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Roma, è finita l'era Marino: 26 consiglieri consegnano le dimissioni, decade la giunta

Il sindaco di Roma Ignazio Marino (franceschi)
Le firme depositate e protocollate in Campidoglio dopo il dietrofront di ieri del sindaco. Orfini: "Ha detto bugie e commesso una enormità di errori". E' indagato sul caso degli scontrini. E lui: "Atto dovuto". Nominato Tronca commissario. L'Osservatore romano: "Vicenda sta diventando una farsa"
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Ignazio Marino non è più il sindaco di Roma. E' stata raggiunta "quota 26", ovvero il numero minimo (più uno) di consiglieri capitolini che hanno scelto di dimettersi per far cadere l'Aula Giulio Cesare e sciogliere, oggi, la giunta Marino. Tutte le firme sono state depositate in Campidoglio, decade così l'assemblea capitaolina, giunta e il sindaco-chirurgo che fino all'ultimo non ha mollato il suo incarico. Ora la presidente d'Aula, Valeria Baglio, ha comunicato la decadenza al prefetto Franco Gabrielli che provvederà a procedere a firmare il decreto di scioglimento. E nominato il nuovo commissario della capitale: Francesco Paolo Tronca, prefetto di Milano.

L'attacco di Marino: "Mi hanno accoltellato". Durante la conferenza stampa, convocata in Campidoglio nel tardo pomeriggio, amareggiato e arrabbiato Marino non ha risparmiato accuse, deluso dal Pd, "come se un familiare - ha detto - mi avesse accoltellato. Perché chi mi ha accoltellato ha nome, cognome e un unico mandante".

La replica del premier Matteo Renzi non si è fatta attendere: "Marino non è vittima di una congiura di palazzo, ma un sindaco che ha perso contatto con la sua città". Dalla trasmissione Otto e mezzo, Matteo Orfini, ha aggiunto: "Marino continua a dire bugie. La verità è che ha commesso una enormità di errori. Noi gli avevamo chiesto di venire in aula senza ritirare le dimissioni. Dobbiamo dire: è andata male, aiutateci a costruire una pagina nuova". Il futuro del chirurgo dem sarà ancora nel Pd? "A me risulta di sì. Perché dovremmo espellerlo? Se resterà in politica sono scelte sue. Noi cercheremo di costruire una proposta vicente per le elezioni di primavera". Orfini ha chiarito la posizione del Partito democratico sull'ipotesi di convergere sulla candidatura di Marchini: "Non è un opzione politica per noi. E neppure la Lorenzin. Noi dobbiamo cercare una candidatura che tenga insieme la coalizione di centrosinistra. Mai con Forza Italia". E ha precisato: "Quando uno ha un ruolo di potere assoluto come il mio, non è bene che candidi se stesso". Il Pd è già al lavoro ha assicurato Orfini che ha detto di aver sentito Renzi "poche ore fa. Nessuno di noi è soddisfatto. Abbiamo iniziato a discutere di quello che da domani bisogna fare per risolvere i rapporti coi romani. E' vero che Renzi non ha mai sentito Marino per un anno. Non è normale che mentre il Cdm decide di una cosa come il Giubileo e dell'ipotesi di scioglimento del consiglio comunale, il sindaco sia in vacanza. Questo non aiuta i rapporti con la presidenza del consiglio. Renzi ha messo a disposizione di Marino persone, risorse e soldi che lo aiutassero a risolvere i problemi. Ed ha delegato me a occuparsi di questa vicenda. Se io ho fallito, lo deve decidere lui. Ora i consiglieri si sono dimessi, nonostante ci fosse chi voleva rimanere asserragliato su quella poltrona come il sindaco".

