Alla fine del suo testamento, Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, morto il 30 settembre, aveva scritto: «Ove mai qualcuno dovesse pretendere integrazioni a quanto ricevuto (ma così non sarà) tali pretese dovranno riferirsi in via preventiva a quanto disposto con il presente testamento. Auspico che non ci siano ulteriori contrasti e pretese».
E invece gli scontri in famiglia continuano. Giuseppe e Violetta, i figli maggiori dell’imprenditore, ai loro avvocati, degli studi legali Casati e Bonelli Erede, hanno affidato il compito di completare il lavoro di «mappatura» dell’eredità del padre, e il testamento potrebbe essere impugnato, se la barca, i quadri e gli immobili donati da Caprotti prima di scrivere il testamento - un patrimonio di centinaia di milioni – andassero a ledere la quota di eredità legittima che spetta per legge ai figli.
Sul piatto della bilancia le due società escluse dal testamento, la Dom 2000, immobiliare proprietaria di una dozzina di edifici quasi tutti affittati a Esselunga, e la Edilizia del Lauro srl, che controlla la residenza di famiglia, lo storico palazzo milanese di via del Lauro 4.
E anche i circa 30 milioni che, negli ultimi 10 anni, ha ricevuto, fra dividendi, interessi ed emolumenti per la carica, Giuliana Albera, seconda moglie di Caprotti e amministratrice unica della Dom 2000. Secondo i legali di Giuseppe e Violetta, i ricavi della società sarebbero sottostimati.
E così anche il valore dell’edificio della Esselunga di via Solari a Milano, valutato prudenzialmente 35 milioni, e quello del palazzo storico di famiglia, 16 milioni.
Una cifra che dovrebbe essere rivalutata perché, come scrive La Repubblica, nel 2015 solo per l’aria condizionata della residenza, ampia migliaia di metri quadrati, sono stati spesi 65 mila euro e per l’abbonamento alla tv satellitare 15 mila. «Più del personale», che costa 76 mila euro, inclusi il Tfr e gli oneri sociali.