Perché in Italia centrale ci sono così tanti terremoti?

È ormai chiaro che i terremoti che hanno colpito Amatrice sono una catastrofe. Hanno raso al suolo praticamente interi paesi, con un totale di oltre 250 morti. Non è una novità che l’Italia centrale, così come la quasi totalità della penisola, sia soggetta a terremoti quotidiani di varia magnitudo. I più famosi degli ultimi anni sono stati quello della Valnerina nel 1979, quello di Colfiorito nel 1997 e dell’Aquila nel 2009.

La catena Appenninica, geologicamente parlando, è una catena giovane formatasi nel Terziario superiore durante intense compressioni tra le placca europea e la placca adriatica. La conseguenza di questi forti movimenti è il raccorciamento dell’area interessata, avvenuto tra il Miocene inferiore e il Pliocene inferiore (all’incirca tra i 10 e i 5 milioni di anni fa). Questo movimento viene assorbito da una serie di sovrascorrimenti dei quali uno interessa anche l’area del terremoto di cui stiamo parlando, il “trhust (faglia inversa) Olevano – Antrodoco – Sibillini“,che coinvolge anche le sequenze calcaree abruzzesi e laziali formatesi nel periodo tra il mesozoico e terziario. A est (qualche decina di km a NE) della zona colpita, nella zona di avanfossa – cioè un’area depressa antistante la catena montuosa e verso cui convergono le pieghe o falde delle rocce deformate costituenti la catena montuosa – vi sono grandi sequenze arenacee (Flysch Piceno) del Miocene formatesi prima e durante il regime di compressione. Questi affioramenti sono particolarmente didattici, rari in quanto per la maggior parte sono coperti da depositi quaternari quali detriti e vegetazione, e ,per chi è appassionato della materia, suggestivi da vedere.

La vera motivazione, però, dell’elevata sismicità dell’ Italia centrale è dovuta al movimento che si viene a creare in seguito a quello sopra descritto: nel miocene inferiore – medio, infatti, si innesca un regime distensivo nelle zone interne della catena che dura tutt’oggi. Per riassumere in parole povere, queste zone si comportano come una molla, che si è compressa in passato, e adesso si sta distendendo, causando i terremoti. Non spiegherò il perché dell’inversione dei movimenti da compressivo a distensivo della catena appenninica perché ciò richiederebbe l’uso di molti tecnicismi e porterebbe via troppo tempo ai miei lettori (sempre che arrivati a questo punto ce ne siano ancora). Vi basti sapere che legati ai movimenti distensivi si formano sempre delle faglie normali (faults) di solito lunghe tra i 10 ed i 20 km (in Appennino) che hanno creato i pendii molto ripidi che caratterizzano i bacini intermontani, fra i quali abbiamo, sempre vicino al luogo del terremoto, l’altopiano di Castelluccio di Norcia.

Rappresentazione grafica del sovrascorrimento tra la placca europea e quella adriatica, che ha portato al regime distensivo, causa dei terremoti in Italia centrale.
Rappresentazione grafica del sovrascorrimento tra la placca europea e quella adriatica, che ha portato al regime distensivo, causa dei terremoti in Italia centrale.

Ora, dette questo, vorrei soffermarmi ad analizzare il perché queste tragedie umane avvengano ancora oggi. So bene, da buona abruzzese, che in queste situazioni non è semplice razionalizzare ed essere lucidi quando è il momento di tirare le somme, ma, come geologa (si spera, futura) ci tengo a precisare a gran voce che i terremoti non sono una disgrazia di per se. La terra trema e noi non possiamo fare niente per fermarla, né tantomeno, come a volte sento sulla scia di questi avvenimenti, possiamo prevederlo. Ecco, questa è un’altra cosa che ci tengo a dire. I terremoti, per definizione, sono dei movimenti, che agiscono costantemente all’interno della terra, di grandi masse rocciose dette placche tettoniche che liberano energia. E’ proprio per questo che prevedere un terremoto con largo anticipo è impossibile. O per lo meno, non si può prevedere con un anticipo sufficiente a far evacuare una città nel caso in cui l’avvenimento sia di grande magnitudo. In verità negli ultimi anni dei metodi scientifici per supporre l’arrivo di un terremoto sono stati studiati, come ad esempio l’emissione del gas argon alcuni minuti antecedenti all’avvenimento; però, ripeto, non sono sufficienti ad un tempestivo allertamento della popolazione in quanto non ci sono metodi per accertarsi della magnitudo. In Italia i movimenti tellurici sono monitorati continuamente dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), che ho avuto il piacere di visitare e che spende quotidianamente le proprie forze nella ricerca scientifica.

Come detto in precedenza, questo è stato senza dubbio un terremoto distruttivo, ma la colpa non è della terra, né degli edifici che crollano, piuttosto di chi li costruisce. Non è una novità che in Italia si spendano i soldi, ma mai per ciò di cui si ha davvero bisogno. In queste ore ho letto l’appello da pare di molti, politici e non, di chiedere aiuto al FSUE (Fondo di Solidarietà dell’ Unione Europea), che è nato dopo le grandi inondazioni del 2002 in centro Europa e che serve a far fronte alle calamità naturali. Già in passato i fondi di questa associazione ci sono stati inviati in aiuto, un esempio calzante è il terremoto dell’ Aquila del 2009. Ma, come per ogni pratica burocratica, la richiesta di aiuto a questo ente deve seguire delle precise regole e una volta inoltrata non è detto che l’aiuto sia rapido, anzi, prima di avere i fondi (sempre che siano approvati, a distanza anche di mesi) possono passare anche anni (come avvenuto appunto per l’Aquila). Il vero problema rimane sempre e solo uno: non si agisce a monte. È e sarà sempre inutile continuare ad attivarsi solo dopo che i fatti accadono, ci si deve adoperare di più per la trasparenza nell’uso di fondi pubblici per la messa in sicurezza delle zone a più rischio sismico, prima che vi siano altre tragedie, perché la terra non possiamo e non dobbiamo fermarla.

Alessandra Di Loreto Rodriguez

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