Milano, 25 maggio 2015 - 10:36

L’assalto di cinghiali e nutrie
Conto da 750 mila euro l’anno

Allarme nelle campagne e nelle strade lombarde: «Situazione insostenibile» Anche corvi, storni e piccioni provocano danni che superano i 400 mila euro

di Paolo Marelli

shadow

Dopo l’ultimo e grave episodio di Iseo (Brescia) dove un anziano di 73 anni è stato ucciso dalle ripetute cariche di un cinghiale che cercava di abbattere per allontanarlo dai suoi terreni, è di nuovo allarme in tutta la Lombardia. Perché l’invasione dei cinghiali (animale che raramente attacca l’uomo) devasta e distrugge orti, giardini e campi coltivati, oltre a provocare incidenti stradali. Ogni anno, secondo Coldiretti, i cinghiali causano danni per 600 mila euro nella nostra regione. E, se a questa cifra, si sommano i disastri alle coltivazioni procurati dalle nutrie, il conto sale a 750 mila euro. Un flagello. Mentre supera i 400 mila euro il bilancio dei danni provocati all’agricoltura lombarda anche da corvi, piccioni e storni.


Abbattimenti non sufficienti

Sempre Coldiretti ha stimato che, dal 2005 a oggi, i risarcimenti danni complessivamente hanno superato i 16 milioni di euro, il 40% dei quali però concentrato negli ultimi 48 mesi. Nel solo 2012, un anno «nero», la Regione ha pagato oltre 2 milioni di euro di indennizzi ad agricoltori e automobilisti per colpa degli animali selvatici. «Ma si tratta di somme calcolate al ribasso perché non sempre gli agricoltori, scoraggiati, denunciano - spiega Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia -. Siamo arrivati a una situazione insostenibile: bisogna rendere ancora più efficaci i piani di contenimento e allargare le maglie di intervento. In caso contrario la questione è destinata a peggiorare, con conseguenze imprevedibili». Da Varese a Milano, da Pavia a Brescia, da Bergamo a Como, da Lecco a Lodi e fino in Valtellina i cinghiali sono ormai una specie radicata e diffusa nei nostri territori. Anche se, da qualche anno, si fanno le campagne di contenimento, gli abbattimenti mirati molto probabilmente non sono sufficienti a limitarne il numero, considerato che li possono fare solo le Province, servendosi di guardie venatorie e di personale autorizzato. «Ma ormai tutto questo non basta più», aggiunge Prandini. Così come non si riescono ad arginare le nutrie (con una presenza stimata dall’Università di Pavia in 900 mila esemplari) che stringono d’assedio canali e rogge della Pianura Padana fra Mantova e Milano. La Regione lo scorso novembre ha anche messo a punto una legge ad hoc per eliminarle, ma il provvedimento è stato impugnato dal governo.


Notte e giorno

Ma più che per le nutrie, ora i pericoli maggiori arrivano dai cinghiali e, soprattutto, nel Parco del Ticino e nel Pavese. «Prima si fermavano lontano e giravano solo di notte. Adesso li incontri in pieno giorno e arrivano a due passi dalle case», racconta Gianluca Marchesi, 42 anni, che coltiva cereali e foraggio a Zavattarello nell’Oltrepò, a ridosso di quella che è diventata la zona franca dei cinghiali, grazie al divieto di caccia perché è un’area di ripopolamento destinata alla piccola fauna, ma dove anche i maiali della boscaglia si sono insediati, abusivi e indisturbati, grazie al divieto di caccia. «Lì si riposano e si riproducono - spiega Marchesi - e da lì partono per le loro incursioni fuori dalla riserva. Purtroppo il problema dei danni causati dai cinghiali è stato sottovalutato, così ora questi animali partono dalle nostre zone e si spingono fino a Pavia e sulle rive del Ticino, cosa rara fino a qualche anno fa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ti potrebbero interessare anche articoli correlati
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT