Milano, 30 dicembre 2016 - 08:38

Il Tar boccia lo «sgabuzzino»
per le unioni civili

Succede a Stezzano, nella Bergamasca, dove la delibera è stata annullata. Condannata l’amministrazione leghista. «No al sindaco obiettore»

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Un Comune non può celebrare i matrimoni nel salone degli affreschi e fare le nozze civili in un ufficio qualsiasi, tra faldoni e scrivanie. Sarebbe una discriminazione. Così spiega il Tar di Brescia con una sentenza che si schiera contro il Comune di Stezzano, nella Bergamasca, e lo condanna anche a pagare le spese, circa 6 mila euro, alla coppia che ha fatto ricorso.

Il caso è scoppiato un paio di mesi fa quando due uomini, conviventi e residenti da anni a Stezzano, si sono rivolti ai giudici amministrativi per poter utilizzare la sala comunale dei matrimoni per la celebrazione della propria unione civile. Qualche giorno prima, uno dei due era andato in municipio per sapere quali documenti servissero per la cerimonia. In quell’occasione aveva saputo da un’impiegata che la giunta aveva da poco firmato una delibera per disporre che le unioni civili fossero celebrate in una sala adiacente all’anagrafe. Una stanza angusta e indecorosa, secondo l’uomo. Uno sgabuzzino diverso dalla sala di rappresentanza riservata ai matrimoni civili. Così la coppia ha chiesto e ottenuto l’annullamento della delibera. Il Tar si richiama alla legge Cirinnà, quella sulle unioni civili, quando dice che «le disposizioni che si riferiscono al matrimonio, ovunque ricorrono nelle leggi e negli atti amministrativi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile». Non vale fare differenze.

Più volte sui giornali il sindaco leghista di Stezzano, Elena Poma — ieri contattata a più riprese, ma non ha mai risposto — ha difeso la scelta di celebrare le unioni civili in un ufficio e non nella sala per i matrimoni. Davanti al Tar, il Comune ha invece spiegato che la delibera è stata equivocata e non si applica solo alle unioni civili, ma anche ai matrimoni. Significa che, secondo il Comune, anche le nozze avrebbero potuto essere celebrate nello sgabuzzino accanto all’anagrafe.

La delibera della giunta prevede pure che le unioni civili siano celebrate dai consiglieri comunali disponibili oppure da un dipendente delegato. Il Tar contesta anche questo passaggio: dice che la giunta di Stezzano individua a priori i soggetti abilitati alle celebrazioni. E tra questi non c’è il sindaco. Ma questa preventiva (auto)esclusione del sindaco, scrive il Tar, costituisce un’obiezione di coscienza non prevista dalla Cirinnà e anche un tentativo di aggirare la volontà del Parlamento.

C’è poi il capitolo delle spese: i giudici condannano il Comune a pagare circa 6 mila euro alla coppia. «Di solito, in casi del genere, il Tar compensa le spese oppure indica cifre simboliche — dice Massimo Giavazzi che difende la coppia insieme a Stefano Chinotti e Vincenzo Miri —. Con questa scelta, secondo me si vuole sottolineare la condotta ingiustificata dell’ente pubblico». Per il Tar, il regolamento comunale per i matrimoni deve valere pure per le unioni civili. Dopo la sentenza, esulta Arcigay Bergamo Cives: «Prima dell’ultimo consiglio comunale — dice il presidente Marco Arlati — avevo chiesto al sindaco Poma se avesse intenzione di usare i soldi dei cittadini per pagare le spese legali, nel caso il Tar avesse dato torto al Comune. Si è limitata a darmi del maleducato e non mi ha risposto».

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