Le dimissioni dei consiglieri. Oggi, dopo la riunione fiume durata sette ore ieri al Nazareno tra i consiglieri dem e il commissario romano del Pd Matteo Orfini, è arrivata dunque la decisione di staccare subito la spina, senza passaggi in Aula, al sindaco di Roma, che ieri ha deciso di ritirare le sue dimissioni. I consiglieri Pd, da via del Tritone, entrando da un ingresso secondario per dribblare cronisti fotografi e tv, sono arrivati in Campidoglio per formalizzare l'addio e così la fine dell'era Marino. Una vicenda, quella del tira-e-molla, che per l'Osservatore romano, quotidiano del Vaticano, "sta assumendo i contorni di una farsa".

Intorno alle 13 in via del Tritone, al quinto piano della sede dei gruppi consiliari del Campidoglio, i consiglieri si erano dati appuntamento per depositare le proprie dimissioni contestuali davanti al notaio. L'auto di Marino, di ritorno dall'Auditorium, è passata e filata via verso il Campidoglio senza fermarsi, mentre il via vai degli esponenti capitolini è proseguito incessante. Tra le prime ad arrivare Cecilia Fannunza, Michela De Biase, Fabrizio Panecaldo (Pd): "Il gruppo è compatto" ha detto la presidente d'aula Valeria Baglio confermando: "A breve le firme vengono consegnate in Campidoglio al segretariato comunale". E infatti uno dopo l'altro si sono aggiunti tutti, da Orlando Corsetti (che entra di corsa, col casco ancora in testa) ad Alfredo Ferrari, da Maurizio Policastro a Dario Nanni, da Giovanni Paris alla stessa Baglio. E ancora: Athos De Luca, Erica Battaglia, Valentina Grippo, Liliana Mannocchi, Marco Palumbo, Laura Pastore, Ilaria Piccolo, Antonio Stampete, Giulia Tempesta, Daniela Tiburzi. Sul portone della sede consiliare è spuntato un cartello affisso da alcuni dipendenti di Sel: "Oggi è morta la democrazia". E' durato qualche minuto, poi è stato rimosso.

Da soli però i dem non sono bastati. Ma "i numeri ci sono. È tutto a posto" ha assicurato anche l'ormai ex assessore ai Trasporti Stefano Esposito. A lasciare infatti "ma solo per silurare Marino" ci sono anche esponenti di altri gruppi sia di maggioranza che d'opposizione come Svetlana Celli (Lista civica Marino), Roberto Cantiani (Ncd), Daniele Parrucci (Centro democratico), Alfio Marchini (arrivato da Milano e ultimo a firmare: "Per Roma faccio questo e altro", ha commentato) e Alessandro Onorato della Lista Marchini e i due fittiani (ed ex alemanniani) Ignazio Cozzoli e Francesca Barbato che però hanno chiesto di depositare le dimissioni direttamente a Palazzo Senatorio per non partecipare alla "raccolta firme" dei dem.
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In Campidoglio i sostenitori di Marino. "Siamo tutti Ignazio Marino", "Siete tutti Scilipoti", "Vendesi democrazia!", "Rivendico il mio voto, rivoglio il mio sindaco. Qui per la democrazia". Dopo le firme delle dimissioni in massa dei consiglieri, sono tornati in Campidoglio i sostenitori di Marino, arrabbiati con Renzi e con i consiglieri dimissionari del Pd. Si sono riuniti sotto la Lupa anche alcuni militanti di Forza Italia con le bandiere del partito e del movimento giovanile, tra loro anche Maurizio Gasparri: "Forza Italia vuole che si chiuda questo capitolo. Noi abbiamo sempre fatto opposizione ed è quindi giusto essere qui". Ci sono stati momenti di tensione: minacce e rissa sfiorata tra un manifestante autodefinitosi "di destra" e alcuni supporters pro Marino che in serata sono entrati in Campidoglio per salutare Marino. Che poi ha incontrato il suo ufficio stampa, lo staff e anche gli agenti della scorta prima di lasciare il suo studio, per la prima volta dopo la sua elezione, da normale cittadino. Prima però si è affacciato dal balconcino dell'ufficio con vista sui Fori Imperiali concedendo alcuni scatti ai fotografi appostati sotto Palazzo Senatorio. Alle 21.30 circa se n'è andato per l'ultima volta da sindaco: ha lasciato il Campidoglio, rivolto solo un sorriso ai giornalisti ma non si è fermato. Arrivato sotto casa, poche parole ma chiare: "Sto molto bene, in forza e solido, pronto per il futuro".
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Marino indagato. Questa mattina si sono ricompattati i dem, dopo la notizia anticipata da "Repubblica" e confermata dal legale di Marino, Enzo Musco, che il sindaco è indagato dalla procura di Roma sul caso degli scontrini. "Un atto dovuto" ha detto lui all'Auditorium dove aveva promesso che avrebbe commentato l'inchiesta. "Io sono convinto di aver spiegato bene le mie ragioni e la mia trasparenza: sono assolutamente convinto di non aver mai utilizzato denaro pubblico a fini privati semmai ho fatto il contrario", ha aggiunto.
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Nei suoi confronti i pm ipotizzano i reati di peculato e concorso in falso in atto pubblico. Una vicenda di cui Marino era a conoscenza già dal 28 ottobre scorso. "La notizia è esatta - ha detto il penalista Musco con cui il sindaco di è visto stamattina - Ha ricevuto un avviso di garanzia ma so che lo avrebbe voluto dire in giunta, pubblicamente, come si fa in tutte le democrazie". Intanto su Twitter Esposito ha commentato: "Devo prendere atto di aver dato mia lealtà ad un bugiardo".

