Milano, 13 gennaio 2017 - 22:18

Patteggia per il Mose, la licenziano
Giudici: «Va risarcita con 1,3 milioni»

L’ingegner Brotto, braccio destro di Giovanni Mazzacurati all’epoca della grande corruttela del Consorzio Venezia Nuova e del Mose, risarcita con oltre un milione e trecento mila euro: «Bene, ma ora chi mi restituisce l’immagine?»

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Indagata, arrestata, punita con due anni e mezzo di reclusione per corruzione e 600 mila euro di confisca da lei stessa patteggiati e per questo licenziata, l’irriducibile Maria Brotto aveva tentato l’impossibile: una causa al giudice del lavoro di Venezia. Sembrava l’ultimo, disperato colpo di coda della decaduta ingegnera di 53 anni che fu potente braccio destro di Giovanni Mazzacurati all’epoca della grande corruttela del Consorzio Venezia Nuova (Cvn) e del Mose. E invece quel magistrato le ha dato ragione riconoscendole un indennizzo di oltre un milione e trecento mila euro. Il motivo? «Non doveva essere licenziata», conclude il giudice veneziano Anna Menegazzo spiazzando tutti: «Nonostante la sentenza di patteggiamento, in questa sede non può dirsi provata la corruzione che è stata posta alla base del suo licenziamento».

Civile e penale

Il risultato è grottesco e paradossale: da una parte la giustizia penale «condanna» e toglie, dall’altra quella civile premia e dà. Per la prima, Brotto deve versare 600 mila euro in quanto partecipe di un sistema di mazzette; per la seconda ha diritto ad averne più del doppio perché le mazzette non sono state provate dal datore di lavoro che l’ha licenziata in tronco. Dietro c’è sempre lo Stato. Che prima incassa e poi versa attraverso il Consorzio Venezia Nuova. Il quale sarà anche formato da aziende private ma lavora con soldi pubblici ed è concessionario governativo per le opere di salvaguardia di Venezia, Mose su tutte. In questo momento, peraltro, il volto pubblico del colosso imprenditoriale lagunare è più visibile, considerato che la gestione è affidata a tre amministratori straordinari nominati dal ministero.

Patteggiamenti

Comunque sia, il caso Brotto solleva la questione dei patteggiamenti e di una giustizia a due pesi e due misure. Con un saldo ora nettamente a favore dell’ex vice direttrice tecnica del Consorzio. Dovrà avere 1.359.000 euro, il prezzo dell’«illegittimo licenziamento»: dodici mensilità per il mancato preavviso più altre venti a titolo di indennità supplementare. E siccome la busta paga dell’ingegnera non era esattamente quella di un operaio, 27 mila euro lordi al mese, la cifra si fa importante. Per la gioia della parte in causa e del suo avvocato, Maria Luisa Miazzi. «Questa sentenza mi rincuora ma solo Dio sa cosa ho passato — commenta Brotto al telefono —. I soldi? Quelli del patteggiamento li ho già pagati, questi chissà se mai li vedrò. Ma al di là del quantum, chi mi restituisce l’immagine? Mia madre che non c’è più, i miei figli…». L’avvocato Miazzi la sintetizza così: «Il Consorzio ha detto: ti licenziamo perché hai patteggiato e dunque hai ammesso le tue responsabilità. Noi abbiamo replicato che il patteggiamento non è un’ammissione di responsabilità». Domanda: perché ha patteggiato? «Ero agli arresti domiciliari e non potevo permettermi il lusso di rimanere a casa di mia madre, malata terminale».

Le intercettazioni

La sentenza del giudice del lavoro, che si è spinta nel merito dell’accusa di corruzione ritenendola infondata, ha infastidito la Procura di Venezia. Che ricorda le imputazioni, corroborate da intercettazioni e testimonianze, in particolare di Piergiorgio Baita: ha fatto da tramite per un bonifico di 500 mila euro in nero su un conto svizzero a favore del Magistrato alle acque Patrizio Cuccioletta; predisponeva e formava un’infinità di atti per conto del Magistrato alle acque in una commistione illecita di ruoli controllore-controllato. «Baita è stato contraddetto da fonti più obiettive», ha puntualizzato Menegazzo. «È un supertestimone attendibilissimo», replicano in Procura. Insomma, lo scontro c’è e nello scontro si inserisce il Consorzio Venezia Nuova che ha annunciato ricorso in appello. Mentre Maria Brotto, oggi disoccupata, torna a sognare: «Vorrei finire il Mose».

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