I fumetti e il superpotere dell'eternità

I fumetti e il superpotere dell'eternità

Sono nati oltre un secolo fa eppure sia i videogames che il cinema del nuovo millennio non sembrano poter fare a meno dei loro eroi. Ecco perché Tex e Alan Ford, l'Uomo Ragno e Capitan America, sono sopravvissuti prima all'avvento della tv e poi a quello del web. E intanto autori come Gipi e Zerocalcare conquistano le librerie con le loro graphic novel colte

Un formato che ha saputo resistere a tutto
di FRANCESCO FASIOLO
ROMA - Trionfano al cinema, spuntano nelle serie tv, se le danno di santa ragione nei videogiochi. I personaggi dei fumetti saltano da uno schermo all’altro nell’era dei media digitali, dei tablet e dei social. Come se avessero ormai vita autonoma dalla carta. Ma lui, il "vecchio" fumetto, come se la passa? E’ diventato solo una fonte di ispirazione o è capace di rispondere alla concorrenza? Per capirlo bisogna partire dalle librerie, perché è da lì che arriva la prima risposta. I fumetti infatti le hanno riconquistate, trovando un nuovo canale di distribuzione, oltre a edicole e fumetterie, capace di arrivare ad un nuovo pubblico.

Il processo è iniziato più di dieci anni fa con quel fenomeno narrativo-editoriale chiamato "graphic novel": romanzo a fumetti. "Il pubblico è cambiato dagli anni 2000 - confermano Caterina Marietti e Michele Foschini, editori di Bao Publishing - c'è stata una sovrapposizione tra i lettori di fumetti e quelli di narrativa in prosa, che si sono incuriositi nei confronti del racconto per immagini". Non a caso il mondo della cultura torna ad accorgersi di questo linguaggio: per la prima volta nel 2014 un fumetto è stato candidato al Premio Strega ("Unastoria" di Gipi, Coconino Press-Fandango, che ha venduto 40.000 copie), a cui è seguita nel 2015 la candidatura di "Dimentica il mio nome" di Zerocalcare (Bao Publishing, che viaggia come gli altri lavori del fumettista sulle 100.000 copie).

Se quelli di Zerocalcare sono numeri da record, quanti sono in media i lettori di un graphic novel in Italia? "Quando abbiamo iniziato il nostro progetto, nel 2009, non era detto che la tiratura di un fumetto destinato solamente a librerie e fumetterie arrivasse a 2000 copie, e venderle tutte poteva essere un'impresa – dicono Marietti e Foschini - Ora non stampiamo nulla in meno di 2500 copie. Molti dei nostri successi italiani ("Golem" di LRNZ, "La distanza" di Alessandro Baronciani e Colapesce, "Il porto proibito" di Teresa Radice e Stefano Turconi) nel primo anno vendono attorno alle 7000-9000 copie".

Pubblicano romanzi a fumetti realtà editoriali molto diverse tra loro, da Rizzoli Lizard a Tunué a Becco Giallo, specializzata in reportage e inchieste. Nel 2014 in Italia i titoli di graphic novel sono stati 1500 (1.472 nel 2013), dal 2010 l'offerta è aumentata del 27,4%. Il che naturalmente non vuol dire che le nostre librerie siano invase dai fumetti. Secondo l'Associazione italiana editori nel 2014 sono entrati nelle casse delle case editrici di comics 5 milioni di euro, che non rappresentano nemmeno lo 0,5% di tutte le vendite in libreria. Ma il giro di affari del fumetto in Italia è molto maggiore.

Più breve, flessibile e creativo: così il fumetto sopravvive al web

Fare una stima è un'impresa da supereroi: i canali di distribuzione sono diversi, non c'è un ente che certifica tutti i dati e alcuni grandi editori non forniscono cifre sulle loro vendite. Ai dati Aie, che a oggi dovrebbero comunque essere cresciuti, vanno aggiunte le fumetterie, le edicole, i festival. Ci ha provato, sommando queste diverse realtà, Matteo Stefanelli, professore di linguaggi audiovisivi all'università Cattolica di Milano, che ha calcolato in 200 milioni di euro il fatturato dell'intero settore. Una cifra che porrebbe il mercato italiano al quarto posto nel mondo, dopo Giappone, Stati Uniti e Francia.

