Milano, 29 dicembre 2016 - 22:03

La sfida sui botti tra sindaci e prefetti
Caos sulle regole per il Capodanno

Parere del Viminale: non decidono i Comuni. Enzo Bianco: ma io penso alle vittime

shadow

Chiamiamolo pure il federalismo dei botti. Chissà se vivete in una città dove tutto è consentito, girandole, razzi e quant’altro; o al contrario dove tutto è bandito. Oppure dove è vietato solo qualcosa e in qualche zona particolare. Benvenuti nel caos dei fuochi di Capodanno. Come sa bene la giunta Raggi, prima vittima (per fortuna metaforicamente, perché purtroppo si può davvero perdere la vita per fare festa) di regole che sono chiare fino a un certo punto. Sicuramente non applicate ovunque allo stesso modo.

Oltre il caso Roma

Per capire chi ha ragione e per esempio che poteri (e limiti) hanno i primi cittadini, partiamo proprio dalla Capitale. Il divieto imposto dalla sindaca è stato sospeso dal Tar perché «non appare sorretto da una sufficiente motivazione, tenuto in particolare conto che trattasi di un’ordinanza contingibile e urgente che inibisce l’uso di qualsivoglia tipologia di materiale esplodente, per giunta sull’intero territorio comunale». In sintesi: decisione affrettata e troppo estesa. Ma non c’è solo Roma. Da Venezia e Catania, è lunghissima la lista di sindaci che impediranno di salutare il nuovo anno con boati e fiammate. Per tutelare monumenti, o l’incolumità di cittadini e animali. Possono farlo? Secondo la Prefettura di Rovigo, no. A tempo debito ha chiesto un parere al Viminale, il quale ha risposto il 9 dicembre. Spiegando non solo che un sindaco può solo adottare ordinanze «contingibili e urgenti». Ma soprattutto che «l’uso dei fuochi pirotecnici è un accadimento che si verifica ogni anno durante le festività natalizie, pertanto non è una circostanza che si pone fuori dall’ordinato e prevedibile svolgersi degli eventi».

I ricorsi di produttori e venditori

Tutto chiaro? Al contrario. Perché le altre prefetture non avrebbero ricevuto il parere, lasciando così mano libera ai sindaci di regolarsi come più ritengono opportuno. Un potere che Enzo Bianco, sindaco di Catania ed ex ministro dell’Interno, rivendica con forza. «Vorrei far vedere ai funzionari che obbediscono a un approccio burocratico la fila di persone ai Pronto soccorso la notte di Capodanno, ustionate o bruciate». Anche Bianco ha vietato su tutto il territorio comunale i botti, con multe fino a 500 euro. «Ritengo che non sia un diritto ma un dovere del sindaco tutelare la sicurezza urbana in presenza di un rischio serio, soprattutto nelle città del Meridione». Ci sono poi i produttori e i venditori di fuochi e affini, che combattono la loro battaglia a colpi di ricorsi. A Roma è andata bene. L’avvocato Marcello Giuseppe Feola ha seguito il fascicolo per conto dell’Associazione pirotecnica italiana e, incassata questa prima vittoria, si mostra dialogante. «I divieti vanno anche bene, purché siano ragionevoli e proporzionati. Ciò che è sbagliato è criminalizzare una categoria che già rispetta leggi e autorizzazioni».

La scelta «morbida»

A Livorno, il sindaco Filippo Nogarin, Movimento 5 Stelle, ha sposato la linea del divieto «morbido». «Nessuna misura tranchant, ma buon senso. Niente botti solo in alcune zone sensibili e l’inizio di un dialogo anche con gli armieri per creare una maggiore consapevolezza». Intanto invita tutti per San Silvestro alla Terrazza Mascagni. «I fuochi ci saranno. Di fronte c’è il mare, nessun rischio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT