Attualità

Ti spiego perché sei femmina

Dai troll ai comitati etici, quattro tipi di mansplainer, ovvero quelli che "le donne non capiscono"

di Violetta Bellocchio

La parola mansplaining ha cominciato a essere detta e scritta circa tre anni fa. Ha avuto fortuna perché suona bene, è facile da decifrare. Man, ti presento explain.

La definizione migliore, stando a Urban Dictionary, è questa: «provare piacere nel dare spiegazioni arroganti e imprecise, offerte con l’assoluta certezza del proprio avere ragione, perché in questa conversazione tu sei l’uomo».

In italiano, la chiamo “spiegazione virile”. E chiamo “Amico Spiegazione” chi la utilizza.

Purtroppo la stessa formula viene applicata per descrivere episodi che in comune hanno ben poco. Uno che dice «sei femmina, torna in cucina» sta saltando la fase conversazione a pie’ pari, mentre un direttore di giornale che dice «[X] è l’unica donna che sa scrivere in Italia» è uno che non dovrebbe varcare la soglia di casa senza essere accolto da un coro di America’,  facce Tarzan. Quindi, senza inoltrarci nel campo dei cosiddetti MRA – men’s rights activists, difensori dei diritti maschili – che vanno molto oltre la spiegazione virile, e si posizionano a metà tra la recriminazione spaccona («le donne sono tutte troie») e la diffusione di opinioni discutibili spacciate per dati scientifici («la metà delle violenze domestiche denunciate sono frutto di fantasia o vendetta»): ecco i quattro tipi di mansplainer che oggi potete incontrare sulla vostra strada:

1Sei troppo emotiva per affrontare i fatti. Di base, lo stesso terreno da cui fioriscono disegni e battutine a tema “la testa delle donne”, se quella testa è zeppa di gattini e tulipani. Non si può regnare ed essere innocenti; la fica e la lucidità non vanno d’accordo. Se io usassi questo spazio per dire «gli uomini sono pigri, sciuponi e incestuosi», voi mi denuncereste, e avreste ragione. E invece.

2Sei disinformata, te la do io la verità. Una donna ci arriverebbe anche, a capire certe cose; purtroppo non legge i giornali, non guarda la TV, non usa Internet, parla solo con le sue amiche e quando ci prova sbaglia. Intervenire è un dovere morale. (In sottofondo potete metterci A Message to You, Rudy.)

3Sei un agnello nella giungla, lascia che ti indichi la strada. Variante del tipo 1, con una differenza cruciale: tu non sei “troppo emotiva”, sei solo molto lontana da casa. Vai aiutata e guidata. Con dolcezza. Torna dentro, Qui Fuori è un brutto mondo. Sta’ vicina al tuo uomo. (Enormi fan del modello sono i paladini del femminismo che nessuno ha interpellato.)

4Non sono misogino, chiedilo alla mia signora. La versione gender-corretta di «non sono razzista, ho anche un amico negro»; chi viene accusato di scarsa imparzialità ama invocare le sue ragazze come garanti del proprio buon agire. Un senatore in corsa nel Massachusetts si è appena fatto intervistare con la moglie, e lei ha detto che lui dalle donne di casa ha imparato a «cucinare, lavare e rammendare». Più di così.

Qualunque sia la categoria di appartenenza, il livello forse più sgradevole di mansplaining – sia in Italia sia all’estero – è quello che vediamo nascere intorno alle discussioni sulla salute e sui diritti riproduttivi delle donne. La conseguenza più ridicola è la formazione di gruppi compattamente maschili, chiamati a prendere decisioni etiche e legislative sull’argomento. E chi dice «questo non ha senso» viene sbeffeggiato come un cieco sostenitore delle quote rosa. (Ovviamente non è detto che un maggior numero di donne in simili gruppi porterebbe a risultati illuminati in quanto “femminili”.) Nello specifico italiano, i nostri Amici Spiegazione in questo periodo amano ripeterci quanto sia sublime l’amore materno. Avallando il mito per cui un certo istinto sarebbe « la naturale vocazione della donna», con tutti i suoi risvolti pratico-tecnologici. (Io ho una concretissima madre che pubblica saggi sull’infanticidio e ne vado fiera; vi rimando all’equivalenza «madre = mamma», stiratrice di mutande per definizione, su cui  Anna Momigliano scriveva proprio qui, una settimana fa.)

