L'ANALISI
05 Dicembre 2017 - 19:40
CREMONA - E’ un pezzo d’argine frequentato dai ciclisti, da chi fa jogging e da chi va a camminare. Ma lì ci vanno anche i cacciatori, perché è «una zona buona» per lepri e fagiani. Loro sparano e le guardie provinciali li multano. Ingiustamente. Perché quel pezzo di argine che, lasciato il comune del Bosco ex Parmigiano, raggiunge il Po, «non è una strada di pubblico transito o di utilizzo pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali». Al contrario, «è una strada privata di proprietà dell’Aipo».
Farà discutere la sentenza della prima sezione civile della corte d’appello di Brescia che ha annullato la sanzione di 206 euro ad un cacciatore multato per «aver esercitato la caccia con fucile carico a distanza inferiore a metri 50 (25 metri) da strada carrozzabile», in violazione dell’articolo 43, comma 1, lettera E della Legge regionale 26/1993. Nessuna violazione, perché quella non è né «una strada carrozzabile» né «una strada aperta alla circolazione solo perché percorsa da pedoni e ciclisti».
I giudici della prima sezione civile (presidente Donato Pianta, consiglieri Antonella Miglio e Annamaria Laneri) hanno accolto le argomentazioni dell’avvocato-cacciatore Alberto Gaboardi, da sempre legale di Enalcaccia, anima della causa persa in primo grado, vinta in appello con il collega Giuseppe Borelli, nei confronti di Mauro Barborini. E’ il comandante della polizia locale che il 16 giugno del 2015 ha emesso l’ingiunzione di pagare la sanzione al cacciatore, che ha presentato opposizione.
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