilo - scrive il premier -. L'Italia ha dimostrato in questo anni che si può essere generosi e rispettoso dei propri valori civili senza cedere a convenienze a convenienze ed egoismi nazionali. Dispiace che non tutti, anche in Europa, abbiano mostrato la stessa disponibilità all'accoglienza".

Gentiloni assicura che "continueremo su questa strada non facendo mancare né il nostro impegno, né la forza persuasiva del nostro operato per affrontare questi principi con i nostri partner europei". "Insieme all'Alto Commissariato per i rifugiati siamo impegnati a vincere la sfida della protezione: dobbiamo proteggere chi scappa dalla guerra, che è perseguitato. È un dovere giuridico e morale che chiama in causa la coscienza di tutti noi".