Punizioni atroci, torture fisiche, ritorsioni a metà tra la magia nera e le vendette mafiose. E poi affiliazioni, rituali, battesimi che prevedevano un rito particolare: bere sangue umano. Intorno ci sono gli affari, il business che prospera su un consenso sociale basato sulla più potente delle protezioni: l’omertà. Tutto gestito da un’associazione criminale organizzata come uno vero e proprio Stato con i suoi capi, i ministri della difesa, i soldati, persino la sua festa nazionale: una struttura piramidale di obbedienza e terrore.

“Cosa nostra tollera la mafia nigeriana a Palermo” – Nell’ultima inchiesta della procura di Palermo c’è tutto quello che bisogna sapere sulla Black Axe, l’ascia nera, l’associazione mafiosa nigeriana che da qualche anno ha lasciato Lagos per espandersi in tutto il mondo. Una scalata al potere fatta di terrore, orrende torture e alleanze con le altre organizzazioni criminali: come aveva documentato un’inchiesta del fattoquotidiano.it, infatti, per la prima volta la più antica della mafie italiane, e cioè Cosa nostra, ha ceduto una porzione del suo territorio agli uomini della Black Axe. Da qualche tempo a Ballarò, il quartiere che dà il nome al mercato nel cuore del centro storico cittadino, sono i mafiosi africani a dettare legge. “Cosa nostra ha consentito ai nigeriani di organizzare una struttura subalterna alla mafia: erano tollerati a patto che non uscissero dal loro perimetro di appartenenza”, conferma adesso il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, che insieme ai sostituti Sergio Demontis e Gaspare Spedale ha ordinato il fermo di 17 esponenti dell’organizzazione africana accusati a vario titolo di associazione criminale di stampo mafioso.

La cupola di Cosa nera in manette: 17 fermi – In manette sono finiti i pezzi da Novanta della Black Axe, presenti su tutto il territorio nazionale: come ogni organizzazione mafiosa, infatti, anche quella nigeriana aveva la sua cupola fatta di capi, sottocapi e soldati. Il numero uno è stato fermato a Padova: si tratta di Festus Pedro Erhonmosele, che fino al 2014 rivestiva l’incarico di “Chama Black Axe”, la terza carica formale della associazione a livello nazionale. In pratica era una sorta di capo del consiglio degli “Epa”, e cioè i saggi dell’organizzazione: erano loro i boss che decidevano su tutte le questioni più delicate. A Palermo, invece, c’era Kenneth Osahon Aghaku, quarta carica nazionale, il “ministro della difesa” di Black Axe: dal quartiere di Ballarò gestiva le punizioni da infliggere a chi si ribellava alla legge dell’ascia nera. Nata negli anni ’70 all’università di Benin City come una una sorta di gang religiosa di studenti- li chiamano “culti” – Black Axe si è trasformata poi in una vera e propria associazione criminale, uno Stato nello Stato, che parallelamente ai fenomeni migratori ha poi cominciato a mettere radici in diverse città europee. Da almeno un decennio i tentacoli di questa nuova piovra sono arrivati anche in Italia, dove i boss nigeriani hanno iniziato a dettare legge nei sobborghi di città importanti come Brescia, Torino e appunto Palermo.

Black Axe sbarca a Palermo a colpi di ascia – Nel capoluogo siciliano l’ombra della Black Axe si manifesta per la prima volta nel 2014 quando un cittadino nigeriano viene aggredito a pugni, calci e chirurgici colpi di ascia al volto da alcuni connazionali. È in quel momento che si apre una crepa nell’alone di omertà che aveva fino a quel momento protetto la mafia nigeriana. In manette finiscono in tre: Austine Johnbull, detto Ewosa, Vitanus Emetewa, detto Acascica, e Nosa Inofogha. Accusati di tentato omicidio aggravato dalla modalità mafiosa saranno condannati a pene che vanno dai 12 anni e 4 mesi ai 10 anni e 6 mesi di carcere. Ma è solo la prima goccia. L’estate scorsa, infatti, arriva il primo pentito: uno dei membri della piovra nera decide di vuotare il sacco e raccontare tutti i retroscena della scalata del potere della Black Axe a Palermo.

Il pentito di Cosa nera e lo mappa della Black Axe – Grazie alla confessione del collaboratore di giustizia, la procura di Palermo ha decapitato i vertici della mafia nigeriana in Italia, proprio alla vigilia di quella che poteva essere una sanguinosissima faida interna, mentre uno dei principali boss, e cioè Festus Erhonmosele, stava per ritornare in Nigeria. “Grazie a questa operazione che è stata anticipata di qualche giorno perché si temeva la fuga di alcuni componenti centrali dell’organizzazione è stato evitato anche il pericolo di possibili contrasti e guerre intestine”, ha spiegato il pm Agueci. L’indagine della procura palermitana ricostruisce la storia recente della Black Axe nel nostro Paese. La “Zone Italia”, infatti, era stata riattivata alcuni anni fa su espressa richiesta di Osahenagharu Uwagboe, detto Sixco: dopo che nel 2006 le indagini della magistratura avevano azzerato l’organizzazione a Torino i vertici nigeriani dell’ascia nera avevano deciso di sospendere le attività della filiale italiana di Black Axe. Steve Osagie, invece, si fa chiamare Ebuwa: è uno dei saggi, dei boss che governano l’associazione ed è lui che nel 2013 “importa” Black Axe a Palermo. La roccaforte dell’ascia nera nella città siciliana è all’interno del mercato storico di Ballarò: da lì dettano ordini Sylvester Collins detto Evans e Matthew Edomwonyi detto Tobaba, i capi della costola palermitana di Black Axe. A loro fianco c’è Ewosa, il “priest”, la seconda carica cittadina, uno degli uomini condannati per l’aggressione a colpi di ascia del gennaio 2014, più una serie di “Bucha”, i picchiatori, tutti affiliati nel giorno dell’anniversario della Black Axe, che si celebra ogni anno il 7 luglio.

“Una mafia più violenta di Cosa nostra” – Molteplici gli affari dell’organizzazione: dallo spaccio di stupefacenti, allo sfruttamento della prostituzione, fino al trasferimento di denaro dei connazionali dalla Nigeria all’Italia in cambio di una cospicua provvigione. Un business garantito dall’omertà e da tremende punizioni per chi viola le regole interne. “Quella nigeriana – dicono gli inquirenti – è una mafia a volte più violenta di quella palermitana. Sono stati ricostruiti diversi casi di violenza. Persone che non sottostavano alle regole venivano punite in modo estremamente violento”. È quello che succede il 28 febbraio del 2014: un’automobile si muove da via Scillato, zona Uditore, diretta ad un locale nel cuore di Ballarò. A bordo ci sono quattro persone: due davanti e due dietro. Seduto al centro dei sedili posteriori, in modo che non riesca a scappare, ecco un quinto uomo: si chiama Afube Musa e deve essere punito perché ha una relazione con la moglie di un esponente della Black Axe. Gli investigatori hanno ricostruito ogni attimo di quella tremenda giornata: Afube viene praticamente rapito per più di 12 ore. Picchiato e denudato verrà torturato e violentato sul retro di un locale adibito a ristorante nei dintorni di Ballarò, nel centro di Palermo. Dove parallela a Cosa nostra si è imposta negli ultimi anni una mafia nuova, violenta, efferata e fino a poco tempo fa invisibile.

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