Mentre il fumetto "d'autore" entra nelle librerie cosa succede in edicola ai personaggi entrati nella cultura popolare come i supereroi, Tex, Diabolik, Alan Ford? Sono lontane le 500.000 copie mensili raggiunte da Dylan Dog negli anni d'oro o le storiche tirature settimanali da un milione di copie di Topolino nel 1993. Sono lontani gli anni '70, quando le edicole erano piene di albi. Linus, storica testata, resiste ed è riuscita a festeggiare i suoi 50 anni, ma l'epoca delle riviste è finita. Eppure molti eroi sono ancora lì. "Rimane una quota di lettori alta e fidelizzata, ma è ovvio che i numeri non sono quelli di venti anni fa - ci dice Michele Masiero, direttore editoriale della Sergio Bonelli Editore - sono aumentate le altre forme di intrattenimento e noi editori dobbiamo andare a cercare nuovo pubblico".

Nel catalogo di Bonelli i primi della lista rimangono Tex e Dylan Dog, che nell'ultimo anno hanno venduto in media 180.000 e 100.000 copie al mese. A seguire (dati 2016) Julia (35.000), Nathan Never e Zagor (34.000), Dragonero (26.000), Morgan Lost (25.000), Orfani/Nuovo Mondo (23.000), Dampyr (22.000), Le Storie (21.000), Martin Mystère (20.000). Di Spider-Man, Capitan America e compagni si sa poco o nulla perché la Panini Comics, l'altro grande operatore del settore, non rende noti i dati. E Topolino? Idem. Sappiamo che nel 2014, quando era ancora pubblicato da The Walt Disney Company Italia ed era monitorato da Accertamenti Diffusione Stampa (oggi non più, anche topi e paperi sono Panini Comics), aveva una media mensile di 118.000 copie vendute.

Ma forse, al di là dei numeri di vendita che consentono a molti una dignitosa sopravvvenza, ciò che colpisce maggiormente è la centralità culturale che il mondo del fumetto e i suoi eroi continuano ad avere in un mondo dello spettacolo che prima la tv e poi il web ha completamente rivoluzionato rispetto ai tempi in cui "strisce" e "vignette" hanno conosciuto i loro fasti. "La sua forza sta nell'essere un ponte tra l'universo della carta e quello visivo", sottolinea Stefanelli. "Le storie di supereroi - spiega ancora il docente di linguaggi audiovisivi - sono una enorme library dell'immaginario a disposizione dei produttori. Pensiamo a un tema che oggi va molto di moda, la diversità culturale. Il fumetto di supereroi è multiculturale da sempre, evidenzia i problemi di una società composita. Poi c'è un aspetto più tecnico, che riguarda il modo di raccontare. Le avventure Marvel e Dc hanno già dentro, da decenni, quella narrazione iperframmentata tipica delle serie televisive". Dal piccolo al grande schermo, Fausto Brizzi, regista di film di successo, ricorda come "nella cronica mancanza di idee di questi anni, le storie dei supereroi sono un grande serbatoio di trovate". "E non è detto - precisa - che tra il pubblico dei cinecomics ci siano lettori di fumetti, anzi: negli Stati Uniti molti ragazzini pensano che Capitan America o Spider-Man siano personaggi nati al cinema":

Le strategie che permettono al fumetto di "parlare" al pubblico contemporaneo sono due: la prima si basa sul rinnovamento di storie e personaggi. In casa Bonelli è il processo a cui è stato sottoposto Dylan Dog dal nuovo curatore Roberto Recchioni. E nel fumetto dei supereroi (in Italia Panini pubblica i personaggi Marvel, RW edizioni Batman e i DC) esiste da sempre l'espedente del "reboot": far ripartire le serie da zero, ricominciando a raccontare la storia del personaggio, opportunamente "modernizzato". La seconda strategia riguarda i canali di distribuzione e il rapporto con altri media. "Ora siamo presenti anche in libreria con il nostro marchio - spiega Masiero della Bonelli - e ci siamo aperti alla multimedialità: una collaborazione con la Rai per una serie animata tratta dal nostro "Dragonero", la coproduzione con Sky del film "Monolith" che uscirà contemporaneamente in sala e come fumetto".

Così il fumetto reagisce nell’era dei nuovi media: come da uno psicanalista, rimette in gioco se stesso. Si trasforma in un prodotto da libreria, rinnova i suoi eroi, si apre al dialogo con l'esterno. E, in attesa di capire se mai si diffonderanno i comic book digitali, tutto riparte dalla vecchia carta. L’avevate data già per spacciata? Tex vi risponderebbe che siete degli inguaribili pessimisti. "Talmente avanti che hanno un futuro"
di FRANCESCO FASIOLO
ROMA - "Il fumetto può avere le sue crisi, ma resiste. E nell'epoca della vittoria totale dell'immagine sulla parola, è assolutamente al passo coi tempi". Matteo Stefanelli insegna linguaggi audiovisivi all'Università Cattolica di Milano, sta per pubblicare la nuova edizione di "Fumetto! 150 anni di storie italiane" (con Gianni Bono, Rizzoli) ed è il direttore di Fumettologica.it, il più importante sito italiano dedicato ai comics.

