Politica

Morto Mammì, padre della prima legge sull'emittenza radiotelevisiva

Oscar Mammì 
Esponente del Partito repubblicano è stato deputato dalla quinta alla decima legislatura. Nel 1993 si dimise dal Parlamento dopo l’arresto del suo principale collaboratore nella stesura della legge tv
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ROMA - È morto Oscar Mammì, il politico del Partito repubblicano italiano notissimo per avere dato il suo nome nel 1990 alla prima legge radiotelevisiva italiana. Quella che tutti ricordano come la certificazione del duopolio Rai-Fininvest, al centro di uno scontro politico feroce che provocò le dimissioni dal governo dei ministri della sinistra democristiana Sergio Mattarella, Mino Martinazzoli, Carlo Fracanzani, Riccardo Misasi e Calogero Mannino.

Mammì, romano, nato nel 1926, laureato in Economia e commercio, aveva iniziato a lavorare in banca prima di approdare alla politica ed essere eletto in Parlamento nella fila del Pri di Ugo La Malfa nel 1968. Vi è rimasto fino al 1993. Anni in cui ha ricoperto importanti incarichi nel partito e nel governo. Fino alla poltrona di ministro per i Rapporti con il Parlamento dal 1983 al 1987 e ministro delle Poste dal 1987 al 1991. Gli anni in cui fu posto il problema del nuovo assetto radiotelevisivo che fu risolto con la fine del monopolio della Rai e la "legalizzazione" di tutto quello che Fininvest aveva fatto contro tutte le norme vigenti.

Nel 1993, Mammi si dimise dal Parlamento. Si era nel clima terribile di Tangentopoli, quando ci si dimetteva dal governo per un avviso di garanzia. Anche quando c'era il solo sospetto che potesse arrivare. E questo sospetto aleggiava su Mammì dopo l'arresto di Davide Giacalone, suo principale collaboratore nella stesura della legge sulle tv. Il clima era tanto avvelenato che lo stesso giornale del suo partito scrisse il giorno delle sue dimissioni: "Non siamo ipocriti e in queste ore misuriamo sulla nostra pelle la sferzata della vergogna". Una vergogna che alla fine travolse però tutto il Pri, distruggendo un capitale politico liberaldemocratico che era stato costruito intorno alle parole d'ordine di competenza ed onestà. Mammì non partecipò ufficialmente alle complicate vicende delle scissioni del partito e della diaspora dei suoi dirigenti nel centrodestra e nel centrosinistra.

Riapparve in pubblico nel 2005, quando su Rai Tre partecipò a "Walter e Giada. I migliori anni della nostra vita", una riedizione televisiva dei Promessi sposi, firmata da Simona Ercolani e Fabrizio Rondolino, nel ruolo dell'Innominato. E in quella occasione diede un po' di pagelle ai politici della Prima e della Seconda repubblica. Per questo ruolo, disse "Andreotti è perfetto. Perché incarna il vero potere, che può servire il male ma anche il bene".

Il ruolo dei bravi lo affibbiò a Bossi, Calderoli e Castelli: "Ma sono finti cattivi - spiegò - Giocano a mostrare il coltello, ma non lo usano. Dei bravi per bene". Era convinto, ammise che "uno che fa politica o è un bravo attore o non ce la fa". E di conseguenza il ruolo di Pinocchio lo affidò a Silvio Berlusconi. Per D'Alema evocò il ruolo del Conte di Montecristo," giusto mix di cinismo e lucidità". Un quadretto ironico e colto, condito da una palese nostalgia: "Io ho vissuto una grande stagione, quella dei partiti: oggi è la stagione dei personaggi". Poi il silenzio e una lunga malattia. E un libro sullo scopone, quel gioco di carte che amava insieme a Pertini. "Dovrebbe essere insegnato nelle scuole di buona politica come materia obbligatoria - disse - Sventuratamente queste scuole non sono mai state aperte".

Il suo nome però resterà per sempre legato alla sua legge e alla tv. Ma per ironia della sorte oggi inserire il nome Mammì su un motore di ricerca rimanda più che al politico e alla sua legge alla giornalista sportiva Diletta Leotta: è fidanzata con Matteo Mammì, nipote di Oscar e importante dirigente di Sky.
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