Quattro giovani dal background eterogeneo mettono insieme una band, pubblicano un full-length e nel giro di un anno si sciolgono. La più tipica delle storie punk, insomma, e musicalmente i newyorkesi Wall si collocano proprio da quelle parti.
Il principale riferimento è infatti quel sotto-filone contemporaneo che ha raccolto il testimone dal movimento
Riot-grrrl degli anni Novanta. Gruppi come
Perfect Pussy,
White Lung e
Priests: punk-rock femminista, volendo semplificare, ma nella musica dei Wall c'è spazio per diverse sfumature, anche di
nero.
L'incipit è di quelli che lasciano il segno:
riff serrati, nervosi cambi di tempo, sezione ritmica marziale. Una gang capeggiata da una
frontwoman che-più-punk-non-si-può: impossibile non pensare ad Alice Bag,
Exene Cervenka e ovviamente a
Siouxsie Sioux; ad ogni modo, Sam York sa il fatto suo e la sua voce convince sin dalle prime strofe di "High Ratings".
Nella successiva "Shimmer Of Fact" i toni si fanno plumbei, ai confini con la darkwave: un intermezzo atmosferico che prelude ad altre scariche di adrenalina ("Save Me") e alla personale interpretazione del positive-anarco-punk da parte dei nostri, per mezzo della vibrante "(Sacred) Circus".
In brani come "Wounded At War" e "Weekend" il sound of Wall assume sembianze gothabilly; la chitarra di Vince McClelland è del resto una protagonista indiscussa durante la mezz'ora di "Untitled". Chiude l'album l'ossessiva "River Mansion", unico brano lungo del lotto, con i suoi sei minuti abbondanti.
Un disco dedicato agli amanti del
death-rock, a patto però che non abbiano pretese in termini di originalità. La personalità, invece, c'è eccome, o meglio c'era, dato il recente
split: "The brightest flame burns quickest", dicevano i
Metallica di "Load". Speriamo allora che dalle ceneri di questa esperienza sorgano nuovi progetti capaci di proseguire la carica dirompente generata dai Wall.
15/12/2017