La Corte di Giustizia Costeja sul diritto all'oblio ha sollevato enormi problemi interpretativi

"Oblio. Linee Guida Garanti UE contro Rapporto Google"

di Deborah Bianchi, avvocato specializzato in Diritto della Rete


La Corte di Giustizia Costeja sul diritto all'oblio ha sollevato enormi problemi interpretativi. Sappiamo infatti che l'alto Collegio ha individuato due tipi di trattamenti per le notizie on line: il trattamento-indicizzazione di cui è' titolare il motore di ricerca e il trattamento-contenuti di cui è titolare il content provider (es. testata telematica, blogger, giornalista, ecc...). Prima di questa decisione rivoluzionaria l'unico titolare era il content provider a cui veniva chiesta sia la deindicizzazione sia eventuali altri rimedi per tutelare il patrimonio informativo dell'interessato. Mentre il motore di ricerca era considerato un hoster neutro.


Adesso la Corte ci dice che il cosiddetto NO-INDEX può essere reclamato direttamente nei confronti del motore di ricerca e così coinvolge Google in una questione enorme. Da più parti a giusta ragione si osserva che la tutela dei diritti non può essere affidata nelle mani di un privato. Si parla di Google giudice del diritto all'oblio o peggio di censore della Rete. La Stessa scrivente ha paventato simili rischi.

In realtà la politica giudiziaria celata dietro la CGUE Costeja si offre ai nostri occhi grazie alla lettura delle Linee Guida forgiate dai Garanti Privacy UE sull'applicazione uniforme e sui criteri di interpretazione della famosa pronunzia.

Obbligare Google a rispettare il diritto all'oblio significa riappropriarsi della sovranità perduta sui cittadini europei evitando che un privato appartenente a una disciplina Data Protection molto blanda possa sovrapporsi alla disciplina europea.


Dopo la sentenza, Google ha predisposto un modello on line per inoltrare la richiesta di deindicizzazione e ha costituito un Consiglio di esperti per redigere le linee guida interne della compagnia. In data 6 febbraio 2015 e' stato pubblicato il rapporto "The Advisory Council to Google on the Right to be Forgotten" indicante le Best Practices ovvero la "forgetten policy" di Big G.

Allo stesso tempo il Working Party Art. 29, ovvero il gruppo dei Garanti privacy UE, ha redatto le proprie Linee Guida pubblicate il 26 novembre 2014 finalizzate a fornire un'interpretazione univoca della famosa CGUE Costeja e criteri di applicazione comuni per tutte le Authorities europee.


Le Linee Guida UE si distinguono nettamente dal Rapporto Google.

Si tratta di due ordinamenti giuridici che si scontrano. La visione americana più aperta verso la libertà del pubblico di accesso alle informazioni e verso la libertà di impresa. La visione europea più garantista per i diritti della persona. Il rapporto Google individua una serie di eccezioni in cui si deve far prevalere il diritto all'autodeterminazione informativa ma la regola e' la prevalenza dell'interesse pubblico. Mentre per i Garanti UE la regola e' la prevalenza della Data Protection con l'unica eccezione dell'interessato-persona pubblica.


I metodi dell'azienda non devono essere quelli della Giustizia. Una policy sulla gestione interna del problema diritto all'oblio non può assurgere a paradigma applicativo per le Authorities o per le Corti. E' vero il contrario: sono le Linee Guida dei Garanti UE la disciplina che l'azienda deve osservare.

Come si è posta l'azienda del caso rispetto a tutto questo? Ha costruito una policy che riafferma la propria sovranità digitale sui propri sudditi elettronici europei e soprattutto erge una muraglia tra Internet USA e Internet UE.


Cerchiamo di stare svegli come ci insegnava il grande Kubrick in "Eyes wide shut". Google ha risposto: "a casa mia fo come mi pare". Da qui il mancato rispetto dell'indicazione dei Garanti UE di applicare il de-listing anche ai domini ".com".


Le Linee Guida Google 6.02.15 offrono soluzioni standardizzate orbitanti tra interesse pubblico ad accedere alle informazioni e diritto all'oblio. In particolare molti casi vedono la prevalenza del NO-INDEX a seconda che l'interessato sia o meno persona pubblica. O ancora a seconda della natura della notizia da deindicizzare: le notizie a forte impatto privacy vengono distinte dalle notizie a forte impatto pubblico. Perché costruire una policy interna se esiste la possibilità di delegare alla Giustizia UE? Mettere in moto un simile marchingegno non aggrava economicamente l'impresa?

Risulta chiara la riluttanza del motore di ricerca a sottoporsi alla disciplina europea.


Eppure le Linee Guida dei Garanti UE 26.11.14 sono maggiormente garantiste. Rifuggono dalla logica delle soluzioni precostituite in protocolli statici e focalizzano quale principio fondamentale la disamina caso per caso sulla scorta del bilanciamento comparativo degli interessi in gioco. Tutto ciò secondo due criteri fondamentali: il criterio della potenziale gravità dell'impatto privacy negativo e il criterio della proporzionalità, della pertinenza, della non eccedenza. Quindi non una soluzione-tipo per tanti casi ma una soluzione accurata per ciascun caso.


Il rapporto Google esclude a priori la concezione del nuovo diritto all'oblio elaborata dalla CGUE Costeja.

Il "nuovo diritto all'oblio" non è il diritto all'oblio. Il "nuovo diritto all'oblio" è il diritto all'autodeterminazione informativa on line di cui il diritto all'oblio originario è solo una piccola parte. Si tratta della Data Protection applicata alla Rete che richiede ai titolari del trattamento (motore di ricerca e publisher) l'adozione di tutte le misure di sicurezza minime e idonee per evitare l'asimmetria decisionale tra l'interessato e il titolare sul trattamento dei corpi informativi degli utenti Internet. Asimmetria decisionale prodotta dalla prevaricazione del più forte che ormai privo del consenso iniziale continua nella raccolta dati in modo sproporzionato e arbitrario. Il "nuovo diritto all'oblio" quale esercizio del potere di controllo sul proprio patrimonio informativo giunge a riequilibrare questa situazione sbilanciata.


Google esclude questa concezione di diritto all'oblio forse perché implicherebbe delle misure di sicurezza troppo gravose?

Il diritto all'oblio in definitiva attiene alle misure di sicurezza Data Protection di una struttura digitale e la piattaforma di Google evidentemente non è una struttura privacy by design. Quanto costerebbe ricostruire il motore di ricerca secondo queste nuove logiche?


Stiamo svegli....


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