Come sopravvive il fumetto alla concorrenza dei media digitali e delle nuove forme di entertainment?
"La sua forza sta nell'essere un ponte tra l'universo della carta e quello visivo. Per quanto riguarda il primo aspetto, si è salvato trasformandosi da oggetto di basso costo a prodotto editoriale di lusso. Grazie alla spinta del fenomeno graphic novel e alla sua diffusione in libreria oggi è un prodotto culturale prezioso, di design, sempre più lavorato con grande cura cartotecnica. E non parlo solo di involucro, ma anche di contenuto: ad esempio si è spostato molto dal bianco e nero al colore, e il colore è diventato oggetto di ricerca stilistica ed emotiva. Penso alle tavole di Gipi o Manuele Fior, ma anche il fumetto popolare ha fatto della colorazione digitale uno strumento sofisticato, paragonabile alla computer grafica. Il secondo aspetto è visivo: è un linguaggio che si inserisce alla perfezione nell'era dell'immagine. Zerocalcare e Sio funzionano anche per come sono costruite le loro tavole, molto dinamiche, facili da leggere visivamente".

Quanto vale oggi il fumetto in Italia? Lei ha fatto una stima: un fatturato di 200 milioni di euro.
"Il calcolo parte da un dato di fatto: il mercato italiano è inferiore a quello francese, che sta intorno ai 400-500 milioni, ma è più grande di quello spagnolo, che vale circa 100 milioni. Ho unito i dati dell'Associazione Italiana Editori a quelli che ho chiesto ad Ibs e Arianna, che ha un database di molte librerie in Italia. Ho aggiunto le edicole, le fumetterie e le fiere, dove si vende tantissimo. I 200 milioni sono un'ipotesi, un tentativo per poter ragionare di fumetti partendo da un dato realistico".

Torniamo a parlare di immagine: il cinema del presente punta sui supereroi del passato, perché?
"Intanto perché le storie di supereroi sono una enorme library dell'immaginario a disposizione dei produttori. Pensiamo a un tema che oggi va molto di moda, la diversità culturale. Il fumetto di supereroi è multiculturale da sempre, evidenzia i problemi di una società composita. Poi c'è un aspetto più tecnico, che riguarda il modo di raccontare. Le avventure Marvel e Dc hanno già dentro, da decenni, quella narrazione iperframmentata tipica delle serie televisive. E' da oltre mezzo secolo che il fumetto dei supereroi segue contemporaneamente più linee narrative di più personaggi. Quindi rappresenta un bacino di tecniche di scrittura della serialità che i professionisti di cinema e tv si ritrovano già pronto. Infine, c'è la computer grafica: un tempo il cinema non aveva la tecnologia per rendere credibili le perfomance dei protagonisti. Ora sì".

Brizzi: "I supereroi serbatoio infinito"
di FRANCESCO FASIOLO
ROMA - Regista ("Notte prima degli esami", "Ex"), sceneggiatore, produttore, scrittore, Fausto Brizzi è anche un grande collezionista di fumetti. Di più: ha scritto una dozzina di storie per Topolino ("e non vedo l'ora di realizzarne altre"). Lo raggiungiamo sul set di "Poveri ma ricchi", il suo nuovo film che uscirà il 15 dicembre. 

Partiamo dal cinema, perché è lì che gli eroi del fumetto sembrano avere il successo maggiore. Come mai?
"Nella cronica mancanza di idee di questi anni, le storie dei supereroi sono un grande serbatoio di trovate. E non è detto che tra il pubblico dei cinecomics ci siano lettori di fumetti, anzi: negli Stati Uniti molti ragazzini pensano che Capitan America o Spider-Man siano personaggi nati al cinema. In Italia è diverso, tutti conoscono l’origine cartacea di Tex, il più longevo fumetto western del mondo, o di Diabolik. E questo vuol dire che qui dovendo fare un film, ad esempio, su Diabolik, troverei un pubblico molto più attento, che mi richiederebbe una fedeltà molto maggiore al fumetto". 

Ma al fumetto "di carta" fa bene il successo dei suoi personaggi su grande schermo? 
"Fa bene a patto che rimanga uno zoccolo duro di lettori. In Italia è ancora così, qui il fumetto è più vivo che mai. Pensate al fenomeno Zerocalcare: proprio come fece Andrea Pazienza negli anni ’70, lo ha aperto a un nuovo pubblico. In generale il settore ha saputo rinnovarsi bene: i personaggi si sono staccati dai loro autori storici e hanno intrapreso vie nuove. Ad esempio Dylan Dog, creatura di Tiziano Sclavi, è stato molto modificato negli ultimi anni, e a me sono piaciute le novità portate da Roberto Recchioni. Ma penso anche a "Pk", versione più "moderna" di Paperinik".

