Kung Fu Panda 3, declinare al plurale la parola "papà" si può

Non date retta alle polemiche: non è un film di "propaganda gender", ma una fiaba per tutta la famiglia che insegna che l'unione (di due papà, e non solo) fa la forza.

Squadra che vince non si cambia, però si migliora. Devono aver pensato questo Katzenberg e Spielberg quando hanno chiamato Alessandro Carloni a dirigere, insieme alla coreana Jennifer Hu, il terzo capitolo di Kung Fu Panda.

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Papà creativo del personaggio di Po sin dal primo episodio, l’animatore e regista italiano riesce a firmare un film ad alti livelli di spettacolarità che non rinuncia mai ad uno sguardo profondo sul reale, restituito attraverso immagini e dialoghi alla portata di tutti. Di qui la sua forza.

Ritroviamo il mitico Po, Panda goffo e goloso già incoronato Guerriero Dragone, ora alle prese con la funzione di maestro. I primi approcci al nuovo mestiere sono disastrosi, insegnare non è da tutti. I suoi maestri (il leggendario Oogway in una visione, Shifu dal vivo), però, glielo dicono chiaro: “ Se non fai mai più di quello che sai fare, non sarai mai più di quello che sei ora”.

Per diventare un maestro, per poter combattere contro il feroce Kai (il villain dell'episodio, che ritorna dall'Al di là assetato di vendetta, vedrete come) dovrà scoprire l’energia del Chi, quella che scorre in tutte le cose viventi, l’unica a saper annientare Kai. Ma per padroneggiarla e sfruttarla come potere dovrà prima approfondire la conoscenza di se stesso, e saprà farlo solo grazie ad una preziosissima new entry. Che sì, come ha ampiamente spoilerato Adinolfi, è il suo papà biologico, un panda con i suoi stessi pregi e difetti (e non raccontiamo oltre, perché noi alla sacra legge del No Spoiler, please ci teniamo).

Ben lontani da una coppia di fatto (la "propaganda gender" dove sarebbe?), i due papà vivono anzi una forte rivalità iniziale: quello ‘adottivo’, l’oca che ha cresciuto Po, non vede di buon occhio il nuovo arrivato. Ma ben presto tutto si risolve seguendo la logica – tutta paterna – del perseguire il bene del proprio figlio: con buona pace di Adinolfi, “Po ha bisogno di entrambi i suoi papà, quello biologico e quello naturale”.

Spettacolare e magnifico il regno dei Panda, esilarante la caratterizzazione dei personaggi, speciale l’attenzione dedicata ad ogni singolo dettaglio visivo. Vi divertirete, imparerete, rifletterete e un po’ vi commuoverete: adatto a tutta la famiglia, Kung Fu Panda 3 è il tipico film che mette d’accordo tutti, ma proprio tutti. “Mi sono chiesto per tanto tempo chi fossi – recita la battuta meglio riuscita del film - Se il figlio di un’oca, di un panda, un allievo, un maestro: io sono tutti loro”.

Nel rifiuto della facile categorizzazione, nella comprensione che l’unione – anche di difetti, di manie, di bizzarre peculiarità – fa sempre e comunque la forza, nella proposta di messaggi attuali, universali e universalmente validi raccontati con il linguaggio di un’animazione ad altissimi livelli qualitativi sta la forza del film (dedicato, vale la pena ricordarlo, a Nancy Bernstein, produttrice DreamWorks scomparsa lo scorso anno).

Le musiche sublimi di Hans Zimmer  - lo stesso che ha curato le colonne sonore di Il Re Leone, Il Gladiatore e Inception, per intenderci - fanno il resto, ribadendo la grandezza di un compositore che ha già vinto un Oscar, due Golden Globes e quattro Grammy Awards.