Mister No

Manaus!

La sesta tappa di "Sul Fiume Grande con Mister No" ci porta dritti nella "patria" d'adozione del nostro Eroe, il luogo dal quale hanno inizio tutte le sue avventure.

06/01/2017

Sul Fiume Grande con Mister No - sesta puntata

MANAUS

A Manaus ci sono arrivato per la prima volta verso l'inizio degli anni '50.

Manaus negli anni '50 era una città sonnacchiosa, umida e fatiscente. Proprio il posto che cercavo!

Conoscevo quella città nel cuore della foresta amazzonica attraverso le parole di un amico che ha un'agenzia di viaggi a New York. Me l'aveva dipinta come il posto più noioso del mondo, il più lontano dalle comodità della vita moderna, e anche uno dei più difficili da raggiungere, molto al di fuori dei percorsi turistici più battuti. Insomma, per dirla tutta, le aveva fatto una pessima pubblicità. E proprio per questo mi aveva convinto ad andarci!

Io mi ero sparato tutti e cinque gli anni di guerra in giro per il mondo, dall'Asia al Pacifico all'Europa. Ed erano stati tutt'altro che pacifici anche i cinque anni successivi passati a zonzo per gli Stati Uniti, con una scappata in Italia. Cercavo un posto tranquillo, fuori dal mondo e da tutte le sue grane, dove potermi leccare in pace le ferite. Soprattutto quelle che non si vedono. E questa Manaus mi sembrava la meta ideale.
Ci arrivai a bordo di un piper di seconda mano acquistato a Belèm, in compagnia del nuovo amico tedesco conosciuto a Sao Luis do Maranao, con cui avevo fatto una piccola guerra: Otto Wolfgang Kruger, subito ribattezzato "Esse-esse" dagli abitanti di Manaus, che hanno una passione per i soprannomi. Io mi portavo dietro il mio fin dagli inizi della guerra: "Mister No" piacque subito ai brasiliani, anche se molti di loro non credevano che me lo avesse appioppato un giapponese quasi dieci anni prima, e preferivano pensare che me lo fossi guadagnato nella guerra di Corea, allora molto d'attualità.


La sonnecchiosa Manaus degli anni '50, in una vignetta di Roberto Diso


Manaus, i primi tempi, era proprio come me l'aveva descritta il mio amico agente di viaggio: una città sonnacchiosa, umida e fatiscente. I battelli da Belèm arrivavano con settimane di ritardo, l'aeroporto dove avevo parcheggiato il mio piper era una striscia d'asfalto al limitare della selva e sembrava abbandonato come la pista d'aviazione di una guerra ormai finita. Io passavo le mie giornate visitando le numerose bettole della città, dove bevevo cachaca e un pessimo whisky locale chiamato Folha de Ouro, attaccando briga con gentaglia più sbronza di me e spassandomela con certe meravigliose garotas che provavano simpatia verso un gringo squattrinato e scombinato. La prima Manaus che ho conosciuto era proprio il posto che cercavo. Non la meta ideale per il turismo, e neppure il luogo di lavoro adatto per un pilota che con i turisti voleva guadagnarsi da vivere.
Poi hanno cominciato ad arrivare un po' di clienti per il mio piper: ingegneri minerari che in realtà erano ladri di diamanti, figli alla ricerca del padre in zone popolate da tribù selvagge, sedicenti turisti che progettavano rapimenti oppure omicidi, o anche più semplicemente di pagarmi il viaggio con dollari falsi... E ancora cangaceiros, pirati fluviali, gangster e guerriglieri... Insomma, Manaus non era proprio il posto pacifico che stavo cercando. Eppure ci sono rimasto per... beh, per diversi decenni, fulminacci! E ci sono sempre tornato, dopo i miei viaggi in Brasile e in tutto il sud America, dal Messico alla Patagonia, ma anche dal Polo Sud, dall'Africa, dall'Europa, dall'Asia, dall'Australia. Per un certo periodo ho vissuto di nuovo a New York, verso l'inizio dei '60, e oltre un decennio dopo mi sono stabilito per un po' a Rurrenabaque, in Colombia. Ma alla fine sono sempre ritornato a Manaus, che è diventata la mia vera casa.


Una delle attrazioni cittadine, cliccate sull'immagine per visualizzare la tavola con le altre (disegno di Roberto Diso)


I miei punti di riferimento in città erano l'aeroporto, che ho visto crescere nel corso degli anni, e il grande porto sul Rio delle Amazzoni. Fra le numerose bettole di Manaus, la mia preferita era quella di Paulo Adolfo, un vero amico che mi ha sempre fatto credito non solo di denaro. Spesso lo tradivo per il bar dell'hotel Amazonas, il miglior albergo della città, dove potevo trovare un whisky meno scadente della media locale, e qualche turista in visita nella cosiddetta "Parigi dell'Amazzonia".
A voi come a loro potrei parlare delle attrazioni cittadine: il Teatro dell'Opera, costruito quando Manaus era la capitale mondiale della produzione di gomma, e il quasi contemporaneo Mercato del pesce, la cui struttura in ferro ricorda quella delle Halles parigine. Oppure potrei accompagnarvi a visitare il porto galleggiante costruito dagli inglesi a inizio '900, e il quartiere di barche dove anch'io ho abitato per anni. Lo farò una delle prossime volte, promesso. Ma senza fretta.


Mister No e Esse-Esse interpretano lo spirito di Manaus, disegno di Giovanni Bruzzo


Siete arrivati a Manaus, amici. E questa è una delle città più pigre del mondo. Prendetevela comoda.

Arrivederci alla prossima settimana.

A cura di Luigi Mignacco

Le foto nella nostra gallery sono di Gabriele Croppi, seguite il suo diario di viaggio su slowing.co


Non perdetevi la rubrica che ogni venerdì, sul sito Sergio Bonelli Editore, proporrà i racconti di Mister No sul Fiume Grande e il diario del viaggio di Gabriele Croppi – Slowing.co –, arricchito dalle sue fotografie. Per voi lettori sarà possibile anche interagire con lui, sulla pagina Facebook di Mister No, rievocando le vostre pagine preferite delle avventure di Jerry Drake ambientate proprio nei luoghi dove Gabriele arriverà pochi giorni dopo, e magari chiedendogli di dare un'occhiata sul posto.

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