Milano, 2 dicembre 2016 - 11:28

Referendum, Salvini attacca sui voti all’estero: «Inventati o comprati»

Il leader della Lega a #Corrierelive: «Pronti al ricorso se saranno decisivi, ma il No degli italiani seppellirà ogni irregolarità». «Cittadini e risparmiatori delusi manderanno a casa il governo. Con noi Bankitalia tornerà sotto il controllo pubblico»

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«Nonostante i voti inventati o comprati in giro per il mondo da Renzi, gli italiani faranno vincere il No». Matteo Salvini ha inscenato in mattinata una protesta davanti a Palazzo Chigi, parlando di irregolarità che sarebbero state commesse in varie circoscrizioni estere. Intervenendo a #Corrierelive, il segretario della Lega ha spiegato che qualora quei voti risultassero decisivi per l’esito del referendum, il fronte del No presenterebbe ricorso. «Io penso che nei consolati e nelle ambasciate ne siano successe di cotte e di crude - ha commentato -. Ma conto sul fatto che il voto degli italiani in Italia, quello dei romani, dei milanesi, dei torinesi o dei napoletani, sarà un voto per il no che supererà anche gli eventuali Sì arrivati in maniera poco chiara». A dare al capo del Carroccio la certezza che non tutto sia filato liscio nel sistema di voto per corrispondenza sarebbero una serie di segnalazioni arrivate al suo partito e girate alle autorità per le verifiche del caso. «Le operazioni sono gestite da ambasciate e consoli che in alcuni casi hanno organizzato manifestazioni a favore del Sì - ha detto -.Noi vigileremo durante lo spoglio».

«Non tratto con Renzi»

Salvini, nel corso della diretta, ha ribadito che «la vittoria del Sì sarebbe un passo indietro» e che anche chi è favorevole al cambiamento «non deve accettare un cambiamento a tutti i costi, se il cambiamento è in peggio». Ha sottolineato il carattere fortemente centralista della nuova Costituzione («gli enti locali conteranno zero, la parola finale sarà sempre di Roma o Bruxelles»). Ha ribadito la sua contrarietà al fatto che i nuovi senatori non siano eletti dai cittadini da dai politici («se un ente è inutile si taglia del tutto, se è utile deve essere scelto dagli elettori»). E ha spiegato che in caso di sconfitta del Sì e di caduta del governo non sarà disponibile a sedersi al tavolo con Renzi per trattare su una nuova legge elettorale: «A Mattarella chiederemo di mandarci al più presto alle urne con la legge che c’è».

«Maroni e Zaia torneranno ministri»

Si è parlato anche di scenari futuri e dell’ipotesi concreta di elezioni anticipate in caso di vittoria dei No. Salvini ha glissato sul nome di Paolo Del Debbio, l’ultimo avanzato da Silvio Berlusconi come possibile candidato del centrodestra, e ribadito che chiunque sarà chiamato a guidare la coalizione dovrà emergere da una consultazione di cittadini, vale a dire elezioni primarie. Alle quali, come già annunciato in varie occasioni, lui sarà in prima linea. «Con noi - ha aggiunto -potrebbero tornare al governo Maroni o Zaia, che sono stati ottimi ministri. E come loro Meloni o Fitto». E Parisi? «Parisi non si sa dove sia...».

«Bankitalia con noi torna sotto controllo pubblico»

Salvini è convinto del successo del No anche perché molti elettori, al di là del merito della legge, voteranno «con l’obiettivo preciso di mandare a casa Renzi». Sono troppi, secondo il capo della Lega, gli elettori scontenti di un esecutivo che «in questi tre anni ha garantito la stabilità di banchieri, finanzieri e dell’Ue mentre ha rovinato risparmiatori, pensionati, artigiani, partite Iva e agricoltori. Lui pensa alla stabilità della poltrona sua, di Alfano e di Verdini. Il No manda a casa questi bugiardi». «Se la Boschi mette piede ad Arezzo, la sua città - ha detto ancora -, i correntisti truffati di Banca Etruria la fanno correre. E lo stesso accadrebbe a Siena, nelle Marche, in Veneto». Per Salvini la colpa dei default degli istituti di credito dello scorso anno è di un governo troppo accondiscendente con Bruxelles e di Bankitalia: «Con noi al governo cambierebbe tutto - ha detto a Corriere Tv -: tornerebbe ad a chiamarsi Banca d’Italia, tornerebbe ad essere sotto il controllo pubblico, e subirebbe una sforbiciata tra i suoi 7 mila dipendenti che dovevano vigilare ma non si sono minimamente accorti di quanto accadeva al sistema bancario italiano».

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