Milano, 4 gennaio 2017 - 23:06

In Georgia per le cure: gli italiani
truffati dal metodo Stamina

Dopo lo stop anche del governo georgiano al metodo di Davide Vannoni, arrivano le prime denunce di pazienti italiani che si erano sobbarcati viaggi e costi per le infusioni con la promessa «soddisfatti o rimborsati»

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Convinti, in Italia, a spostarsi in Georgia per sottoporsi a “cure” con le cellule staminali. Costretti a spendere decine di migliaia di euro per le infusioni e il ricovero nel Mardaleishvili medical center di Tbilisi. Cifre a cui si sommano i prezzi dei viaggi in aereo e i pernottamenti dei familiari accompagnatori, ospiti di lunghi soggiorni in alberghi in loco. Sacrifici costosi per risultati “zero”. Dopo lo “stop” dell’attività di Stamina decretata dal governo georgiano, si aggrava la posizione di Davide Vannoni, già indagato dalla procura di Torino da settembre per le sue sperimentazioni all’estero considerate illegali. Nei giorni scorsi sono arrivate sulla scrivania del procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo e del sostituto Alessandro Aghemo le prime denunce di malati italiani.

Le promesse

Sostengono di essere stati truffati da Vannoni, di aver subito “terapie” in Georgia senza alcun miglioramento e con notevole dispendio di denaro. Il “guru” delle staminali aveva offerto ai suoi clienti offerte con sconti proporzionali al numero di sedute. Diciottomila euro per tre infusioni, 27mila euro per cinque trattamenti. “Soddisfatti o rimborsati”, la promessa prospettata a persone colpite da gravi e incurabili malattie degenerative, come la Sla e il morbo di Parkinson,disposte a tentare l’ultima carta e a spendere i risparmi di una vita pur di provare a condurre un’esistenza più dignitosa. Un ragionamento che qualsiasi persona malata farebbe, non avendo nulla da perdere. E che hanno fatto in molti. Perché sono decine gli italiani – si stima 60 - che nei mesi scorsi, nonostante la condanna di Vannoni – la pena era stata patteggiata – a un anno e dieci e mesi e nonostante il divieto di operare nel nostro Paese, si erano fidate del professore laureato in scienze della comunicazione. I primi malumori erano nati quando un paziente deluso, Andrea Zicchieri, aveva scritto pubblicamente a Vannoni sulla sua pagina Facebook. «Fatica, umiliazione e presa per il c...che ho dovuto sopportare.sia io che la mia famiglia tutta, in quanto risultati non ce ne sono, altrimenti si sarebbero saputi...tu mi hai sempre detto che funziona, non diciamo stupidaggini».

La procura di Torino aveva aperto un fascicolo, contestando il fatto che se Vannoni “adescava” i suoi pazienti in Italia, la competenza territoriale sarebbe nel nostro Stato. I Nas avevano poi acquisito un servizio andato in onda sul Tg di La7, in cui un ex collaboratore georgiano di Vannoni spiegava che il professore «promette il rimborso della terapia se non funziona e ha trovato il modo qui in Georgia per non pagare l’Iva». Nel fascicolo si sono accumulate le trascrizioni di conversazioni avvenute su chat private tra pazienti delusi. Scriveva una donna: «Vannoni ci ha detto quello che volevamo sentirci dire...andando in televisione a denunciare Vannoni ci diranno pure che siamo dei fessi vista quella che è stata la storia di Stamina in Italia…». E ancora. «Penso anche a chi ha fatto il carotaggio investendo soldi che non aveva...ed aspetta con ansia di fare le infusioni…». Un lombardo segnalava: «Mia moglie è paziente di Brescia, ha fatto più di sette infusioni, non ha avuto benefici non c’è differenza tra Italia e Georgia». Nell’indagine sono confluite anche le proteste scritte direttamente a Vannoni. Come questa testimonianza: «Mi sono umiliato...in giro con la carrozzina, sopportare tutto quello che mi è successo con l’albergo, l’aeroporto in Grecia...mia sorella e mio cognato hanno dovuto lasciare la loro attività...per farmi prendere in giro e in più spendere soldi e vedere gente disperata che viene da te». Ad agosto, sul profilo Facebook di Vannoni, era stata persino lanciata l’idea di una colletta. Alcuni malati avevano chiesto un aiuto per sopperire alle spese sempre più esose delle trasferte. A dicembre, la Georgia ha imposto lo “stop” alle cure, spinto dall’indagine di Torino. E adesso, con l’arrivo delle denunce dei malati – per ora meno di una decina – Vannoni rischia un nuovo processo, il pagamento di risarcimento e anche il venire meno del presupposto del suo patteggiamento, ovvero l’impegno a non praticare più l’attività. «Ma nulla era stato detto per l’estero», aveva chiarito il suo legale, l’avvocato Pasquale Scrivo, che non ha mai smesso di spiegare: «Se uno va ad Amsterdam e apre un coffee shop, può farlo. Vannoni nei paesi in cui era permesso poteva fare ciò che voleva con le staminali».

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