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Utoya, cronaca al cardiopalma della strage

A Berlino anche 7 Days in Entebbe, blitz israeliano rivisitato

Piomba la cronaca, i fatti di sangue, in questa 68/ma edizione del Festival di Berlino. Due episodi diversi e lontani nel tempo che hanno riempito le pagine dei giornali rispettivamente nel 1976 e nel 2011. Nel primo caso si tratta di 7 DAYS IN ENTEBBE di José Padilha, film fuori concorso, che racconta quel 27 giugno 1976 quando quattro dirottatori sequestrarono un volo Air France da Tel Aviv a Parigi. Tra i dirottatori due membri del FPLP (Fronte Popolare Liberazione Palestina) e due tedeschi del gruppo estremista di sinistra Revolutionary Cells. Sicuramente più riuscito, il film in concorso UTOYA del regista norvegese Erik Poppe con la cronaca sincopata, in tempo reale, e con colonna sonora composta dai colpi di fucile della strage avvenuta 22 luglio 2011. Cinquecento giovani riuniti in un campus organizzato dalla sezione giovanile del Partito Laburista Norvegese sull'isola di Utya vennero attaccati da un estremista di destra super armato che per 72 minuti sparò senza pietà causando la morte di 69 ragazzi e ferendone 110.

Tutto parte con un documentario sulla città di Oslo dove, lo stesso aggressore aveva fatto esplodere, poche ore prima, un auto imbottita di ANFO , precisamente nel quartiere Regjeringskvartalet (dove si trovano i palazzi del governo norvegese), uccidendo otto persone. Poi si passa sull'isola dove la telecamera segue ossessivamente la diciannovenne Kaja in vacanza con la sorellina Emilie. 72 minuti di terrore (in sala c'è chi si è sentito male) il tutto visto con gli occhi delle vittime. La ricerca disperata di Kaja di Emilie. La fuga nella foresta da parte dei ragazzi in cerca di salvezza, le grida di chi cade. E soprattutto questi spari fuori campo con l'assassino che non si vede mai. Ovvero Anders Behring Breivik, trentaduenne norvegese simpatizzante dell'estrema destra.

Nel caso di 7 DAYS IN ENTEBBE il racconto della vicenda è molto documentaristico e didascalico, ma con dentro una rivisitazione storica che potrebbe dare fastidio. Il film, con un cast composto da Rosamund Pike, Daniel Brühl, Eddie Marsan, Lior Ashkenazi Denis Menochet e Ben Schnetzer, ricostruisce con puntualità quello che è successo dopo che l'aereo atterrò a Entebbe grazie al sostegno dell'allora dittatore ugandese Idi Amin. Il film offre però a un certo punto una sua originale lettura del dirottamento, in particolare per quanto riguarda il rilascio degli ostaggi non ebrei, ma soprattutto rivede la figura del fratello maggiore di Netanyahu, Yonathan 'Yoni', che partecipò al raid morendo sul campo. Per la famiglia Netanyau fu l'uomo chiave del blitz, mentre nel film Yoni (Angelo Bonanni) è una figura sottotono, il primo ad essere ucciso da un soldato Ugandese a guardia dell'aeroporto.

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