Nessun confronto in Aula. Con le dimissioni in blocco dei 26 si evita di arrivare in Aula per un confronto aperto come invece chiesto da Marino nella lettera con cui ieri, con qualche ora d'anticipo rispetto alle sue intenzioni, ha fatto dietrofront. E oggi all'Auditorium ha ribadito: "Io mi chiedo perché in questo momento di fronte a un sindaco che ostinatamente e orgogliosamente chiede un confronto in un luogo democratico e deputato in Aula le forze politiche utilizzino ogni strumento possibile, anche le dimissioni di massa, per impedire un confronto?".
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Marino cita Allende. A margine dell'inaugurazione di un parco a Tor Vergata, il primo cittadino ha citato il presidente del Cile Salvador Allende: "Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato".

I primi dimissionari. La giunta (di cui il sindaco ha sospeso comunque deleghe e sedute) è stata già dimezzata ieri: il vice Marco Causi, gli assessori Sabella, Esposito, Di Liegro, Pucci, Marinelli e Rossi Doria si sono dimessi. E oggi ha lasciato anche la Leonori. Sono rimasti fino all'ultimo accanto al sindaco solo i "fedelissimi" Cattoi, la Marino, Caudo e Danese. Così come i 4 consiglieri di Sel e 4 della sua lista civica, tranne la Celli.
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Le critiche dell'Osservatore Romano. "Al di là di ogni altra valutazione resta il danno, anche di immagine, arrecato a una città abituata nella sua storia a vederne di tutti i colori, ma raramente esposta a simili vicende", ha scritto il quotidiano della Santa Sede. E il cardinal Bagnasco, presidente della Cei, ha commentato: "Roma ha bisogno di un'amministrazione, della guida che merita, perché è una città che merita moltissimo, specialmente in vista del Giubileo che è alle porte. Ci auguriamo che Roma possa procedere a testa alta e con grande efficienza".

Sul suo blog, invece Beppe grillo ha scritto: "Marino si è dimesso, ha ritirato le dimissioni ed è stato dimissionato dal Pd. Questi giorni sono serviti a Marino per trattare? Il ritiro delle dimissioni per far vedere che stava facendo sul serio? O è stato un teatrino che ha lasciato la capitale allo sbando per quasi un mese? Due domande per Marino: Chi del Pd ha proposto Mirko Coratti e Luca Odevaine? Chi sono i dirigenti nazionali del Pd che hanno smosso le nomine? Una domanda per il Pd: Quando si vota a Roma? I romani attendono risposta".
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