TUNISI – Due caccia francesi Rafale decollati da una base aerea di Gibuti e comparsi di colpo, nel cielo a Sud della Libia. Missili puntati su un complesso di case nel deserto di Sabha. Sette morti. E forse l’uccisione del terrorista più ricercato di tutto il Nord Africa: Mokhtar Belmokhtar, il Guercio algerino, sul quale pendono cinque milioni di taglia messi dagli americani e varie condanne a morte dei tribunali algerini. Stavolta l’hanno ammazzato davvero? Il Wall Street Journal cita una fonte Cia e dice di sì: la soffiata è arrivata dagli 007 Usa, l’operazione è stata gestita direttamente da Parigi. Il caso (o forse altro) vuole che proprio lunedì il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, si trovasse a Washington per salutare il nuovo consigliere alla sicurezza di Donald Trump, il generale Michael Flynn. E che poco prima abbia avuto un lungo incontro con l’uscente responsabile del Pentagono, Ashton Carter. E che assieme a quest’ultimo - liquidando con un “no comment” la notizia di Belmokhtar, anche perché la Francia non potrebbe comunque ammettere le sue operazioni militari segrete in Libia - abbia però insistito sulla nuova collaborazione nell’antiterrorismo tra francesi e americani, stretta dopo gli attacchi d’un anno fa a Parigi.
Voltare pagina
È l’ultimo regalo di Obama? A Tunisi, dov’è arrivato anche il premier francese Manuel Valls per una conferenza economica, ne sono convinti: l’uccisione di Belmokhtar, se confermata, sarebbe stata favorita da qualche rivale dello Stato islamico e chiuderebbe, forse definitivamente, una fase del terrorismo qaedista in questa parte d’Africa. Di sicuro, qualcosa è successo intorno a uno dei più feroci capi jihadisti: la settimana scorsa, probabilmente per attribuirsi un po’ di merito nell’operazione in corso, il governo libico di Tobruk controllato dal generale Khalifa Haftar aveva annunciato l’arresto della moglie di Belmokhtar. Asma Kadoussi, una tunisina presa mentre andava a partorire in una clinica di Derna, secondo i cirenaici aveva subito confessato e dato indicazioni sugli spostamenti del marito. Poche ore dopo, però, sia Al Qaeda che una sorella di Asma, Olfa, avevano smentito che l’arrestata fosse la moglie di Belmokhtar: il marito, pure lui un terrorista ricercatissimo fra l’altro per l’attentato al Bardo, sarebbe in realtà il quasi omonimo tunisino Mokhtar Benmokhtar. Silenzio dalle autorità tunisine, controsmentita dei libici: no, avevano replicato da Tobruk, siamo sicuri che è lei.
Mister Marlboro
Ora, la notizia dell’uccisione. Che né la Casa Bianca, né l’Eliseo confermano. Anche perché è almeno la quarta volta che il Guercio – o Mister Marlboro, come lo chiamavano quando faceva soldi soprattutto col contrabbando di sigarette, droga, diamanti e migranti – viene dato per morto. La prima fu nel 2013 (lo disse il Ciad), la seconda in Libia nel 2015 (lo fecero capire gli americani), la terza lo scorso giugno (annuncio di Tobruk). 44 anni, Belmokhtar è nato alle porte del deserto algerino di Ghardaia e s’è sempre definito un “combattente del deserto”. A 19 anni era già in Afghanistan a sparare sugli ultimi russi, che lo ferirono all’occhio sinistro, a 20 era già tornato in Algeria a organizzare i tagliagole del Gia e poi i salafiti del Gspc, Gruppo per la predicazione e il jihad che avrebbe dato presto vita a una filiale di Bin Laden nella regione: l’Aqmi, Al Qaeda del Maghreb islamico. Duro, ambizioso, poco obbediente, Belokhtar è sempre stato seguitissimo dai suoi (i brigatisti del Mourabitoun, i cosiddetti “inturbantati”) e odiatissimo dai qaedisti, che infatti lo cacciarono quattro anni fa perché si rifiutava di riconoscere l’autorità del successore di Bin Laden, di Al Zawahiri. Le sue azioni più clamorose – ultima, l’attacco con venti morti all’hotel maliano Radisson Blu di Bamako – ne hanno plasmato la fama di temibile capo militare: col movimento Mujao, nel 2013, arrivò quasi a conquistare il Mali per farne il primo Paese al mondo completamente jihadizzato, obbligando i francesi a intervenire con l’operazione Serval. Cane sciolto, non è chiaro se oggi Belmokhtar e i suoi terroristi servano ancora l’Aqmi o siano più vicino all’Isis. In Tunisia, l’anno scorso, si fece l’ipotesi che ci fosse in realtà lui dietro l’attacco al Bardo ai turisti (anche) italiani. Di sicuro, furono i Mourabitoun fra i responsabili dell’uccisione di quattro francesi e del sequestro di due italiani in Mauritania, oltre che di un’insegnante toscana rapita in Algeria nel 2011, della scomparsa di tre spagnoli e di due canadesi, d’un pesante attacco al gas algerino nel 2013 (40 morti), d’innumerevoli blitz che in questo decennio sono serviti ad accumulare milioni di dollari e a finanziare il jihad. Negli ultimi tempi, la primula islamica veniva data nel nord del Mali, a Gao, anche se l’Onu e i francesi in luglio ne avevano segnalato la presenza proprio nella Libia meridionale. Dove alla fine sarebbe – e bisogna ripeterlo: sarebbe – morto. “Verremo a schiacciarvi come scarafaggi nelle vostre case”, era stata la minaccia al mondo occidentale in uno dei suoi ultimi proclami. Chissà che stavolta non abbiano schiacciato lui.