Ragazzi con la valigia. Ma senza il rasoio, perché hanno appena un filo di barba. Bambini in volo col pallone sotto braccio, verso un calcio sempre più a caccia del talento precoce e senza confini: nel 1995 i calciatori under 18 emigrati nei cinque principali campionati europei (Italia, Inghilterra, Francia, Spagna e Germania) erano 51. Nel 2016 sono stati 195, quattro volte tanto. E allargando il dato ad altri 31 paesi della Uefa le cifre — raccolte dal Cies, l’osservatorio internazionale per il calcio di Neuchatel — fotografano un mutamento costante e profondo: i baby che si trasferivano all’estero nel 2009 erano 444, nel 2016 sono stati 597. E oggi il 10.1 % dei giocatori che calcano la prima serie dei campionati del Continente, dall’Italia all’Olanda, dal Portogallo alla Russia, è andato all’estero prima dei 18 anni.
Per quasi un terzo di loro, il primo approdo è stato l’Inghilterra. Come per Paul Pogba e Davide Petrucci, finiti entrambi al Manchester United da ragazzini: il francese ci è tornato dopo 4 anni alla Juventus e un trasferimento record (105 milioni). Il secondo, «scippato» dai Red Devils alla Roma nel 2008 quando era ancora minorenne (con un posto di lavoro garantito al padre), tra infortuni e scelte poco felici l’anno scorso ha sollevato la Coppa di Romania con il Cluj e adesso galleggia in Turchia, nel Çaykur Rizespor. Perché, come chiosano i ricercatori del Cies, «in media i giocatori che si sono trasferiti da minorenni hanno avuto meno successo di quelli che sono emigrati con più esperienza alle spalle».
L’Italia, dopo l’Inghilterra, è la seconda destinazione per i baby, più o meno fenomeni. Pogba è arrivato alla Juve già 19enne, Coman appena 15 giorni dopo aver compiuto 18 anni. In entrambi i casi, a Manchester e Psg, fu pagato solo un indennizzo. Per due plusvalenze record (Coman è stato rivenduto al Bayern Monaco). L’ultimo minorenne arrivato a Torino che promette bene è Pol Lirola, ora al Sassuolo. Ma è un dato di fatto che i calciatori ragazzini sono soprattutto merce di scambio e prenderli prima che firmino contratti «veri» è il vero affare.
Nella serie A che sta vivendo un baby boom quasi inatteso, il minorenne più celebre è Donnarumma, che farà 18 anni il prossimo 25 febbraio e potrà quindi firmare un contratto più lungo di tre anni col Milan. Per lui il «rischio» di un’emigrazione a basso costo è scongiurato. Ma le attenzioni, ancora una volta inglesi, sugli altri campioncini in rampa di lancio sono insistenti: Moises Kean della Juve ha come procuratore Mino Raiola ed è stato il primo nato negli anni 2000 a debuttare in A e a segnare in Champions: il rischio di un gioco al rialzo c’è.
Pietro Pellegri, attaccante del Genoa, ha battuto il record di gioventù nel nostro campionato, esordendo a 15 anni e 280 giorni. Un giocatore italiano però può andare all’estero a 16 anni compiuti e in quel caso il club pagherebbe solo il parametro Fifa, che si aggira sui 200mila euro: per il Genoa meglio pensare a un’asta sul mercato italiano. Alessandro Plizzari, portiere del Milan che secondo Silvio Berlusconi, «vale Donnarumma», invece ha un anno in più, ma in rossonero faticherà a trovare spazio: il Manchester City lo sta seguendo. Giovane, forte e ancora poco conosciuto: il profillo perfetto del fenomeno pronto a prendere il volo.