Caro Aldo,
non trova un po’ ipocrita il dietrofront della Germania nei confronti dei due poliziotti italiani che bloccarono il terrorista di Berlino?
Mario Taliani , Noceto (Pr)
Caro Mario,
No, non lo trovo ipocrita. Un Paese sovrano decide in autonomia i criteri con cui assegna le onorificenze. A chi inneggia a Hitler non le danno; perché in Germania, a differenza che in Italia, l’antifascismo e l’antinazismo sono una cosa seria. Intendiamoci: non è in discussione ovviamente il coraggio e l’abnegazione con cui i nostri agenti hanno fatto il loro dovere, a rischio della vita. Anzi, a mio parere il fatto che abbiano tolto di mezzo un terrorista islamico pluriomicida è incomparabilmente più importante delle loro opinioni politiche. Ma sono state queste a far cambiare idea ai tedeschi; e di queste stiamo parlando.
Le forze dell’ordine non possono fare l’apologia di Hitler e Mussolini neppure sui social, che - come dice la parola stessa - privati non sono mai. Sarebbe opportuno dettare regole adeguate all’era digitale, che garantiscano la libertà d’espressione ma nello stesso tempo impediscano di politicizzare - oltretutto in modo deteriore - figure pubbliche in cui tutti debbono e possono riconoscersi.
Vede Mario, io sono convinto che i due agenti non siano soltanto ottimi poliziotti, ma anche ottime persone; altrimenti non avrebbero messo in gioco se stessi per salvare altri. Se hanno preso posizioni inaccettabili, è perché sono cresciuti in un’atmosfera culturale che ha dato del fascismo e della guerra civile una lettura del tutto distorta. Chi combatté i tedeschi non fu un «traditore», anzi: rimase fedele al giuramento fatto al re. Soprattutto, la Resistenza non è una «cosa di sinistra». Non erano di sinistra il colonnello Montezemolo e i carabinieri caduti alle Ardeatine. Non erano di sinistra suore e sacerdoti che finirono in carcere o davanti al plotone d’esecuzione. Non erano di sinistra migliaia di partigiani autonomi e cattolici. Non erano di sinistra (tranne eccezioni) i 600 mila militari che preferirono restare nei lager nazisti, dove morirono a decine di migliaia, anziché andare a Salò a combattere altri italiani.
È una storia poco conosciuta, che sta affiorando in questi giorni anche sulle Lettere al Corriere , grazie ai superstiti e ai familiari. Se la raccontassimo ai nostri ragazzi, se dicessimo loro anche soltanto chi erano i martiri di Fiesole, non ci sarebbe questa ondata di revanscismo sul web, che contagia anche i migliori tra gli italiani.
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