Milano, 10 dicembre 2017 - 12:56

Melegatti, torna la cassa. Ma i lavoratori: i consumatori vogliono il nostro pandoro

Sfornati in emergenza un milione e mezzo di pezzi. Ma lunedì la produzione potrebbe non ripartire. Nonostante numerosi ordini restino insoddisfatti. La prossima sfida sarà la campagna per la Pasqua. E quella per la ristrutturazione del debito

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Lavoratrici Melegatti, dicembre ‘17
Lavoratrici Melegatti, dicembre ‘17

Non è finita l’emergenza alla Melegatti di Verona. Nonostante il boom delle vendite di pandori — gli ordini hanno superato di gran lunga il milione e mezzo di pezzi prodotti in extremis dopo che i lavoratori sono tornati alle linee di produzione il 21 novembre scorso — da settimana prossima potrebbe tornare la cassa integrazione. Questa almeno è l’intenzione che l’azienda ha manifestato giovedì scorso durante un incontro con il sindacato.

Dal canto suo il sindacato non ha dato il via libera (utile ma non indispensabile) per l’avvio della cassa e si sta attivando per organizzare assemblee con i lavoratori. L’azienda ha riferito al sindacato che produrre di più in questo momento non sarebbe conveniente perché i panettoni prodotti ora arriverebbero sugli scaffali della grande distribuzione tardi, a ridosso o dopo il Natale, quando la scontistica abbatte pesantemente i prezzi. Come dire: non ha senso produrre a prezzo pieno quando si è certi che i pandori saranno venduti a un euro al pezzo. Per di più in magazzino sarebbero finiti gli astucci di cartone con il logo dell’azienda che ha inventato il pandoro nel 1894. Resta il fatto che i consumatori hanno dimostrato una straordinaria disponibilità a supportare la ripartenza dello storico marchio veronese. Al momento il pandoro Melegatti continua però a essere venduto nel riaperto spaccio aziendale dello stabilimento di San Giovanni Lupatoto.

«Non possiamo nascondere che questa nuova richiesta di cassa integrazione ci ha spiazzato. Contavamo che i lavoratori potessero passare direttamente a lavorare per la campagna delle colombe pasquali. Vigileremo con grande attenzione sulle prossime scelte dell’azienda — dice Maurizio Tolotto della Fai Cisl di Verona —. Il fatto di lasciare tanti ordini insoddisfatti lascia anche ai lavoratori un grande senso di frustrazione». Intanto continua la campagna dei dipendenti sul web che ha trascinato le vendite nelle ultime settimane con gli hashtag #NoisiamoMelegatti e #NataleConMelegatti

A novembre la produzione è potuta riprendere grazie all’intervento di un fondo di private equity maltese, l’Open Capital Fund. Il 7 novembre è stata depositata in tribunale la proposta di ristrutturazione del debito. Da questa data ci sono 120 giorni procrastinabili di altri 60 perché l’azienda metta in piedi una proposta di rientro per ciascun creditore. Se allo scadere di questi termini — la prossima primavera — i creditori a cui fa riferimento almeno il 60% del debito non ne avranno accettato la ristrutturazione, alla Melegatti non resterà altro che il fallimento.

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