Boicottaggio calcolato o un semplice errore di mascherino? La querelle du jour di Cannes 70 ha assunto toni da complotto alle proiezione stampa del primo titolo Netflix in concorso, quando per circa sei minuti, Okja è stato proiettato in un formato sbagliato, con l’immagine che sbordava dallo schermo.

Fischi e buu dei giornalisti, diretti non alla piattaforma streaming di Ted Sarandos, bensì al Festival che, entro poche ore, con un comunicato di Thierry Fremaux, ha presentato le scuse al pubblico e ai filmmaker per la svista tecnica.

Come prevedibile, la conversazione sul rapporto tra piattaforme e digitali e distribuzione nelle sale – scatenata dalla scelta del festival, a partire dal 2018, di non ammettere film che non prevedano un’uscita nei cinema della Francia – è continuata durante la conferenza stampa di Okja, in cui sia il regista del film, Bong Joon-Ho, che la sua star, Tilda Swinton, hanno difeso Netflix.

Lui tessendo le lodi per la libertà creativa concessagli, mentre Swinton ha risposto alla provocatoria dichiarazione di Almodovar, dettosi in difficoltà a dare la Palma a un film che non si vedrà nei cinema: «Il presidente (della giuria) è libero di dire quello che vuole. La verità è che non siamo qui per i premi, ma per mostrare il film».

È quasi garantito che la polemica si trascinerà nei prossimi giorni –e nei suoi termini più generici e banali, che identificano Netflix come una minaccia al rituale della sala. È una contrapposizione che esercenti e distributori francesi hanno usato per costringere Fremaux a una resa imbarazzante per il direttore del maggior festival del mondo, che dovrebbe, anzi, difendere per principio il privilegio di scoprire, da tutti i paesi, quel cinema del futuro su cui agenti di vendite e distributori francesi non hanno ancora messo mano.

Soprattutto, è una contrapposizione superata dalla realtà, sia della produzione che dei consumi del cinema contemporaneo.

Non solo, oggi, Netflix (come Amazon, Hulu, Vice..) finanzia un’importante vena creativa di cinema, sempre più internazionale: in Usa, l’uscita sulla piattaforma è spesso complementare a quella in sala. A volte la precede persino, in un contesto in cui la programmazione nei circuiti indipendenti sta diventando più curata, creativa, meno «industriale».

Perché vedere un film in sala, su grande schermo rimane tutt’oggi il modo migliore di farlo. È un incantesimo da difendere a tutti i costi – meno vitale è aggrapparsi alle gerarchie che lo hanno controllato fino ad oggi.