Il professor Taras Kuzio studia l’Ucraina da trent’anni, durante i quali ha diretto l’agenzia britannica Ukranian Press Agency e la Ukranian Business Review, ha insegnato nel Regno Unito e in America, ha lavorato per l’International Institute for Strategic Studies, per il Center for Russian and Eastern European Studies dell’università di Birmingham e per la Nato a Kiev. Ha seguito le elezioni del 2004 il National Democratic Institute e molto altro. Ma ammette che mai come ora la Storia si è messa a correre tanto velocemente.

Il presidente è scappato e l’opposizione ha preso il controllo di Kiev. Tecnicamente parlando, si tratta o non si tratta di un golpe?

“Difficile dirlo. Ci sono alcuni elementi del golpe, ma il fatto che il Parlamento sia stato così coinvolto nel cacciare il presidente e nel premere per il cambio della Costituzione rende la situazione più complessa. I colpi di stato vengono spinti dalla strada, in questo caso c’è stata una combinazione di forze popolari e istituzionali. Yanukovich è stato abbandonato dal suo stesso partito, che a cominciare dalla defezione del sindaco di Kiev si è disintegrato ed è passato con l’opposizione. Anche la polizia e l’esercito si sono gradualmente schierati contro di lui che a questo punto non aveva alternativa alla fuga”.

Come si arrivati a questo punto così rapidamente?

“Yanukovich ha distrutto la sua legittimità, quando a gennaio ha deciso per la tolleranza zero approvando la legge contro le proteste e si è tagliato i ponti alle spalle. In una democrazia quale l’Ucraina ambisce essere un presidente che fa sparare sulla gente subisce l’impeachment”.

Che poteri ha davvero il Parlamento in una repubblica parlamentare trasformata proprio da Yanucovich in presidenziale?

“Intanto ha deciso il ritorno alla Costituzione del 2004, quella che Yanukovich aveva distrutto approfittando d’essere stato eletto in un sistema parlamentare per trasformarlo poi in presidenziale. Può il parlamento tecnicamente votare l’impeachment? I giuristi sono già al lavoro per trovare una risposta. Ma di certo politicamente è possibile.”.

L’Europa si è mossa negoziando con il presidente e con l’opposizione. Eppure l’accordo non menzionava le sue dimissioni.

“L’Europa si è mossa troppo lentamente, le sanzioni sono arrivate tardi mentre a gennaio avrebbero avuto un altro effetto. Bloccare in anticipo i soldi dei responsabili del bagno di sangue lo avrebbe forse impedito. Lui se n’è andato per una congiuntura di fattori non per le pressioni di Bruxelles. Adesso stiamo a vedere cosa accadrà con le elezioni in primavera”.

Cosa farà Putin?

“Interromperà gli aiuti all’Ucraina, come ha già iniziato a fare. Soffierà sul fuoco del separatismo in Crimea. Provocherà una crisi del gas rallentando l’import verso l’Ucraina come nel 2006 e 2009. Farà un caos, ma non interverrà militarmente come nel 2008 in Georgia primo perchè in quel caso poteva accampare la difesa di territori già staccatisi dalla Georgia mentre la Crimea è parte integrante dell’Ucraina e poi perché l’Ucraina è troppo grande da invadere. Ma Mosca farà di tutto per mettere i bastoni tra le ruote al nuovo governo di Kiev. Per Putin è un doppio smacco. E’ la seconda volta che in Ucraina scommette sul candidato perdente e poi c’è la paura dell’effetto domino come con la primavera araba. Se passa il modello ucraino tutti i despoti della regione che sono suoi amici rischiano la rivolta di piazza e il progetto Eurasia Union tanto caro al Cremlino va a farsi benedire”.

L’opposizione dal canto suo è divisa e contraddittoria. Chi sono e cosa vogliono al di là della fine dell’era Yanukovich?

“In piazza ci sono diverse anime, ci sono liberal, democratici, partiti di sinistra e di destra, europeisti, nazionalisti, estremisti. E’ vero che cacciato Yanukovich dovranno resettare i loro obiettivi e cercare una strategia comune. Ma intanto c’è da dire che i nazionalisti hanno pochi voti in parlamento. Alle scorse elezioni presero il 10% ma solo grazie al voto di protesta. E poi comunque i nazionalisti ucraini diversamente da quelli europei sono pro Europa perchè è l’unica chance di liberarsi dalla Russia. Il prossimo presidente comunque sarà la Timoshenko o il pugile Klitsckho”.

Le agenzie di rating hanno vaticinato scenari foschi per il futuro ucraino. Se la Russia ritira i soldi l’Europa dovrà scendere seriamente in campo per evitare al paese la bancarotta?

“Ci sono solo due posti dove chiedere assistenza finanziaria, Mosca e Bruxelles. L’Ucraina ha poche chance per evitare la bancarotta. Probabilmente a novembre firmerà con l’Europa ma poi, dopo le elezioni, dovrà firmare per un nuovo prestito con il Fondo Monetario Internazionale. Quel che la gente non capisce è che per ripagare i soldi del FMI ci vorranno misure dure che renderanno impopolare qualsiasi leader”.

Si aspettava di vedere Yulia Timoshenko libera a Maidan così presto?

“No nessuno se lo aspettava. Da questo punto di vista è davvero una rivoluzione. Lei doveva uscire dal carcere, era il simbolo del regime, l’unico leader di una opposizione democratica a essere imprigionato dal capo del governo. Ma non pensavo così rapidamente. Ora lei si candiderà, è un fenomeno a condurre le campagne elettorali e inoltre incarna il mood della piazza. E’ vero che la gente o la odia o la ama ma in Ucraina si vota col doppio turno e al secondo voto tutti sceglieranno l’icona più evocativa della rivoluzione”.

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