Milano, 25 marzo 2017 - 20:39

Alatri, 20enne ucciso a sprangate
Nove indagati per l’omicidio

Emanuele Morganti è stato colpito anche con un attrezzo di ferro o con un cric. Trasferito all’Umberto I, è morto dopo ore di agonia. Al vaglio degli inquirenti i filmati delle telecamere del Comune. L’appello del sindaco: «Chi sa parli»

Emanuele Morganti (Proto) Emanuele Morganti (Proto)
shadow

Chi gli ha dato il colpo di grazia con la spranga — o più probabilmente con una chiave inglese — potrebbe essere italiano. Un giovane forse di Alatri, o di un paese vicino, proprio come il povero Emanuele Morganti, già pianto senza speranza ancor prima di morire, quando era attaccato a una macchina per sopravvivere. Sono nove gli indagati per l’omicidio del ventenne di Tecchiena, paesino in provincia di Frosinone: sei ragazzi del posto e tre albanesi, fra cui due buttafuori. La svolta decisiva nelle indagini potrebbe arrivare dall’esame delle videocamere di sorveglianza del Comune, mentre il sindaco Giuseppe Morini lancia un appello alla popolazione: «Chi sa parli: Alatri non deve essere omertosa».

Gli interrogatori

Il presunto killer e altri otto coetanei sono rimasti fino a notte fonda nella caserma dei carabinieri sotto interrogatorio. Erano già stati ascoltati sabato, 24 ore dopo il pestaggio dell’operaio ventenne, preso di mira da un albanese in una discoteca di piazza Regina Margherita per aver difeso la sua fidanzata da avances sempre più spinte. Gli investigatori dell’Arma avevano interrogato i nove e li avevano rilasciati, ma poi ieri — sulla base di altri indizi raccolti nel corso di una frenetica giornata di sopralluoghi e accertamenti tecnici — li hanno riconvocati in ufficio e oggi li hanno iscritti nel registro degli indagati. Adesso rischiano di essere arrestati tutti per concorso in omicidio volontario, mentre per ricostruire i dettagli dell’aggressione gli investigatori studiano i filmati delle telecamere comunali poste in piazza e nelle strade del centro di Alatri.

Appeso a un filo

Per quasi 48 ore la vita di Emanuele è rimasta appesa a un filo nel reparto di terapia intensiva del Policlinico Umberto I di Roma, poi ieri sera la tragica notizia del decesso. Da venerdì notte i medici monitoravano la sua situazione. Lo avevano anche sottoposto a un intervento chirurgico. Ma i risultati non avevano dato gli esiti sperati: i troppi colpi, violentissimi, avevano devastato la testa e il volto del ventenne, provocato fratture craniche e cervicali, al punto da renderlo quasi irriconoscibile. Tanto da far pensare a qualche suo amico intervenuto dopo l’aggressione che in realtà il giovane fosse stato travolto da un’auto. Ma non era così.

I buttafuori

La verità è che una furia inimmaginabile si è abbattuta sull’operaio che venerdì sera, con la fidanzata e un gruppetto di amici, aveva deciso di trascorrere qualche ora al Mirò ad ascoltare musica. Un locale — ora sotto sequestro — dove anche i buttafuori erano albanesi e non si esclude che proprio loro abbiano avuto un ruolo nell’orribile fine del ventenne. Emanuele — che viveva con i genitori e aveva un fratello e una sorella — non è stato coinvolto in una rissa. Ha solo reagito quando uno dei clienti, sotto l’effetto dell’alcol, ha provocato la sua ragazza. Ma gli addetti alla sicurezza avrebbero preso le difese dell’ubriaco e non della coppietta. Anzi, Emanuele sarebbe stato sbattuto fuori, inseguito sulla piazza, scaraventato a terra dagli amici dell’albanese, ai quali si sarebbero aggiunti altri giovani avventori. Nessuno sarebbe intervenuto in sua difesa. I carabinieri, coordinati dal pm Vittorio Misiti della Procura di Frosinone, stanno cercando di ricostruire cosa sia avvenuto in quei momenti.

La mattanza

Erano le 4 di notte e al pestaggio ha assistito anche la fidanzata e qualche amico del ragazzo sul quale si sono abbattuti calci e pugni. Poi è comparsa la chiave inglese, prima lanciata dall’uscita della discoteca contro il ventenne in fuga, quindi usata contro Emanuele, ormai privo di forze, con il volto sanguinante e gli indumenti strappati. Due, tre colpi per finirlo. Il corpo sarebbe stato anche trascinato sull’asfalto, come fosse un trofeo. Un film dell’orrore, una mattanza, con la gente che si voltava dall’altra parte, nel buio della piazza principale di Alatri. Quindi il fuggi fuggi, prima dell’arrivo dei carabinieri e di un’ambulanza.

Il sindaco: «Chi sa parli»

La notizia della morte di Emanuele ha creato sconcerto e rabbia nella cittadina del frusinate. Oggi bandiere a mezz’asta negli edifici comunali, domani 24 ore di lutto cittadino e per mercoledì è prevista una marcia «contro la violenza e contro l’indifferenza». «Chi sa parli: Alatri non deve essere omertosa - esorta il sindaco Morini - Fuori da quel locale c’erano tante persone, ma nessuno ha fermato gli aggressori. Quanto accaduto è una barbarie, la nostra comunità è impietrita. Ci stringiamo intorno ai familiari di Emanuele, un ragazzo normalissimo che quella sera voleva passare solo qualche ora con la sua fidanzata». Alla famiglia della vittima sono giunte anche le condoglianze del presidente della Provincia di Frosinone, Antonio Pompeo, e la solidarietà del presidente della Regione, Nicola Zingaretti. E sulla vicenda invoca giustizia su Facebook il leader della Lega, Matteo Salvini: «Non mi interessa la nazionalità degli assassini, spero solo che marciscano in galera per tanti anni».

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