Milano, 7 gennaio 2017 - 23:56

Il dossier degli 007 su Trump e Putin
Il Cremlino: errori e nessuna prova

Un documento senza precedenti firmato da Cia, Fbi e Nsa, i servizi americani
Ma The Donald su Twitter: «Soltanto gli stupidi sono nemici della Russia»

Il presidente Russo Putin nel monastero di San Giorgio a Novgorod (Epa) Il presidente Russo Putin nel monastero di San Giorgio a Novgorod (Epa)
shadow

Ecco il capo d’accusa contro Vladimir Putin. Con un documento senza precedenti i tre principali servizi segreti del Paese, Cia, Fbi e Nsa, ricostruiscono l’offensiva «ordinata» dal presidente russo per «influenzare la campagna elettorale americana del 2016». Putin in persona dà il via libera ai «cyber attack» fin dalla primavera del 2015. Vuole destabilizzare gli Stati Uniti, alimentando lo scetticismo dei cittadini. Poi, a partire dal marzo del 2016, il presidente russo affina gli obiettivi: «Aiutare Donald Trump, screditando Hillary Clinton». Il fascicolo di 15 pagine diffuso l’altro ieri è la versione «declassificata» di un lavoro più complesso consegnato al presidente Barack Obama. I vertici dei servizi, però, l’altro giorno ne hanno parlato per circa due ore con Trump. I due, ieri, hanno reagito in modo opposto. Il vincitore del 9 novembre sbeffeggia su Twitter «la grossolana negligenza del partito democratico che ha lasciato campo aperto agli hacker». Trump rimarca poi che «non viene inficiato il risultato delle elezioni». E, infine, conferma l’apertura verso Mosca: «Solo gli “stupidi” non capiscono che avere buone relazioni con la Russia è una buona cosa». In un’intervista tv Obama replica: «Putin non gioca nella nostra squadra».

Il disegno dello Zar

L’ostilità di Putin verso l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton risale agli anni tra il 2011 e il 2012. Il leader del Cremlino è convinto che sia Hillary a «fomentare le proteste di massa contro il suo regime». Nel giugno 2016 Putin comincia a «rilasciare commenti pubblici» sulle elezioni Usa, «ma evita di indicare un’esplicita preferenza verso Trump, temendo che potesse diventare controproducente negli Stati Uniti». Cia, Fbi e Nsa descrivono l’affinità elettiva tra Vladimir e Donald: «Putin ha avuto esperienze positive lavorando con leader politici occidentali che avevano interessi d’affari in Russia, come l’ex primo ministro italiano Silvio Berlusconi e l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder». Per questo motivo Cia e Fbi ritengono che «sia altamente probabile», mentre per la Nsa è «moderatamente probabile», che Putin abbia cercato «di favorire l’elezione di Trump». Gli hacker russi, però, non hanno truccato il voto, manipolando le preferenze degli americani. La strategia era quella di «screditare» la candidata democratica.

L’attacco a Hillary

I pirati digitali penetrano nella rete del Comitato nazionale del partito democratico già nel luglio del 2015 e ci resteranno fino al giugno 2016. Le operazioni sono supervisionate dal Gru, il servizio segreto russo. Le mail trafugate sono quelle dei collaboratori più stretti di Hillary. I canali usati per «disseminare» su Internet le informazioni rubate sono tre: Guccifer 2.0, un soggetto che si dichiara un hacker indipendente rumeno, ma che sarebbe invece un russo; il sito DCLeaks.com e, soprattutto, WikiLeaks, la piattaforma fondata da Julian Assange. Il materiale, però, e questo il report non lo dice, viene ripreso da tutti i media del mondo. Le mail svelano i legami di Hillary Clinton con i finanzieri di Wall Street; i rapporti ambigui della Fondazione di famiglia con Paesi come l’Arabia Saudita; le manovre contro Sanders.

La propaganda multimediale

Gli agenti di Putin mettono in campo più strumenti «per alimentare lo scontento negli Stati Uniti». Un allegato descrive l’attività dell’emittente tv RT America, «canale finanziato direttamente dal Cremlino» e diretto da Margarita Simonyan, ex capo della campagna di Putin nel 2012. Sul web operano blogger fiancheggiatori e provocatori, i «troll». «Mosca proverà a condizionare anche le elezioni nei Paesi alleati degli Usa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT