Valcamonica

Croce del Papa, servono nuove indagini

La proroga chiesta dal pm per vagliare le osservazioni delle parti. L’area resta sotto sequestro e in paese scoppiano le polemiche
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La vicenda processuale della Croce del Papa, a Cevo, che il 24 aprile è crollata uccidendo un ragazzo di 21 anni, Marco Gusmini, è talmente «complessa e delicata» da rendere indispensabile, per accertare la verità, di proseguire le indagini di sei mesi (il termine per eseguire gli accertamenti preliminari è scaduto il 29 dicembre).

Le tredici persone iscritte nel registro degli indagati per omicidio colposo sono state informate ieri del supplemento richiesto dal pm Caty Bressanelli, motivato dal fatto che, dopo il deposito delle osservazioni dei consulenti di parte sulla perizia sulla Croce, redatta dai periti del tribunale, si rende ora necessario un nuovo lasso di tempo affinché i tecnici del pm depositino la loro perizia conclusiva, dopo aver analizzato le controdeduzioni delle parti.

Per capire quindi che accadrà si dovrà aspettare luglio. D’altronde le osservazioni depositate dai periti e dagli avvocati di parte sono state tante e tali da necessitare un’analisi più attenta. I tecnici del tribunale, nella perizia, avevano rilevato un pessimo stato di conservazione del legno, dovuto a un livello manutentivo non sufficiente, e sollevato dubbi sulle scelte progettuali.

Dal canto loro, alcuni indagati hanno invece asserito come nel luglio 2013 fossero state eseguite sulla Croce manutenzioni per 13mila euro, allegando pezze giustificative e foto. In più è stato fatto rilevare che nel contratto iniziale era prevista una copertura in rame dell’intero manufatto, che invece non è stata posata in fase di montaggio, e che l’opera non è stata collaudata in fase iniziale. Senza contare che, essendo opera monumentale, avrebbe dovuto avere garanzia di durabilità almeno centennale. Dopo il montaggio, inoltre, era divenuto difficile verificare che all’interno del legno ci fossero ristagni d’acqua tali da determinare la marcescenza. Tutti dettagli, secondo alcuni periti, che andavano invece verificati in fase preliminare. 

Nel frattempo l’area dell’Androla resta sotto sequestro, con disappunto del sindaco e degli abitanti: «Com’è possibile che un bene sia interdetto da quasi un anno, nonostante non ci sia più nulla? - si chiede Silvio Citroni -. È come se in un’azienda, dopo un incidente, si fermasse tutto e si impedisse di andare avanti col lavoro. Noi vorremmo fare un concorso di idee per individuare un possibile futuro, ma con tutto sotto sequestro è impossibile». moss

 

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