Dai tunnel e dai bunker, scavati nel ventre della Striscia di Gaza, è uscito l’uomo che promette una guerra perpetua contro Israele. È stato scelto dal Comitato esecutivo di Hamas, un’oscura istanza i cui membri sono naturalmente segreti, la scorsa notte dopo una votazione a maggioranza. In sostituzione di Ismail Hanyeh, che sarà nominato da queste stesse consultazioni segretario generale al posto di Khaled Meshaal e dovrà vivere all’estero, così come si conviene al leader supremo. I boss del movimento islamista che controlla Gaza da dieci anni hanno scelto un comandante militare di alto profilo, il cui nome viene pronunciato da tutti i gazawi con un misto di rispetto e timore, si chiama Yahya Sinwar. Una delle figure della linea più dura del gruppo dirigente islamista che indica il crescente potere dell’ala militare di Hamas a spese della sua ala politica nella Striscia di Gaza. Prima di finire nelle galere israeliane per 22 anni per omicidio, Sinwar è stato uno dei fondatori delle Brigate Ezzedin al Qassam insieme al fratello Mohammed.
Il volto cadente, occhi sempre ombrati ma mobilissimi e una voce tagliente, Yahya Sinwar non ha il volto rassicurante dell’uomo che ha superato la mezza età. È tornato nella sua casa di famiglia a Khan Younis, che si trova a metà della Striscia, nel 2011 quando Israele liberò un migliaio di prigionieri palestinesi in cambio del rilascio del soldato Gilad Shalit, che era stato rapito 5 anni prima. Una trattativa estenuante con Israele, condotta per anni grazie ai buoni uffici del Bnd, lo spionaggio esterno tedesco, e nella quale fu coinvolto direttamente suo fratello Mohammed. Yahya all’epoca era in un carcere di massima sicurezza israeliano dove stava scontando 4 ergastoli per una serie di reati gravi tra cui l’organizzazione del rapimento e dell’uccisione di due soldati israeliani.
In questi sei anni Sinwar ha consolidato il suo potere personale. Fa parte di una famiglia di militanti di Hamas, è stato parte integrante dell’ala militare, è duro, spietato, ascetico, con un forte senso di autodisciplina. Detesta la stampa ed è quindi relativamente sconosciuto fuori dalla Striscia. Si è abilmente ritagliato un ruolo che prima non esisteva dentro Hamas, quello di «ministro della Difesa», di raccordo tra l’ala militare e quella politica. Riuscendo in questo modo a eclissare altri «pezzi da 90» del movimento come Mohammed Deif (il comandante delle Brigate) e Marwan Issa (il vice di Deif). Diversamente da tutti gli altri dirigenti di Hamas ha sempre trattato da pari a pari con Khaled Meshaal e Ismail Haniyeh. Il suo potere, ancor prima dell’elezione della scorsa notte era molto ampio, un potere di vita o di morte. A Gaza i ben informati raccontano che sia lui dietro l’uccisione senza precedenti di un «emiro» (la Striscia è divisa militarmente da Hamas in quattro zone, ciascuna delle quali è sotto il controllo di un emiro), da parte di un commando armato e mascherato. L’eliminazione di una spia come si dice o uno scomodo oppositore nella lotta interna? Qui, a Hamastan, nessuno ha posto domande. Nel mese di settembre 2015, Sinwar è stato aggiunto alla lista nera del terrorismo degli Stati Uniti insieme ad altri due membri del braccio armato di Hamas. Fra l’altro ha fondato «Majd», uno dei numerosi servizi di intelligence di Hamas nella Striscia.
La risposta a quale direzione Hamas prenderà con il suo nuovo leader nella Striscia la sapremo presto. Se Mohammed Deif è stato lo stratega dei tunnel d’attacco che furono la sorpresa militare nella guerra del 2014, Sinwar sembra incoraggiare un’altra strategia, quella di intraprendere altri rapimenti di soldati israeliani per ottenere la liberazione di altri prigionieri palestinesi.
Lo spionaggio israeliano lo conosce bene e il profilo che ne ha ricavato non suggerisce nulla di tranquillizzante per il futuro, è considerato un falco anche all’interno di Hamas, e si oppone a qualsiasi compromesso per quanto riguarda l’Autorità palestinese e Israele. «È stato scelto un uomo molto, molto pericoloso», spiega una fonte dell’intelligence, «un radicale estremista, odia l’Egitto e vuole la distruzione di Israele. Con lui, l’orologio della guerra si avvicina alla mezzanotte».
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