Colloquio garbato e, come dice il difensore Franco Coppi, «sereno». Ma anche corposo. L’interrogatorio di Luca Lotti è durato oltre un’ora e mezzo, laddove al generale Tullio Del Sette è bastato un quarto d’ora per spiegare la sua posizione e negare ogni responsabilità. Stessa inchiesta e stessa ipotesi di reato — rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento — ma il ministro dello Sport del governo Gentiloni rimane più a lungo a colloquio con il pubblico ministero Mario Palazzi, titolare dell’inchiesta-stralcio sulla Consip, segno che la sua testimonianza è ritenuta cruciale dagli investigatori.
All’uscita, Coppi si dice soddisfatto perché il ministro ha «negato qualsiasi responsabilità fornendo anche dei riscontri al magistrato», mentre lo stesso Lotti non nasconde che potrebbe affidare a Facebook una sua versione (lo ha già fatto anticipando l’intenzione di presentarsi ai magistrati). Il cuore dell’inchiesta è a Napoli, riguarda Consip, la maggiore stazione appaltante controllata dal ministero dell’Economia, e vede indagati per corruzione gli imprenditori Alfredo Romeo e Carlo Russo, e il funzionario della società Marco Gasparri. Gli accertamenti degli investigatori, stando ai pm, sarebbero stati interrotti dalla bonifica delle microspie negli stessi uffici Consip di Roma. E proprio la questione della bonifica è al centro delle verifiche che chiamano in causa oltre a Lotti anche il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette e il comandante Emanuele Saltalamacchia, accusati di aver rivelato l’esistenza dell’inchiesta ai vertici della società pubblica.
È il Fatto Quotidiano a scrivere dell’inchiesta a Napoli sugli appalti Consip e del suo retroscena, vale a dire i movimenti in corso da parte del Pd e del governo per intercettare notizie. È fine novembre, la partita referendaria è ancora aperta: l’esistenza di un’indagine potrebbe influire sul risultato. Da qui — è l’ipotesi investigativa — una serie di contromisure per conoscere in anticipo le mosse dei pm. Le informazioni intanto circolano e l’amministratore delegato di Consip Luigi Marroni ordina una bonifica degli uffici. In seguito, ai magistrati di Napoli che lo interrogano, dirà di aver saputo delle microspie proprio da Lotti, Del Sette e Saltalamacchia. Lotti nel suo interrogatorio di ieri lo ha sconfessato, dicendo di non aver mai saputo nulla di un’indagine su Consip e soprattutto di aver visto Marroni due volte in tutto. Intanto spunta il nome di Matteo Renzi. Il segretario del Pd avrebbe saputo a sua volta dell’inchiesta: così ha rivelato Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua e imprenditore fra i più vicini allo stesso Renzi e al papà Tiziano. È probabile che ieri, durante quell’ora e mezzo di colloquio fra Lotti e il pm, si sia parlato anche di questo.