Uccisa dal fidanzato, il padre di Deborah Fuso: "Ora voglio giustizia per mia figlia"

Parla Luigi Fuso: "Confido nella giustizia, per mia figlia: voglio avere fiducia, perché io sono una mina vagante e gli artificieri sono i giudici"

Deborah Fuso  in un abbraccio con il papà Gigino (Studiosally)

Deborah Fuso in un abbraccio con il papà Gigino (Studiosally)

Magnago (Milano), 24 febbraio 2017 - «Confido nella giustizia, per mia figlia: voglio avere fiducia, perché io sono una mina vagante e gli artificieri sono i giudici». Luigi Fuso, padre della 23enne di Lonate Pozzolo Deborah Fuso, uccisa lo scorso 17 maggio dal suo fidanzato Arturo Saraceno, rompe il silenzio sulla tragica fine di sua figlia, ammazzata a coltellate dal compagno al culmine di una lite nella loro casa a Magnago. Saraceno, in carcere dallo scorso maggio, sarà presto sottoposto a perizia psichiatrica. «Il dolore che ho provato, che proviamo noi tutti, è indicibile - racconta Luigi Fuso - non si può colmare. Fino ad oggi sono stato rispettoso, in silenzio, ma sono stanco. Mi aspetto giustizia, per mia figlia».

Luigi e sua figlia Deborah avevano un legame speciale. Amavano cantare insieme. Sono tante le immagini che li ritraggono uniti. Istantanee destinate a restare nel cassetto dei ricordi, per sempre. Deborah Fuso e Arturo Saraceno, dieci gli anni di differenza che li separavano, avevano avuto una lunga storia d’amore nata al confine tra le province di Milano e Varese, simile a quella di tanti giovani. Avevano fissato la data delle loro nozze, si mandavano lettere e messaggini, si amavano. Questo fino alla primavera dello scorso anno quando, secondo quanto emerge dalle indagini, alcuni dissidi legati al rapporto della giovanissima con la famiglia del fidanzato, avrebbero minato il loro legame. Poi, dopo essersi lasciati e ripresi più volte, Deborah e Arturo si erano incontrati per un nuovo chiarimento, nella mansarda di Magnago dove avevano convissuto felicemente a lungo.

Nel maledetto pomeriggio del 17 maggio scorso, insieme a loro c’era anche la madre di Saraceno che, però, ad un certo punto li aveva lasciati soli. Tra i due fidanzati era scoppiata una lite, culminata nell’accoltellamento della ragazza. Anche Saraceno era stato raggiunto da un fendente ad un braccio. La settimana prossima il gip di Busto Arsizio conferirà l’incarico per la perizia psichiatrica, connessa al rito abbreviato (che consente lo sconto di un terzo della pena) chiesto dall’uomo attraverso il suo difensore, l’avvocato Daniele Galati. Secondo il legale, Saraceno in quel periodo viveva una situazione di forte stress. «So che quando i carabinieri sono arrivati a casa sua - prosegue Luigi Fuso - gli hanno ordinato di abbassare il coltello insanguinato e lui ha obbedito, quindi era nel pieno delle sue facoltà». La voce rotta dal pianto, dalla rabbia, Luigi Fuso ripete di aver fiducia nella giustizia, ma di essere allo stesso tempo stanco del dolore e delle tensioni che perdurano dal giorno in cui la sua Deborah non c’è più.