Le conseguenze immediate non mancano. Provo a fare un esempio.

Se vado all’ospedale di Udine a chiedere una pillola del giorno dopo, ci posso trovare un ginecologo di guardia che mi fa una visita professionale, mi fa solo domande relative alla specifica richiesta d’aiuto, mi firma la ricetta e sbianca quando gli dico che in parecchi ospedali pubblici (almeno, al Nord) i corridoi sono presidiati da medici obiettori, pioggia o sole. Se vado con la stessa richiesta in un pronto soccorso di Milano, posso trovarci l’obiettore dichiarato che si rifiuta di prescrivermi alcunché, oppure il medico che mi sottopone a una raffica di domande sulla mia personalità, sulla mia pratica sessuale, su come funziona tra fiori e api, e poi conclude signorina, è tutto a posto, lei non ha chiaro il meccanismo che innesca una gravidanza, prenda questo opuscolo e mi spinge fuori dalla porta. Ecco, questo è il mansplaining in salsa Movimento per la Vita. (Oggi a illustrarmi il miracolo del concepimento non ci prova nessuno, perché tendo a fare questa faccia; ovviamente è successo.)

Ma la questione non rimane affatto interna ai cattolici integralisti. Così come gli utilizzatori finali non stavano tutti tra le pieghe carnose dell’Italia berlusconiana, gli Amici Spiegazione si auto-distribuiscono in ogni parte politica, credo e ceto sociale, da bravi fratellini. Basta vedere il disastro intorno al caso Julian Assange, dove per mesi tanti signori ci hanno mostrato la differenza tra stupro-stupro e mancato consenso. Dai, non è la stessa cosa / L’uomo nasce cacciatore / Siete tutte molto brave. (Haiku.)

Insomma, la parola gode ottima salute perché nasce da un problema materiale e urgente. Se però guardiamo il modo in cui quella parola viene usata, ci sono alcuni rischi.

Rischio / 1. La stanza alla fine di questo specchio. Nella realtà di una conversazione, potrebbe essere considerato un Amico Spiegazione anche chi non sta facendo leva sul dato “femmina”. Se ti senti trattata da idiota perché sei una donna, perché usi un nome di donna, questo non significa che stia succedendo. (Esempio: la giornalista Sady Doyle ha una pessima opinione della saga fantasy Cronache del ghiaccio e del fuoco, che lei giudica avvilente e misogina, e vede molto mansplaining nella reazione ai suoi commenti. Una risposta brillante arriva da un’altra donna, Alyssa Rosenberg, appassionata degli stessi libri. Che poi aggiunge: «come lettrice, dovrei forse considerare ”ben scritti” solo i personaggi femminili che sono virtuosi e capaci di fare tutto?»)

Rischio / 2. «Questo è il problema di un’altra donna» Se mi trovo davanti un Amico Spiegazione, do per scontato che con lui sia impossibile ragionare davvero, e che non possa insegnarmi nulla; il suo atteggiamento è il segno che con uno così non si discute. E se ho bisogno di imparare, mi informo per conto mio o mi cerco un sensei più degno. (Maurizio Baruffi mi piace un sacco.) Non è compito mio intervenire, tanto meno “educare” qualcuno. Ma… a chi toccherebbe, allora?

Rischio / 3. Sandra e Raimondo. Là dove si riduce tutto quello che avete letto qui sopra a un teatrino da guerra tra i sessi, e la vita a una vignetta della Settimana Enigmistica dove Lui spiega e Lei brontola, Lei sbuffa e Lui insiste, e allora prosperano le versioni femmine di Fabio Volo (sì, pagherò tutta la vita per questo mancato atto di sorellanza), le attrici specializzate in monologhi su mariti pasticcioni, le mogli-di-persona-pubblica chiamate ogni sera a rassicurare i cittadini che sì, Gianfilippo è un tipo a modino e un uomo perbene, anche se non ama abbassare la tavoletta del cesso. Ah, questi maschi!