Milano, 3 gennaio 2017 - 23:20

I sogni di Sandrine, morta nella doccia. «Voleva fare la parrucchiera»

Sarà riportata in Costa d’Avorio, dove ha un figlio di 8 anni. Il marito: guardava avanti

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Sembrava davvero a portata di mano, il paradiso. Dopo mesi di viaggio da Abidjan al Mali e dal Niger alla Libia, dopo settimane difficili in una stanzetta di Sabratha in attesa del barcone che, per mille euro in due, li traghettasse verso la Sicilia, non proprio fino alle coste italiane, ma almeno alla giusta distanza di una nave della Guardia Costiera, mancavano gli ultimi trecento chilometri. Dal Centro di prima accoglienza di Conetta, una frazione di Cona, non lontano da Chioggia, fino a Milano: «Sandrine aveva imparato a fare la parrucchiera, in Costa d’Avorio — racconta il marito, Mohamed, 31 anni, infagottato nel giubbotto “Boy Denim” che sembra l’uniforme di tutti i migranti maschi alloggiati nel centro —. Era il suo sogno: aprire un negozio a Milano. Era sicura che ce l’avrebbe fatta. Non l’ho mai vista perdersi d’animo un solo momento in questi mesi. Milano, un negozio tutto suo, e un lavoro nell’informatica per me. Non chiedeva altro».

L’ultimo desiderio di Sandrine

Non avrà nulla di tutto questo. Non più: avrà una bara che la riporterà al punto di partenza, la Costa d’Avorio, dove ha lasciato un figlio di 8 anni che ancora non ha capito chiaramente che non rivedrà più sua madre, che non la raggiungerà mai in quel paese ideale chiamato Italia, dove sembra così facile vivere. E morire: «Credo di sapere quale sarebbe adesso l’ultimo desiderio di Sandrine — interviene Koffy Daure, un altro ivoriano, compagno di stanza della coppia, in questi quattro mesi —. Chiederebbe che nessuna delle sue sorelle debba finire come lei».
Sorelle, fratelli: così si definiscono fra loro i compaesani che la sorte, o meglio lo smistamento degli immigrati, ha fatto incontrare nello stesso centro di accoglienza. «Eravamo tre coppie — racconta Mohammed — e qui condividiamo la stessa camera, con letti a castello, e lo stesso bagno, esterno, a una trentina di metri dalla stanza. L’altra notte ero stato l’ultimo ad andare alla toilette e avevo io la chiave. Sandrine si è alzata per prima, alle 7, e me l’ha chiesta. Voleva fare il bucato. Mia moglie aveva la mania della pulizia. Era sempre lì a pulire. Io mi sono riaddormentato, ma poco dopo mi ha svegliato Koffy, perché anche lui aveva bisogno della chiave per andare in bagno. Ci siamo messi a cercare Sandrine per tutto il campo, ma nessuno l’aveva vista. Se avessimo avuto una chiave in più, Koffy avrebbe provato ad aprire la porta della doccia e si sarebbe accorto che era chiusa dall’interno. Avremmo capito forse in tempo che Sandrine era lì dentro e che qualcosa non andava. Invece, quando abbiamo sfondato la porta, era troppo tardi».

«Era piena di entusiasmo»

Sandrine era supina per terra, già in parte rivestita: «Ho visto sulle sue guance le tracce umide delle lacrime che deve aver versato mentre non riusciva a rialzarsi, aspettando i soccorsi che non arrivavano, perché anche se ha chiesto aiuto, quando si è sentita male, nessuno l’ha sentita» mormora Mohammed, senza più rabbia, rassegnato. «Questo posto — s’inserisce Koffy — è troppo pericoloso per le donne: ci sono duemila uomini e 50 donne, una decina delle quali incinte e qualcuna minorenne. A chi sta male, danno due pastiglie di paracetamolo e via. Sandrine, come le altre, è stata anche aggredita in questi mesi. Ma posso testimoniare che non ha mai mostrato paura, né cattivo umore. Era piena di entusiasmo. Ci eravamo conosciuti da poco, ma a me e a mia moglie pareva di essere suoi amici da sempre».

Il bambino perso

Si è detto che aspettasse un bambino, quando è sbarcata in Sicilia, e che poi l’avesse perso, e soffrisse di malesseri. Mohammed scuote la testa: «Non era incinta, però aveva avuto un malore la scorsa settimana. Già nei mesi precedenti era stata sottoposta a controlli in ospedale, ma poi era stata sempre rimandata al campo. Sembrava influenza, era raffreddata, dormiva male, ma non si lamentava mai». Non faceva pesare neanche la nostalgia che doveva avere del suo bambino, nato quando lei era poco più che sedicenne, da un matrimonio precedente: «Sandrine guardava avanti — racconta Mohammed — appena aveva qualche spicciolo in tasca comprava pettini, mollette, cosmetici per fare belle le sue amiche qui al campo. Tagliava i capelli anche a me» sorride, mostrando sul suo telefonino una foto di Sandrine all’opera sui suoi ricci. Ora lei tornerà a casa e lui continuerà il viaggio da solo.

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