Un Rolex in acciaio da 5mila euro costa il posto a Simona Vicari, indagata in una inchiesta per corruzione della Procura di Palermo che sta provocando un terremoto politico-giudiziario a Trapani e in Sicilia. L’esponente di Ap, molto vicina ad Angelino Alfano, si è dimessa da sottosegretaria alle Infrastrutture per togliere dall’imbarazzo il ministro Graziano Delrio.
Quel cadeau ricevuto dall’armatore Ettore Morace, patron della Liberty lines – prima società di aliscafi in Europa – secondo gli inquirenti sarebbe il ringraziamento per l’emendamento alla legge di stabilità, caldeggiato dalla sottosegretaria, che ridusse l’Iva sui trasporti marittimi dal 10 al 4%. Un bel beneficio per gli armatori, non tanto per lo Stato che incassa 7 milioni in meno all’anno. A consegnarglielo sarebbe stato il fratello Manfredi, dipendente di Morace. E un Rolex avrebbe ricevuto anche un collaboratore della senatrice di Ap, Marcello Di Caterina, che ieri ha consegnato l’orologio ai carabinieri a casa sua per una perquisizione.

Dalle carte dell’inchiesta viene fuori uno spaccato della peggiore politica. L’uomo chiave è Ettore Morace, in carcere per corruzione, che si sarebbe dato da fare con i suoi ganci politici per imporre il monopolio della sua compagnia di navigazione. Dai collegamenti con Ustica a quelli con l’arcipelago delle Eolie fino alle più grandi isole come Pantelleria, l’escalation della famiglia Morace è fatta di intuizioni, investimenti e rapporti col mondo politico. Fino a diventare i monopolisti del segmento degli aliscafi prima con Ustica lines e poi con Liberty lines, la denominazione assunta dalla società dopo avere rilevato un anno fa, attraverso la Società di navigazione siciliana Spa (Sns) in partnership con la Caronte&Tourist della famiglia Franza, la ex Siremar, compagnia del gruppo Tirrenia. Una operazione da 55,1 milioni, in cambio di un contributo per nove anni pari a 560 milioni. Un bell’affare.

Ai domiciliari sono finiti anche Giuseppe Montalto, capo della segreteria particolare dell’assessore regionale alle Infrastrutture Giovanni Pistorio (ex Udc, ora Centristi per l’Europa) e Girolamo Fazio, deputato regionale e candidato sindaco a Trapani con tre liste di centrodestra. Morace avrebbe dato a Fazio in uso un’auto da 40mila euro, finanziato con 10mila euro di gadget e manifesti la campagna elettorale, regalato biglietti di viaggio e d’ingresso allo stadio: il padre di Morace è il patron del Trapani calcio, appena retrocesso dalla B alla Lega Pro.

Un arresto, quello di Fazio, giunto ad appena 24 ore dalla bufera che ha colpito l’altro candidato di centrodestra e suo ex sodale, il senatore di Forza Italia Antonino D’Alì, che ha sospeso la campagna elettorale dopo avere ricevuto la notifica della richiesta di soggiorno obbligato della Dda di Palermo che lo ritiene socialmente pericoloso. D’Alì è volato subito da Berlusconi per capire come muoversi: il suo ritiro come quello di Fazio comporterebbe la decadenza delle 11 liste a loro supporto e dei 320 candidati che aspirano a un posto nel consiglio comunale.

In città c’è sgomento. D’Alì e Fazio erano considerati i candidati più forti, si pensava già a un ballottaggio tra i due. A questo punto la partita è più che aperta, col candidato del Pd, Piero Savona, che scalpita. Di tutto questo potrebbero approfittarne i 5 Stelle col candidato Marcello Maltese che dal blog di Grillo chiama «al riscatto». «Da decenni il potere in questa città è stato rappresentato da due persone: Fazio e D’Alì», in «un sistema di potere – accusa – che ha lasciato macerie in una città con enormi potenzialità e ricchezze, ma di cui hanno fatto terra bruciata. M5S è l’unica speranza rimasta».

Le carte degli inquirenti sono piene di nomi. Politici del trapanese che non risultano indagati ma citati in un quadro di rapporti tessuti dall’armatore e dai suoi uomini nel tentativo di avere sempre più benefici e agganci possibili. Ci sono deputati regionali del Pd, dell’Udc di Cesa, di Ap e due assessori del governo di Rosario Crocetta. Proprio il governatore risulterebbe indagato per concorso in corruzione. Il suo nome non compare nell’ordinanza, dove ci sono degli omissis, ma sarebbe in un’informativa dei carabinieri su alcune intercettazioni fatte a Morace. Quest’ultimo avrebbe finanziato con circa 5 mila euro il movimento Riparte Sicilia del governatore. L’armatore parla di una gita in barca con Crocetta e di una vacanza pagata al presidente della regione a Filicudi.

Circostanze che Crocetta smentisce: «Sono molto sereno e se ci dovesse essere un invito a comparire che non ho ricevuto perché sono in viaggio sarò lieto di riferire ai magistrati notizie utili alle indagini». E aggiunge: «Non sono mai salito in barca con Morace né con altri e non ho avuto alcun rapporto con Morace per la mia vacanza a Filicudi. Apprendo queste notizie dai giornalisti, non so altro dell’inchiesta». Poi entra nel dettaglio: «In Sicilia la spesa per il trasporto marittimo da quando sono presidente si è ridotta di circa 30 milioni. Sarebbe un modo molto singolare per agevolare gli armatori». E ricorda che «l’anno scorso con Morace ci fu un braccio di ferro incredibile. Voleva un contratto di servizio troppo alto. Il governo non cedette di un millimetro».