Milano, 30 novembre 2016 - 22:20

Referendum costituzionale,
la sinistra ferita dalla scelta di Prodi: «Ma con le sue parole boccia Matteo»

La reazione di Bersani dopo il Sì dell’ex premier al referendum: «Lui dice che è meglio succhiare l’osso del bastone? Io non mi turo il naso». D’Alema: «Penso sia meglio evitare sia il bastone che l’osso. Ma non voglio polemizzare con Prodi»

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Lo ha scritto da solo, nel suo studio, nella prima mattina di ieri. Un comunicato che mette fine a una lunga attesa, anche seil Corriere aveva anticipato il suo orientamento. E che piomba come un macigno sugli ulivisti contrari alla riforma, da Pier Luigi Bersani a Massimo D’Alema. Romano Prodi si schiera e annuncia il suo Sì al referendum. Un Sì, nel nome dell’Ulivo. Un Sì tiepido. Ma pur sempre un Sì. Il Professore motiva così: «Anche se le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie, per la mia storia personale e le possibili conseguenze, sento di dovere rendere pubblico il mio Sì, nella speranza che giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale».

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Le motivazioni

Finora Prodi aveva mantenuto riserbo per non partecipare a una «rissa» che «ha abbandonato il tema, ossia una modesta riforma costituzionale, per trasformarsi in una sfida pro o contro il governo». Poi aggiunge, con «ironia»: «Mi viene in mente mia madre che, quando da bambino volevo troppo, mi diceva: “Romano, ricordati che nella vita è meglio succhiare un osso che un bastone”». Il suo Sì «è rispettoso nei confronti di chi farà una scelta diversa». E non poteva essere altrimenti, considerando che in famiglia votano No il fratello Paolo e la nipote Silvia. Ci sono però due passaggi duri, nei quali attacca «chi ha voluto ignorare e perfino negare la storia dell’Ulivo, con una leadership esclusiva, solitaria ed escludente». E chi «ha strumentalizzato quella storia, rivendicando a sé il disegno che aveva contrastato». Il riferimento, nel primo caso, è al premier, spiega Sandra Zampa: «Romano dice: caro Renzi, sappi che prima di te non c’era il nulla, c’è una storia corale, quella dell’Ulivo, senza il quale non ci sarebbe stato il Pd». Per gli «strumentalizzatori», la Zampa pensa a una foto: «Quella che vedeva insieme D’Alema, De Mita, Quagliariello, Fini e anche Bertinotti. Quasi tutta la ganga che l’ha mandato a casa ora vota no».

I commenti a sinistra

Nella «ganga» è compreso qualcuno sospettato di aver «accoltellato» il Prodi candidato al Quirinale e parte della sinistra che vota No. Come Massimo D’Alema, meno sarcastico del solito: «Penso sia meglio evitare sia il bastone che l’osso. Ma non voglio polemizzare con Prodi». Pier Luigi Bersani, ancora in buoni rapporti con Prodi, avverte il peso dello strappo con il Professore: «Ha usato la metafora contadina del “succhiare l’osso”: non mi sembra un Sì entusiasta. Io comunque non succhio l’osso, non mi turo il naso e non lascio il No alla destra». E ancora: «Penso che il No ti dà il tempo, ti fa battere la palla. Il Sì non lo sai se ti mette in condizione di riflettere. E rischia di portare verso il governo del capo». Tra gli ulivisti i Sì sono grande maggioranza. Anna Finocchiaro giudica «importante che il fondatore dell’Ulivo voti Sì». E Gianni Cuperlo apprezza «le parole rispettose» di Prodi. Oltre al No del prodiano Franco Monaco e al silenzio di Rosy Bindi, c’è una vasta area di ex ulivisti, che vota No convintamente. Come Miguel Gotor che, prima di un comizio, «di fronte a una folla ulivista per il No», dice, sarcastico: «Ho contato almeno 101 dichiarazioni a favore del Sì di Prodi e non mi meraviglio. Se però si leggono le motivazioni, e il loro grado di graffiante perfidia, si capisce perché il 4 dicembre è giusto che prevalgano i No».

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