Diritto all'oblio, per Google la sentenza europea non è efficace

Toni accesi nel rapporto del Comitato messo in piedi da Google: i link saranno rimossi solo a livello europeo dandone preavviso agli editori, per permettere eventuali appelli

Non è stato un lavoro semplice, e la fatica è stata messa nero su bianco senza neanche troppi giri di parole. Il rapporto sul Diritto all’Oblio del Comitato approntato da Google dopo la sentenza europea che individuava nei motori di ricerca responsabili del trattamento dei dati personali, è stato pubblicato dopo una serie di incontri che hanno visto riuniti i membri del Consiglio tra cui Luciano Floridi, docente di Filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia,  e Frank La Rue, relatore speciale per i Diritti umani dell’Onu.

La questione territoriale, proprio mentre di parla della territorialità onnicomprensiva che può avere un motore di ricerca, diventa punto fondamentale del rapporto.

Sul tema geografico infatti, si parte dal presupposto "che molti motori di ricerca siano tarati su particolari Paesi", vedi google.de in Germania o google.fr in Francia. "La sentenza su questo non è chiara, ma Google ha deciso di interpretarla deindicizzando i link da tutti i suoi motori di ricerca europei. Questo anche perché Google è cosciente del fatto che quando un utente europeo digita google.com è automaticamente reinderizzato alla versione locale. Inoltre, oltre il 95% delle queries in Europa è generato sulle versioni locali".

È stata naturalmente valutata le deindicizzazione a livello globale che avrebbe garantito la protezione più assoluta del diritto, si legge nel rapporto. Tuttavia, la maggioranza (quindi non tutto il Consiglio) ha convenuto che non si potesse andare contro l’interesse dei cittadini non europei di accesso alle informazioni secondo la legge dei loro Paesi.

E ancora, "nonostante tutte le preoccupazioni del caso, sia di proporzionalità che di efficacia pratica, il Consiglio ha comunque convenuto che, allo stato delle cose, la rimozione dei link dai servizi Google diretti a livello europeo fosse la miglior soluzione per attuare la sentenza".

Quindi, la deindicizzazione riguarderà le versioni europee dei motori di ricerca.

In coda al rapporto, i testi di alcuni dei consiglieri. Jimmy Wales, co-fondatore di Wikipedia, non la manda a dire, trovando inefficaci le soluzioni trovate, perché inefficace, a suo parere, sarebbe anche la sentenza: “Questa relazione è uno sforzo in buona fede che risponde a una legislazione europea confusa contraddittoria, che chiede a Google di rispettare questa legge. Sono contento che il rapporto specifichi che “la sentenza non stabilisce un generale Diritto all’Oblio"", scrive.

"Mi schiero completamente a sfavore di una situazione legale in cui una compagnia commerciale è forzata a ergersi a giudice di alcuni dei nostri più fondamentali diritti di espressione e privacy, senza nessuna procedura di ricorso presso gli editori, i cui lavori vengono soppressi", continua. "Il Parlamento europeo ha bisogno di rivedere subito la legge fornendo una necessaria supervisione giuridica, in ottica di una forte protezione della libertà di espressione. Fino a quel momento, le raccomandazioni contenute in questo report sono profondamente sbagliate, perché sbagliata è la legge stessa".

Frank La Rue, avvocato specializzato nella difesa dei diritti umani, ragiona su un piano etico: "Nel caso del diritto penale, molti Paesi europei hanno stabilito l’eliminazione di informazione relativa una condanna, una volta finito il loro periodo di detenzione o punizione. Credo che questo sia valido in termini di reinserimento dell’individuo nella società, fatti salvi i casi in cui l’attività criminale abbia violato i diritti umani, in particolare se si tratta di crimini contro l’umanità, e quando diventa interesse pubblico che le informazioni non vengano mai eliminate".

Insomma, una risposta che sembri equa e definitiva è lontana all’orizzonte. Nel rapporto infatti, i saggi hanno raccolto alcune idee alternative, emerse da incontri e confronti accaduti nel corso dei mesi. Tra queste: la collaborazione tra diversi motori di ricerca per creare una piattaforma unica, con una procedura standard, per la richiesta di deindicizzazione; fornire un preavviso agli editori che consenta loro anche di sfidare la decisioni sulla base di procedure corrette dal punto di vista penale e civile; definire classi che non possono sortire richieste negoziabili di deindicizzazione; nel caso in cui si offra agli editori un preavviso, dare loro minor tempo per opporsi e altre ancora.

Tutte le difficoltà incontrate sono facilmente riassumibili considerando il tema della Trasparenza, citato in uno dei capitoli. Va considerata quella verso il pubblico, in merito alla completezza di una ricerca per nome; verso il pubblico, in merito alle decisioni individuali ; ancora verso il pubblico, nel rispetto delle statistiche anonime e della politica generale di ricerca; e la trasparenza verso un soggetto dei dati in merito alle ragioni che neghino una sua richiesta.

* stato molto utile ascoltare in questi mesi una molteplicità di punti di vista diversi in tutta Europa e terremo questo rapporto in considerazione", ha dichiarato David Drummond, Senior Vice President Corporate Development and Chief Legal Officer di Google. "Nello svolgere le attività volte ad ottemperare alla decisione della Corte di Giustizia Europea stiamo anche attentamente considerando le indicazioni fornite dai Garanti europei*."