Insomma, accerchiata dalla concorrenza la carta resiste? 
"Nel fumetto più che nel libro. Il libro può diventare anche digitale: leggere un romanzo su Kindle dà la stessa soddisfazione. Invece il fumetto digitale non decolla e c’è una spiegazione: deve rimanere di carta per una questione di resa delle immagini, di piacere del tatto e di formato. La grandezza e la forma dell’albo per gli appassionati sono fondamentali".

A che punto è la sua idea di realizzare un film su Alan Ford? 
"Il fumetto di Max Bunker è il mio preferito: è pura commedia all’italiana. Ho provato diverse volte a iniziare il progetto, ma è complicato perché bisogna rendere credibili al cinema i personaggi e per farlo serve un budget da produzione internazionale, sarebbe come un film di supereroi. Ma non mollo: Alan Ford, Diabolik o Tex…prima o poi li porto al cinema".

La scuola italiana resta al top
di FRANCESCO FASIOLO
ROMA - Se le vendite possono dare in alcuni casi segnali negativi o contrastanti, ci sono due aspetti legati al fumetto con segno decisamente positivo. Il primo riguarda i festival, in aumento in tutta Italia: nell'era dell'entertainment virtuale aumenta l'interazione "reale". Lo storico Lucca Comics, che dal 28 ottobre al primo novembre festeggerà la sua cinquantesima edizione, ha venduto lo scorso anno 220.000 biglietti in 4 giorni di kermesse. Più di 200.000 gli ingressi al Romics di aprile, che ha aperto però anche ad altre forme di intrattenimento come gli youtubers. Nella capitale tra l'altro gli appuntamenti sono raddoppiati: dal 2015 c'è anche "Arf!".

Da Milano a Cosenza, da Torino a Catania, i festival aumentano e allo stesso tempo cambiano natura. "Noi siamo nati nel 1998 come salone di solo fumetto - racconta Claudio Curcio, direttore di Napoli Comicon - e in quegli anni gli appuntamenti erano pochissimi. Ora il Comicon, come altri, è diventato un grande contenitore in cui cerchiamo di mantenere il fumetto protagonista, ma con tanti altri media intorno". Sempre più spesso stand e spazi espositivi e di gioco sono dedicati ai videogames, alle serie tv, al cinema. "E' la dimostrazione che il fumetto è uscito dalla nicchia in cui si era rintanato negli anni '80 e '90 - dice Curcio - è diventato un medium adulto che interagisce con altri linguaggi in maniera non subalterna. E interessa a un pubblico molto più vasto, che riconosce la sua importanza come una delle tante forme di intrattenimento culturale. Alle nostre prime edizioni venivano 15.000 persone, ora oltre 100.000".

Le fiere sono luoghi dove si vende e si compra, tanto, ma sono anche l'occasione per i disegnatori di proporre i loro lavori alle case editrici. E quello delle matite italiane è l'altro aspetto con il segno più, perché le avventure "made in Italy" vengono lette ovunque. "L'Italia è tra i maggiori produttori di storie Disney al mondo",  spiega Marco Gervasio, disegnatore e sceneggiatore che lavora per Topolino ormai da 20 anni (sue anche le matite del personaggio Papertotti). "Le avventure che escono sul nostro settimanale - aggiunge - vengono poi esportate e pubblicate in tutta Europa, in Brasile e perfino negli Usa, la patria di Mickey Mouse".

Continua insomma quella "scuola italiana" che nel caso della Disney risale agli anni trenta, ed è una tradizione che si rinforza: nel campo dei supereroi ad esempio sono tantissimi gli autori italiani che lavorano con grandi case americane come Marvel e DC. Ma come si diventa fumettista? "Rispetto al passato c'è meno tempo per fare gavetta, bisogna presentarsi già pronti o quasi all'editore. Dunque la formazione va fatta frequentando un corso mirato o una scuola". Ce ne sono diverse, in tutte le maggiori città. Il passaggio successivo è, appunto, presentare i propri lavori direttamente a una casa editrice. E poi in quanti lavorano davvero?  "Si è alzata l'asticella della selezione. Però ci sono anche più possibilità per gli esordienti.
– dice ancora Gervasio - Infatti oltre alle case editrici maggiori, che cercano soprattutto collaboratori già autosufficienti, sono nate diverse realtà 'minori' disposte a investire su nuovi autori. Inoltre si è definitivamente sdoganato anche il fumetto 'personale', cioè quello di chi, avendo dei testi molto forti, si scrive e disegna le proprie storie con uno stile tutto suo, cosa che fino a qualche anno fa era quasi impensabile".
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