Cultura

Art Spiegelman: "Il fumetto combatte la banalità del male"

"Dai nazisti di Maus a Trump l'arte è una forma di resistenza". Parla l'artista americano di graphic novel

3 minuti di lettura
Rilassato, sorridente, con la sigaretta elettronica in bocca. Art Spiegelman è in trasferta in Italia: "Ho lasciato a New York il rubinetto dell'acqua aperto. Avrò un bel da fare quando torno".

In che senso, scusi?
"Qui sono un semplice spettatore e mi permetto di non rispondere alle mail. Non capita quasi mai".

Accanto al grande artista americano di graphic novel, creatore di "Maus", arriva Françoise Mouly, sua moglie, che cominicò a lavorare con lui fin dalla metà degli anni Settanta, quando realizzarono la rivista Raw, fondamentale per il rinnovamento del linguaggio del fumetto. Su quelle grandi pagine, piene di segni, Maus prese vita. Dal 1993 Françoise è art editor del New Yorker e, come lui, una fervente promotrice dell'arte del fumetto. E se Art ha vinto il Premio Pulitzer, a Françoise il governo francese ha consegnato la Legion d'Onore. L'occasione per incontrarli sono le Giornate del cinema muto che si sono svolte a Pordenone nei giorni scorsi.

Quanto è cambiata l'arte del fumetto grazie a lei, grazie a "Maus"?
"Quando l'ho realizzato sembrava impossibile poter raccontare l'Olocausto con questa forma d'arte. Con il successo di Maus il fumetto ha acquisito una libertà che non aveva. Prima era per metà arte, per metà mercato. Ora si è sgravato di certe paure e possiamo finalmente leggere nelle vignette le emozioni e le confessioni più intime".

Si scrive spesso che lei ha rappresentato gli ebrei come topi e i nazisti come gatti. Ma in effetti erano maschere.
"Sì. A volte si vedono anche i fili che le tengono legate ai volti. E con la maschera hai due possibilità: quella di tenerti a distanza e quella di andare a vedere cosa c'è dietro. C'era anche la maschera dei maiali, quella dei polacchi. Una maschera con cui oggi vedrei molto bene il nostro nuovo presidente, un falsario che non ha neanche le capacità di realizzare le sue visioni malvagie".

Beh, non è che qui in Europa manchino i problemi.
"Sì, ma ci sono problemi e problemi. Tutte le contraddizioni della storia politica degli Stati Uniti stanno venendo fuori in maniera incontenibile. Io capisco che voi avete Berlusconi. Ma Trump è meno razionale di Berlusconi. Non manca molto per verificare le conseguenze di questa situazione. Chissà se finirà per essere la commedia più divertente di sempre oppure la più gigantesca tragedia ".

Lei potrebbe raccontare tutto questo?
"Non potrei mai fare un fumetto su una situazione che sembra già essere un fumetto. Spero solo che i generali che Trump ha messo al comando non gli permettano mai di usare la valigetta nucleare".

Ma Trump è stato votato. Sta dicendo che il vero problema è la democrazia?
"Negli Stati Uniti non abbiamo mai avuto una vera democrazia. Trump ha avuto tanti voti perché ha detto "guardatemi guardatemi" imponendo la propria immagine a un unico elettore: il maschio bianco. E forse la situazione sotto pressione che stiamo vivendo oggi è la punizione per avere avuto un presidente nero".

Quella che descrive è una situazione senza speranza.
"Descrivo una nazione senza educazione. L'educazione da noi non è mai stata così raffinata come in Europa e questo perché negli Stati Uniti per essere buona deve essere pagata. Le ultime generazioni sono state diseducate. Tanto per fare un esempio: Françoise ed io abbiamo un'enorme difficoltà a spiegare a voi europei come mai da noi ci siano tanti cittadini che dicono "lasciateci stare!, non vogliamo la vostra schifosa assistenza sanitaria!"".

Non si può fare a meno di chiederle se, in una situazione così compromessa, l'arte possa fare qualcosa.
"L'arte visuale due poteri ce l'ha: quello dell'essenzialità e quello dell'immediatezza. Una volta che l'hai vista la capisci, superando le difese che il nostro cervello mette in atto. I fumetti sono così potenti perché ripropongono le modalità di lavoro del nostro cervello. La neuroscienza ci fa sapere che noi vediamo le cose attraverso continui flash, proprio come nei fumetti. ( Si rivolge alla moglie) Françoise, mi dai una mano per spiegarmi meglio?".

Lei risponde: "Certo. Nel mio lavoro al New Yorker è molto importante mettere insieme e far collaborare scrittori e creatori di immagini. Per noi un editoriale, un reportage non può non essere accompagnato da un'immagine realizzata appositamente. E insieme lavoriamo molto sui simboli e sui cliché che rappresentano un efficacissimo vocabolario. Così in un'immagine possiamo raccontare Trump e il Ku Klux Klan, oppure il tornado in Florida. La copertina del nostro settimanale (che è nato nel 1925) ha molto a che fare con il cinema muto. E infatti è senza parole".

Françoise, lei con sua figlia Nadja Spiegelman ha realizzato due numeri di "Resist!", due libri con immagini di vecchie e nuove firme del fumetti che invita, appunto, a resistere alla normalizzazione del fascismo. Sembra la reazione a uno shock subito.
"Proprio così, non è stata una risposta razionale. Non era possibile dopo l'elezione di Trump. Che, lo vorrei sottolineare, non ha affatto vinto le elezioni. Per protestare con alcune amiche abbiamo deciso di andare a Washington a gennaio per la festa di Trump. Anche perché ci sentivamo derubate della prima presidente donna. Non potevamo neanche immaginare quello che è accaduto: Trump è un'aberrazione, un candidato impossibile.

La raccolta delle opere è stata organizzata su internet.
"Sì, e infatti abbiamo ricevuto migliaia di disegni di persone di ogni età. Anche da dilettanti che volevano manifestare la loro rabbia. Ne abbiamo scelti cento per la versione a stampa sia per il numero di gennaio che per il successivo, quello per la festa del 4 luglio. Abbiamo raccolto fondi per stampare 58mila copie che sono state distribuite gratuitamente. E gratuitamente si dice free, libero. Così li abbiamo distribuite dicendo: free, free, proprio come la nostra nazione si dice che sia".