Milano, 29 dicembre 2016 - 13:15

Siria, entrato in vigore il cessate
il fuoco in tutto il Paese

In vigore a mezzanotte. Firmato anche l’impegno a iniziare presto i negoziati per la pace. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr) si sarebbero verificati degli scontri poco dopo l'entrata in vigore del provvedimento

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È entrato in vigore alla mezzanotte locale del 29 dicembre (le 23 in Italia) il cessate il fuoco in Siria tra il regime e l’opposizione. La tregua è stata siglata da Russia e Turchia e accettata sia dall’esercito siriano che dalle fazioni ribelli. Secondo il leader russo, sia il governo di Damasco sia l’opposizione si sono dette anche pronte ad avviare colloqui di pace dopo che Mosca, Ankara e Teheran hanno espresso la propria disponibilità a mediare un accordo per risolvere il conflitto che devasta il Paese da più di sei anni. Poco più di due ore dopo l'entrata in vigore del provvedimento, però, sono stati segnalati alcuni scontri dall'Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr). Secondo l'ufficio di monitoraggio, i ribelli avrebbero violato la tregua e conquistato una posizione nella provincia di Hama. Un gruppo ribelle ha invece accusato il governo di aver bombardato aree dei villaggi di Atshan e Skeik nella provincia di Idlib, che confina con quella di Hama.

I termini per la firma della tregua

L’esercito siriano, annunciando la tregua, aveva specificato che il cessate il fuoco escludeva le due «organizzazioni terroristiche» Stato islamico e Fronte della conquista del Levante (ex Fronte Nusra, che era la branca siriana di al-Qaeda) e i gruppi legati a questi. La nota, diffusa dall’agenzia di notizie siriana Sana, spiega che l’accordo «ha come obiettivo preparare una situazione adeguata per appoggiare una soluzione politica alla crisi del Paese». E in serata, anche il presidente Bashar al Assad aveva garantito il sostegno di Damasco al cessate il fuoco dicendosi favorevole a una «soluzione politica». Dal canto suo, il Comitato supremo per i negoziati (Csn), principale alleanza dell’opposizione, aveva accettato la tregua chiedendo però che sia «globale e non parziale». La cessazione delle ostilità «è un’applicazione della risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza dell’Onu del dicembre 2015». Inoltre, era stato ribadito che la tregua doveva essere accompagnata «dallo stop all’assedio delle città, dalla liberazione dei prigionieri politici e dall’ingresso di aiuti umanitari».

I negoziati di pace

Un secondo documento ha attestato, poi, la disponibilità delle parti a iniziare negoziati di pace, in Kazakhstan (nella capitale Astana), presumibilmente a un mese dall’entrata in vigore della tregua, se rispettata. I colloqui potrebbero essere convocati quindi per la fine di gennaio e vedranno coinvolti anche Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Giordania, Turchia e Iraq, così come illustrato dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. D’altro canto le stesse Turchia e Russia appoggiano la tregua «in qualità di garanti» e «monitoreranno il rispetto degli accordi», come chiarito dalla terza firma che ha riguardato la definizione delle misure con cui verrà monitorata la tregua.


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